UniversoPoesia

Da Matteo Fantuzzi quanto di buono offre la poesia italiana contemporanea. Forse.

Archive for settembre 2007

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Che cosa partorisce la montagna.

Da una parte nasce su www.anarchica.wordpress.com l’iniziativa di riunire un gruppo di persone che producano e pubblichino i propri lavori autofinanziandosi e supportandosi a vicenda, che è un poco un tentativo anche per come la leggo io di ritornare proprio a quella dimensione "anarcoide" e sicuramente fuori dagli schemi classici editoriali che la rete si porta dietro, ma che riapre le solite problematiche, tra cui ahimé il vecchio problema di chi legittima chi, chi vigila chi ecc. ecc. Come si formano insomma in rete o all’interno di una piccola comunità quella serie di passaggi che evitano che venga fuori un prodotto autoreferenziale. E’ il problema che ci poniamo ogni volta che ci troviamo di fronte ai gruppi, di fronte alle aree, e in fondo anche di fronte a un certo modo con cui alcuni hanno inteso fare rivista. Dall’altra Sebastiano Aglieco apre su Arpa Eolica un’area di commento critico a testi poetici che prosegue nel percorso tracciato dal lavoro molto ben fatto che Gianfranco Fabbri sta portando avanti nel suo blog quasi che dopo la necessità di proposta poetica in questa fase si senta la necessità di compiere (finalmente) analisi del testo, in una maniera accessibile, meno da addetti ai lavori e forse più portata ad uscire dai soliti circoli, una critica "in famiglia" insomma, "tra amici" che può proporre un nuovo linguaggio che può fare bene alla Poesia, e questo lo speriamo tutti. Ritorno questa sera dalla Svizzera, lì mi è stato raccontato di una buona situazione per la Poesia locale. I poeti vengono invitati nelle scuole, in radio, nei giornali. Qua ci si scanna spesso per le briciole. Forse tra le montagne hanno partorito qualcosa di meglio del solito topolino, speriamo che anche i nostri possano essere buoni parti, che il nostro lavoro non sia sterile insomma. State bene.

Written by matteofantuzzi

30 settembre 2007 at 22:13

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romapoesia festival della parola 2007
un progetto di Nanni Balestrini e Luigi Cinque dal 24 al 30 settembre. La parola e le altre.

 
Dopo i suoi primi dieci anni d’attività romapoesia rinnova la sua formula, concentrando la gran parte degli eventi nel tempo e nello spazio. Il tempo: da lunedì 24 a giovedì 27 settembre, lo spazio il Colosseo Nuovo Teatro, rinnovata sede storica dell’underground romano. Sempre aperta ai nuovi linguaggi e agli Spiriti del Tempo, romapoesia offre la tradizione del moderno: fatta di interazioni fra le arti e di una parola mai “pura” ma anzi in ogni modo meticciata con suoni e immagini. Quattro critici che si muovono fra musica (Guido Barbieri), teatro (Attilio Scarpellini), arte (Stefano Chiodi) e letteratura (Andrea Cortellessa) hanno carta bianca per invitare artisti che hanno inteso la parola come agente modificatore, terreno d’incontro e contaminazione. La parola e le altre: la parola che si confronta, appunto, con le altre forme d’espressione. Con l’aiuto della Fondazione Baruchello, oltre alle singole performance si sperimenterà l’interazione in tempo reale con un Work in progress sul tema del tempo, che sfocerà in una carovana-jam session condotta da Achille Bonito Oliva. Mentre Simone Carella, nello spirito anarchico delle caves, proporrà gli Underground. Attorno a queste serate s’addensano eventi, incontri, letture e presentazioni di novità editoriali. Venti nuovi scombinano le consuete carte di navigazione: Libri a venire sempre traboccanti di linee di fuga. Tutte queste apparizioni, epifanie concretamente corporee, una volta incorniciate dalla scena non sono che seducenti apparenze. È il paradosso del teatro di ogni tempo: e una natura in qualche modo teatrale avranno tutte queste performance. Lo statuto della realtà nella deriva delle sue rappresentazioni è stato il grande tema di Jean Baudrillard, scomparso lo scorso 7 marzo. A lui e ad altri due grandi compagni di strada della poesia e del teatro, Alfredo Giuliani e Perla Peragallo, è la Dedica di romapoesia: che si aprirà con una lectio magistralis di Paolo Fabbri sullo stato delle arti nel nostro tempo, dal titolo appunto baudrillardiano Apparizioni, apparenze.
 
Il programma su http://www.romapoesia.it e la diretta streaming su http://www.e-theatre.net

Written by matteofantuzzi

22 settembre 2007 at 09:28

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La generazione che doveva cambiare il mondo.
 
