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Da Matteo Fantuzzi quanto di buono offre la poesia italiana contemporanea. Forse.

Archive for agosto 2011

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Prima parte dell'introduzione a "La generazione entrante" (Ladolfi, 2011).
La generazione entrante. Prove di sopravvivenza.  

 

Ok. Ci siamo. Dopo molti anni, polemiche, mode e mal di pancia è arrivato il momento di affrontare una nuova generazione che sta cominciando ad affacciarsi alle nostre patrie lettere, o meglio sarebbe il caso di dire "raccontare" questa generazione, "mapparla" perché i criteri antologici male si addicono al sottoscritto e perché questo è probabilmente l'unico modo per evitare il levarsi di cori tragici e drammatiche invettive che spesso accompagnano (e indeboliscono) la percezione della poesia italiana contemporanea. Di fatto questo è accaduto anche nell'evoluzione dei cosiddetti Settanta emersi proprio grazie a lavori come L'opera comune (a cura di Giuliano Ladolfi, Atelier 1999), I cercatori d'oro (a cura di Davide Rondoni, N.C.E. 2000), I poeti di vent'anni (a cura di Mario Santagostini, Stampa 2000) fino al più recente Nuovissima poesia italiana (a cura di Maurizio Cucchi e Antonio Riccardi, Mondadori 2004) e infine dopo tutta questa euforia ed attenzione ritornati all'interno dei giusti binari nei quali gli autori si giudicano attraverso le opere e non mostrando la carta d'identità (ma questo era anche uno dei punti di partenza del lavoro di Ladolfi e della rivista Atelier) perché la paura di ritrovarsi di fronte a una nuova "generazione in ombra" o secondo la definizione già utilizzata da Marco Merlin per quanto riguarda i poeti nati negli anni Sessanta una nuova generazione di Poeti nel limbo (Interlinea, 2005) è pressante, soprattutto considerando il terreno dentro al quale ci si muove, la sua fragilità e l'incapacità oramai trentennale di captare nuove attenzioni e nuovi fruitori, se si esclude una comunità di lettori forti, anzi fortissimi, composta però solo da qualche migliaia di individui e che proprio per questo non si può considerare nemmeno il punto di partenza per una rinascita della percezione della poesia in Italia. La risposta insomma a questo profondo intorpidimento deve essere compiuta altrove e ne danno prova proprio alcuni degli autori qui presentati, da Carlo Carabba a Davide Nota, da Matteo Zattoni a Franca Mancinelli o Sarah Tardino a cui magari aggiungere altri inseriti nella "coda" dei cosiddetti Settanta come Isabella Leardini, Davide Brullo o Matteo Marchesini (quest'ultimo anche dal punto di vista critico) in grado con la propria attività quotidiana, fatta di produzione di Festival e lavoro nelle riviste e nei quotidiani di uscire dai luoghi riconosciuti e secolarizzati per affrontare tutto quel vasto mondo di potenziali fruitori, di potenziali lettori di cui la nostra poesia ha estremo bisogno per sopravvivere a logiche sempre più legate al mercato nelle quali quello che viene reputato di nicchia o che quanto meno non si comporta da best seller deve inevitabilmente scomparire per fare posto a prodotti magari di minore qualità ma di sicura performance. La svolta, silenziosa ma inarrestabile, la racconta anche questo lavoro di mappatura: una sempre maggiore delocalizzazione degli autori all'interno del territorio, un lavoro militante sempre meno svolto dalle grandi case editrici e sempre più compiuto da identità medio-piccole come budget e forza lavoro ma in grado di compiere decisioni sempre più coraggiose che senza interessarsi particolarmente al sesso, alla geografia, alla lingua, alle tematiche finisce per orientare tutto il proprio interese nei confronti dell'opera andando al tempo stesso ad intaccare tutto quel sommerso di micro-stamperia e vanity press che negli anni ha intasato il sistema e impedito la giusta meritocrazia letteraria tanto quanto quel mondo di "pochi eletti" che quasi sempre viene additato come