UniversoPoesia

Da Matteo Fantuzzi quanto di buono offre la poesia italiana contemporanea. Forse.

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La scommessa di D’Elia  (e necessità di una nuova critica) di Davide Nota

Esce in questi giorni l’ennesima antologia poetica 1970-2000, Parola Plurale: sessantaquattro poeti per millecento pagine. All’interno di questa vera e propria resa di conti accademica, di questa patetica guerra a suon di antologie fra clan universitari, salta all’occhio (tra gli inclusi) la consueta svalutazione dell’opera del poeta Gianni D’Elia (Pesaro, 1953).
Stroncata negli annuari manacordiani come, sic!, “impoetica”, liquidata da Piccini come puro e semplice “epigono pasoliniano”, viene ora inserita da Cortellessa per essere relegata a poesia di maniera.
Evidente è il tentativo da parte della nostrana critica universitaria tout court di epurare l’ambiente letterario nazionale da ogni linea incivile di ascendenza pasoliniana e l’opera di D’Elia si presta particolarmente a questa “caccia alle streghe” in quanto forse l’unica, a dispetto dell’epoca e delle tendenze editoriali e politiche, che ha saputo e voluto tenersi a sé non rinunciando mai a farsi voce d’opposizione, pensiero politico poetante, né a eludere la linea ufficiale (lirico-intimista) attraverso la registrazione visiva e tonale d’eventi.
E’ chiaro che in una storia come la nostra appena trascorsa, politica e culturale, un segno così forte e isolato di apertura terminologica e tematica non può essere accettato da parte di chi della chiusura (neoermetica, classicista o avanguardista) ne ha fatto una ragione di sopravvivenza editoriale.
L’opera poetica di D’Elia, e lo scopriranno tra qualche decennio anche i nostri professori (sempre gli ultimi a scoprire qualcosa), è forse la più forte scommessa per la poesia italiana a venire, l’unica voce ad avere attraversato i decenni della crisi del secolo trascorso (dagli anni ’80 ad oggi) caricandosi del compito enorme di proteggere un’eredità che sarebbe altrimenti andata perduta o svenduta: l’eredità del Politecnico, di Officina, dell’eresia pasoliniana, della commistione di tradizione letteraria e presente storico, di lirico soggettivo e narrativo gergale.
Non solo: di attualizzare tale eredità alle sfide della contemporaneità: la cronaca rimata, l’invenzione del montaggio cinematografico di terzine e stanze, l’io antropologico relativo, l’analogia di visione minimale e disegno complessivo.
Non ultima la nuova scrittura poematica, il testo lungo come possibilità narrativa di un soggetto interno ad una realtà comune, o addirittura il poemetto che si fa poema: la Bassa Stagione.
Queste scommesse stoicamente portate avanti da D’Elia contro ogni convenienza storica stanno dando ragione proprio al poeta marchigiano. E proprio mentre le nuove generazioni iniziano ad interrogarsi sulla necessità di abbandonare definitivamente il frammentismo innamorato in nome di una ritrovata attenzione nei confronti della realtà storica, i critici e i poeti laureati continuano la loro implacabile produzione di antologie nate già morte.
E’ chiaro che abbiamo bisogno di un nuovo metodo critico ed antologico. Se vogliamo affrontare le sfide del postmoderno non possiamo continuare con le imitazioni di Mengaldo, col punto di vista unico. Abbiamo bisogno di una critica antropologica, che sappia uscire dagli studi delle università e farsi ricerca sul campo. Abbiamo bisogno di una rinnovata generazione critica che abbia il coraggio di oltrepassare l’io etnocentrico del gusto personale e che abbia la forza di immedesimarsi nei diversi punti di vista poetici, estetici e linguistici che offre il presente. Una critica che chieda, che ascolti, che spieghi.
Tanti sono gli ottimi poeti di questi tre decenni, conosciuti (De Angelis, Viviani; Rondoni, Sissa) o meno (ingiusta la perenne esclusione di due poeti come Filippo Davoli e Giovanni Falsetti), e diverse le soluzioni di cui si dovrà parlare e scrivere. Indispensabile è però che i nuovi critici, al di là delle appartenenze ideologiche, politiche o editoriali, si rendano conto che la storia della poesia italiana, come ha insegnato il ‘900, è storia polifonica, e che le differenze, come  ebbe bene a scrivere Marco Merlin, sono ricchezze e non barricate. Per ora… non compriamo più antologie.