C’è stato un momento e non è passato tanto, in cui sembrava che il mondo della Poesia fosse tutto focalizzato sulla generazione dei Settanta. Di quella generazione s’è parlato, s’è discusso, ci si è incazzati parecchio, sono anche in risposta uscite antologie e lavori su chi in quel nucleo non era incluso (parlo soprattutto di quelli nati negli anni Sessanta che invece i riflettori nell’immaginario non ce li hanno mai avuti puntati contro: la generazione considerata “da proteggere”, considerata “poco esposta”). E che dire allora giustamente degli autori fuori dai circuiti che contano, fuori dalle riviste, fuori dal sistema ? Anche di loro s’è cominciato a parlare quasi fossero una razza ancora più da proteggere, a un certo punto s’è immaginato che davvero le cose dovessero cambiare, che fosse possibile. In realtà i meccanismi della Poesia sono sempre quelli, magari riletti in una chiave nuova, con nuovi mezzi, nuovi canali, nuove possibilità di accedere alle informazioni, ma se andiamo a guardare le modalità le cose non si sono modificate. Dipendiamo in un certo senso ancora dal sistema “fragile” che fa uscire ottimi libri per piccole case editrici, e altri libri discutibili in collane prestigiose, dove certe riviste e certe antologie “storiche” assumono ancora un peso importante. E dove un buon poeta non viene riconosciuto per strada, se parla sui giornali non parla di Poesia (al massimo di “metapoesia”) dove tutto è estremamente instabile, estremamente precario. Per questo credo sia ancora giusto avere nell’affrontare le cose poetiche una dimensione per così dire amichevole, per così dire familiare, di consigli da dirimpettai per delle buone letture. E così anche oggi faccio con tre libri che mi è capitato di leggere proprio in questi giorni. Mario Fresa ha fatto uscire “La dolce sorte” per le ed. Nuova Frontiera di Salerno, è una plaquette dove Fresa si misura sull’analisi delle cose minime (in un certo senso vedo un forte trait d’union col lavoro di Dagnino presentato nelle scorse settimane e questi lavori assieme ad altri come Pellegatta, Osti, Ricciardi vanno davvero verso una ben precisa linea, quella che si sta costruendo con molti degli autori presentati su L’Almanacco dello Specchio e prima ancora con Nuovissima Poesia Italiana), il punto però di vero interesse è (oltre alle capacità dimostrate) l’utilizzo della prosa poetica a raggiungere se possibile esiti ancora più felici, quasi che quella “linea” in maniera efficace riesca con le modalità utilizzate da Fresa. Sempre più vicino alla lezione di Amelia Rosselli è invece Massimo Sannelli che ha pubblicato “Nome, nome” per le Edizioni Il crocicchio. Il lavoro in questo caso risente della necessità privata di comprendere l’infanzia (la propria infanzia) e di comprendere altresì il proprio rapporto nei confronti della madre in un alternarsi che passa da fisico a spirituale mantenendo una certa forma privata, quasi che Sannelli voglia tenere una parte della questione per sé e arrivi a raccontare solo un’immagine (esemplificativa certo, ma sempre solo un’immagine, una figura) pubblica per poi spostare il resto delle vicende, quelle più strettamente personali, sul terreno mistico ripercorrendo anche qui schemi già visti nell’opera di Sannelli, in particolare in Santa Cecilia e l’angelo, uscito per le ed. Atelier. Infine è uscito per l’editore Piero Manni il libro di Franca Mancinelli “Mala kruna” di cui avevo parlato recentemente su Voci della Luna nella piccola analisi delle nuove poetesse italiane. Il libro letto nella sua interezza non tradisce le aspettative e si colloca nell’efficace linea della poesia che fa del corpo il proprio centro, dove ogni evento viene vissuto in maniera fisica, come un oggetto, da toccare o da accantonare, da buttare dietro le spalle o raccogliere e portare con sé. Buona lettura. State bene.

Written by matteofantuzzi

15 settembre 2007 at 18:52

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Un setaccio con maglie troppo grandi per raccogliere sabbia. Analisi delle dinamiche dello sviluppo della Poesia Italiana Contemporanea nell’ambito dei nuovi media.