unico responsabile delle nostre disgrazie letterarie. Diventa così quasi logico ritrovare nei nuovi ventenni una sorta di arrendevole sopravvivenza anche a queste logiche, un processo che già diversamente dai miei coetanei li porta ad evitare quotidianamente il confronto con le riviste, coi critici, con tutto quel sistema di vizi e virtù con cui inevitabilmente ci si deve relazionare per approdare piuttosto ai sicuri lidi di un'esposizione privata dei propri testi a una cerchia ristretta di conoscenti quasi sempre entusiasti: dopo la fiammata dei blog letterari tra il 2003 e il 2006 la comparsa di Facebook ha tolto quell'idea di comunità aperta e democratica che ha sancito l'affermazione anche di autori lontani dai centri editoriali e magari marginalizzati dalle tematiche non dominanti o dalle scelte linguistiche (tra tutti l'esempio di Fabio Franzin) e creato una serie di microcircoli che erroneamente si considerano autosufficienti ma che finiscono per portare avanti un'idea di poesia senza progressione avviluppata a quei pochi autori spesso desueti captati durante le scuole dell'obbligo, un bisogno quasi più sociologico di comunicare piuttosto che una reale volontà di creare, di spingersi oltre attraverso lo strumento letterario. Capita così di ritrovare sempre meno ventenni nelle riviste, viceversa di apprendere di esordi prematuri, frettolosi, inadeguati proprio per la mancanza di contatto con la realtà, di conoscenza dell'evoluzione della poesia italiana attuale mentre intelligentemente con altra maturità assistiamo allo splendido esordio del quarantenne Guido Mazzoni con I mondi (Donzelli, 2010): in questo racconto dell'attuale situazione così sono stati premiati nelle varie linee quegli autori che sono riusciti a ricreare una sorta di riconoscibilità, una poetica magari ancora da perfezionare, come è giusto che sia a 25 anni, ma precisa, netta, concreta come già accade in Lorenzo Mari, Francesco Terzago o Dina Basso. Viene così a mancare, appare chiaro, l'idea di "comunità", di intento di gruppo che aveva caratterizzato i cosiddetti Settanta o ancora meglio un buon gruppo di autori, molto agguerriti, anagraficamente compresi tra il 1968 e il 1977. Qua ci troviamo al contrario di fronte a un'identità sfilacciata e solitaria, debole e poco battagliera, una potenziale nuova "generazione in ombra", non classificabile in una sola semplicistica categoria ma in grado al contrario di creare col proprio lavoro come già è accaduto per i nati negli anni Sessanta opere importanti, e proprio dalle opere dobbiamo ripartire se vogliamo risuscitare lo stato della poesia italiana contemporanea, l'unico antidoto (e questi nuovi autori lo hanno ben capito) sono i testi. Solo la carta può risolvere le cose. Perché tutto questo accada occore però uno sforzo da parte di tutti, in primis da quel mondo che in qualche modo chiede di essere modificato, di non diventare la terra di pochissimi eletti: anche per questo si è deciso di non "sbattere" gli autori nel libro in maniera casuale ma di introdurre ogni lavoro attraverso docenti, critici e scrittori, si è obbligato in qualche modo proprio quel dialogo tra generazioni che sembrava essersi interrotto e che invece nei decenni ha dato tante prove importanti, come nel caso proprio delle riviste militanti quali Atelier e clanDestino e come nel caso (ci tengo a ricordarlo) della rivista Sul porto voluta tra il 1973 e il 1980 da Ferruccio Benzoni, Stefano Simoncelli e Walter Valeri. Anche per questo la speranza mia e di tutte le persone che hanno condiviso con me la scelta di questo lavoro è che si evitino sia la questione generazionale che quella antologica per concentrarsi invece piuttosto, lo ribadisco ancora una volta, sui testi e sulle opere e spingere piuttosto questi autori, rappresentativi dell'attuale panorama, a un sempre maggiore e quotidiano lavoro.

Written by matteofantuzzi

29 agosto 2011 at 07:15

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