Written by matteofantuzzi

4 ottobre 2005 a 12:32

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98 Risposte

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  1. questa lettera aperta mi è stata spedita da davide che ringrazio, e che dice un poco quello che è stato detto da altri, si sottolinea cioè un’apprensione innanzitutto per le sorti della critica (e del ricambio generazionale), ricordato che il libro NON L’HO ANCORA LETTO ma che direi dal casino che fa di essere rimasto l’unico -tra parentesi per chi delle mie parti proprio ieri mi hanno detto che alberto bertoni e niva lorenzini lo presenteranno a metà mese alla feltrinelli a bologna-

    però considerando anche gli articoli di carla benedetti tipo quello dell’espresso uscito la scorsa settimana:

    la letteratura è morta (dice lei),
    la critica è morta (dicono in molti)…

    (non si parla mai di poeti o di critici, notate bene perchè non è così accessoria come cosa): allora perchè mandare avanti la baracca ? diamocela su. diamoci all’ippica. o a quest’analisi di massima manca qualcosa ?

    matteofantuzzi

    4 ottobre 2005 at 12:41

  2. Ma io separerei per un attimo il discorso di chi c’è e chi non c’è (si possono far duecento nomi, vedi tutti quelli che ha premiato il Montale fino al 2002), dal fatto che le antologie si fanno anche per motivi editoriali, e non c’è nulla di male. Poi il tempo stabilirà chi meglio chi peggio. Quindi non capisco la lettera aperta di Nota. Secondo me c’è comunque un problema da affrontare ed è la mancanza di comunicazione, per quanto riguarda i libri che escono, e bisognerebbe forse rinfondare la comunicazione anche con l’aiuto dei critici, pure quelli giovani. Allora capiremmo che la letteratura non è morta, anzi è vivissima, e la critica è ancora pronta a adre vita al dibattito.
    Christian

    anonimo

    4 ottobre 2005 at 15:22

  3. davide penso abbia fatto un discorso specifico su d’elia, e poi lo abbia allargato. tra parentesi includendo poeti molto differenti: de angelis, rondoni, sissa (che di attenzione personalmente non ne ha mai abbastanza), insomma un discorso che attraversa vari modi di intendere la poesia. christian hai capito bene la mia ovvia (e volutamente molto ingenua) “provocazioncina”:
    sicuramente non va lasciata morire la letteratura e questo è possibile andando a cercare la linfa (perchè c’è), separandola dall’erba cattiva.

    con l’aiuto di tutti (e possibilmente senza dolo).

    matteofantuzzi

    4 ottobre 2005 at 17:18

  4. Mi trovo d’accordo sulla lettera aperta di Davide Nota. Si possono aggiungere altri nomi tra i poeti (Gian Ruggero Manzoni, Gianfranco Fabbri, Salvatore Ritrovato, solo per citare i primi che mi balzano all’occhio) ed ho l’impressione che tutto questo pullulare di antologie abbia l’effetto di impaludare molto la critica, ottendendo l’esito opposto da quello che di facciata si prefigge, ma in realtà intorbida ancora di più le acque! Concordo con Christian nel credere che la Vera Poesia prima o poi viene fuori, nel tempo, al di là delle antologie…Cari saluti
    Liuk

    anonimo

    4 ottobre 2005 at 18:17

  5. Capisco il discorso su d’elia, ma è più divertente il posizionamento dei critici. Non so cosa ha scritto Cortellessa, e in che accezione la maniera, ma forse qualche ragione ce l’ha. Ho scritto su absolute in un battibecco su delle poesie di Inglese che non serve mitizzare uno, e le stroncature non uccidono la poesia (se no prevert oggi non sarebbe nemmeno calcolato) ma se va avanti così le stroncature lo innalzeranno non credete?
    🙂

    anonimo

    4 ottobre 2005 at 18:27

  6. certo, la vera poesia sta in silenzio, ed esce a piccoli passi. A volte. Tutto ed il contrario di tutto, altre.