 

Il workshop di Bazzano dello scorso 28 Aprile ha forse per la prima volta dato un’interessante fotografia di una questione troppe volte ignorata da parte di chi si è chiesto quali sviluppi possa contenere l’applicazione di nuovi media nella diffusione della Poesia Italiana Contemporanea. Avere a disposizione un ampio numero di esperienze, estremamente variegate, da quelle più tradizionali, istituzionali, a quelle più anarchiche, indipendenti ha permesso innanzitutto di comprendere come sia estremamente difficoltoso e in un certo senso anche controproducente cercare di raggruppare le identità per costituire dall’esperienza blog (e nuovi media) in Poesia un corpo solo e un’anima sola, magari al fine di creare una soluzione unica per rendere sistematico l’approdo su carta di chi sia riuscito attraverso i nuovi media a dimostrare le proprie capacità e/o sia riuscito a captare nuovi fruitori (o altresì detto in politichese, sia riuscito a compiere il miracolo di “allargare la base”).
Rimanga però che questa tendenza di certo non può essere trascurata e credo sia difficile trovare un “aspirante poeta” nato dopo il 1980 (uso questo limite anagrafico individuando in Matteo Zattoni, appunto classe 1980 e inserito in Nuovissima Poesia Italiana, edito da Mondadori e curato da Cucchi e Riccardi, l’ultimo dei nuovi poeti emersi direttamente dal cartaceo, anche se già a partire dalla classe 1977 sono infinitamente meno gli autori individuati dalla critica militante rispetto a una generazione fortemente sotto i riflettori come quella che normalmente viene indicata andare dal 1968 al 1977) che non si sia almeno in minima parte confrontato con l’esperienza dei nuovi media delegando completamente il suo dialogo nel sistema alle tempistiche bibliche delle riviste tradizionali.
Va da sé comunque che troppe volte si è ragionato sui nuovi media con un background “classico” sacrificandoli a una sorta di visione di Purgatorio dove attendere la purificazione delle proprie miserie prima di salire (nel caso se ne sia degni) nell’Olimpo della macroeditoria, nei templi della conoscenza e del potere, dove si giocano i destini di tutti e si decide l’immortalità della letteratura. Un luogo insomma i nuovi media, in questo ragionamento anti-evoluzionista, dove sparare a zero su chiunque faccia parte del sistema sperando che qualcuno da dentro al sistema si impietosisca e accondiscenda all’entrata dello sventurato nel ristretto gotha; anche perchè da quel momento lo sventurato diventerà quasi sempre il più mansueto degli agnellini nei confronti dei propri padroni per paura di non potere più nutrirsi di quei privilegi: comportamenti che farebbero impallidire Pavlov e i suoi celeberrimi cani salivanti.
Eppure, nonostante tutto questo, la scala piramidale sembra non trovare perfetta sovrapponibilità quando si parla di parla di sviluppo della poesia nei nuovi media. Il workshop di Bazzano e tante esperienze, con la rete a fare da traino in questo senso, sembrano proprio dirci che esiste una contrapposizione non tanto nella sostanza delle cose, quanto nei meccanismi del comunicare Poesia, della diffusione soprattutto che esce (questa volta sì) dalle biblioteche e dalle librerie per andare in strada, tra la gente, per andare a scovare il fruitore nei modi e nei luoghi più disparati, un poco come quell’arrotino che se ne gira per i paesi aggiustando ombrelli e facendo la punta ai coltelli.
Sempre più organizzati, sempre più padroni del mezzo, questi lettori forti e fortissimi, mossi da passione prima ancora che da desiderio di elevamento sociale, si ritrovano a spostare attenzioni, bastonare (presunti) grandi autori, deridere operazioni editoriali traballanti, ma anche indicare nuove leve, porre all’attenzione dei critici militanti, recuperare autori, recuperare lingue, recuperare situazioni decisive ma non supportate.
Avere la possibilità con poche centinaia di euro di entrare all’interno di un sistema complesso come quello letterario, e non per forza da comprimari, crea una rivoluzione potenziale che se non scardina le normali modalità, crea per lo meno e in maniera evidente una questione nelle dinamiche di diffusione della Poesia Italiana Contemporanea e nel peso dei prodotti poetici (e di critica poetica). Ed è anche questo il motivo per cui si stanno moltiplicando i momenti di analisi della questione, solo negli ultimi 12 mesi Macerata, Foggia, Monfalcone, Udine, Bazzano, Roma e oggi Torino. E oltre a quello già previsto a Giugno a Milano si parla a breve anche di Ancona ed Alessandria, una vitalità, una volontà di confronto che forse appena qualche anno fa sarebbe stata difficile anche solo da immaginare, ma che è anche una risposta a un modo di intendere la cosa poetica divenuto troppo sfuggente e a un sistema di editoria poetica e di critica poetica divenuto soprattutto negli ultimi vent’anni troppo chiuso e troppo mal distribuito.
Tra parentesi va considerato che vedere il fenomeno solo in termini dell’oggetto Blog (che comunque ancora la fa da padrone oggi) significa non considerare le altre forme come il lavoro nella forma audio: uno dei primi a sposarsi con la rete, prima ancora dell’esplosione della questione blog fu Alberto Bertoni con Voci della poesia, un progetto per una Fonoteca della poesia italiana contemporanea su proposta di Mario Guaraldi, a nome delle Edizioni Guaraldi-Logos. L’espansione (con maggiore accelerazione attualmente) del mezzo video trainato in prima istanza da Youtube che se non rivoluziona le modalità poetiche porta però il tanto atteso (con le prove che sono state fatte anche a livello satellitare, tra tutte penso a Rai Futura) passaggio alla “forma comune”, quella televisiva, tanto che credo oggi pensare a un canale completamente “all-poetry” non sia più così utopico oltre ad essere di certo operazione a basso costo ma ad alto potere di captazione dato come si stanno movendo proprio in queste settimane le prime esperienze di radio on-line completamente dedicate alla poesia.
Infine una citazione a parte va fatta per la attuale rivoluzione all’interno (in questo caso) della sfera blog, gli aggregatori, come il PoECast di Vincenzo Della Mea che creano uno strumento di facilissimo accesso in grado di segnalare a chi lo utilizza le novità che la rete propone a livello poetico (sia come testi, che come saggistica, che all’interno delle news nazionali) con un sistema autoregolamentato dagli stessi fruitori che segnalano i luoghi che vogliono siano monitorati, in un controllo molto più democratico di quello che mai si sarebbe potuto immaginare per la nostra Poesia.
Il passo da compiere in questo momento diviene così alla fine di questa piccola analisi la necessità della “apertura totale”, cioè dell’apertura con l’Accademia, proprio quel presunto mostro su cui tanti negli ultimi decenni si sono scagliati perché esclusi. Si dialoga con l’Accademia quando si chiede a chi vive in Accademia di uscire, andare in un pub, allentare il nodo della cravatta e parlare davanti ad una tazza di caffè da innamorati della stessa identica ragazza, la Poesia. Il nostro compito è semplicemente fare questo (e in effetti non è poco).

Written by matteofantuzzi

8 settembre 2007 at 16:14

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Massimo Dagnino, Presente continuo, ed. Stampa, Varese 2007, pp. 72, euro 9.

Stanche, svogliate, insofferenti: sono le figure che popolano il mondo di Massimo Dagnino, sempre pronte ad annientarsi, ad annullarsi per osservare l’altro, quello che sta loro accanto. C’è quasi in questi luoghi, in questi “quadri”, in questi ritratti, un’atmosfera cupa, tipicamente lombarda, tipicamente brumosa. C’è quasi quel senso che si ha con la nebbia, dove tutto quel poco che si riesce a vedere diventa più grande, più particolareggiato, come una reazione al poco. Quella che emerge è una vita minima e dilatata, somma di grandi pause e scatti improvvisi, di ironie fatte per difesa e di altre invece involontarie, come bene viene indicato nella prefazione di Maurizio Cucchi che avvicina Massimo Dagnino agli schemi dell’opera di Giampiero Neri. Da segnalare infine il verso: minimo, asciutto anch’esso come la sua Poesia. È un verso che concede poco al classico lirico ma che allo stesso tempo riesce ad essere sempre piano, sempre efficace, senza increspature e senza indecisioni. Insomma: che riesce ad essere proprio come dovrebbe essere.

***

Faccio anche un piccolo inciso: sta per uscire il programma del Poesia Festival 2007, se ne parlava ieri a Riccione. Tra gli ospiti ci dovrebbero essere comici, rapper ecc. mi ha colpito nel "pour parler" il cachet che dovrebbe andare a quanto m’è stato riferito a Luciana Litizzetto. Mi ha colpito proprio la presenza di Luciana Litizzetto. E’ un poco come se il Modena Calcio avesse comprato Platinette come centravanti, la sorpresa (per lo meno) passatemela. Comunque il problema dei festival che ragionano troppo sulla commistione è che se da un lato raccolgono qualche presenza in più (ma falsano la comunicazione della questione poesia), dall’altro scardinano il rapporto anche vilmente economico di chi lavora sulla poesia con a mala pena i soldi per l’affitto (e ieri ne ho sentiti diversi, e certo non solo 20enni). Pensiamo poi agli stessi pochi fondi di produzione che spesso ci sono a disposizione per i (seguitissimi) festival di Provincia. Insomma: niente di straordinario, non parliamo del PIL della Colombia, però ci si fanno 2 o 3 Festival di Poesia con quella cifra. O un paio di iniziative editoriali serie. Ma il problema come in tutte le regolatorie di mercato non è di chi fa un prezzo, ma di chi paga il prezzo di quel prodotto, magari convinto di avere avuto una botta di genio. Un poco come invitare i rapper… insomma, il rischio dello Ian Rush di turno c’è sempre… (perdonate l’ulteriore citazione calcistica).

Written by matteofantuzzi

2 settembre 2007 at 08:55

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