    oltrenauta

    4 ottobre 2005 at 19:45

  7. la vera poesia è una muta che pensa.

    anonimo

    4 ottobre 2005 at 19:55

  8. Per molti versi è vero (a mio avviso) che le antologie nascono per meri interessi commerciali e/o “politici”. Una antologia seria, ben composta probabilmente richiederebbe anni e anni di studio e l’ampiezza di una enciclopedia per essere esaustiva e super partes. Bisognrebbe anche porsi il problema di chi è materialmente in grado di poterla comporre. Vedrei allora nelle piccole antologie edite sino ad ora, pezzetti di un mosaico che andrebbe ricomposto (anche se a spizzichi e bocconi…bocconi spesso amari)per avere un quadro più vasto.

    E’ anche vero che la poesia di D’Elia, seppur sganciata dalla “poesia morta” di cui prima (vedi altri post), non è che si sia fatta amare con passione e travolgimento sensual…
    Personalmente amo la sua poetica, ma digerire le terzine spesso a filo della poesia, spesso ironicamente eccessiva nella contemporaneità…ecco, mi risulta difficile. Anche se mi trovo sulla sua linea tematica, anche se riconosco che finalmente c’è qualcosa di nuovo in poesia che resiste sia al tempo che alla critica (avversa).
    fabiano alborghetti

    anonimo

    4 ottobre 2005 at 20:02

  9. Che ci siano molte antologie, oggi, è dovuto al fatto che ci sono molti poteri concorrenti, tutti in grado di produrre e pubblicare libri. Ciò ha fatto sì che sia isa perduto un centro capace di farsi motore trainante 8ma c’è mai stato, se non dovuto al fatto di essere potere dominante?), con il conseguente moltiplicarsi dei punti di vista autorevoli eppure sempre parziali. Ogni antologia è portatrice sana (o interessata) di tale condizione. Giusto, di un’antologia, è metterne in luce i pregi e i difetti. Ma che siano interni al progetto. Chiaro che, cambiando i presupposti, gli autori (che sono funzionali alla logica del progetto) cambieranno. Dunque: non lamentiamo l’assenza di qualcuno (per sparare invero contro l’accademia, che pure ha colpe gravissime, ma che vanno discusse a doc), e si rifletta invece sull’antologia in questione, la si studi, la si commenti, si veda se è davvero “parola plurale” o la solita esibizione baronale messa in gioco per rinforzare il proprio potere.
    gugl

    anonimo

    4 ottobre 2005 at 20:24

  10. Io il centro lo eliminerei come discorso (non è più plausibile), e ricostruirei dal basso, piano piano sul territorio (anche per questo chiedo impegno, chiedo che le persone organizzino dibattiti assieme ad altri, e si interessino alla diversità di vedute, al vedere, notare, e selezionare tra le differenze gli autori, non con mere categorie, ma con nuovi modi per parlare di un’opera).
    Buonanotte,
    Christian

    Per Fabiano: appena finisce Absolute riprendo con la calma il tuo testo, lo stesso vale per altre persone. Vi abbandono con il verso iniziale di una poesia di Manuel Alegre (un portoghese): “Le acque nere della notte le acque nere”

    anonimo

    4 ottobre 2005 at 22:56

  11. andrebbero chiariti alcuni punti secondo me: i criteri per elaborare un’antologia. come diversi pensieri possano convivere in un’antologia a più voci (mi riferisco anche a “sotto la superficie” della quale qui si parlò MOLTO, diciamo).

    che cosa sia invece il lavoro di “mappatura” e quale differenza vi sia da un lavoro “antologico”: cioè un conto è dire secondo me ci sono x, y, z ecc. (come in una piantina) e un altro dire x ha capacità per questo, questo e quest’altro motivo mentre di y e z non parlo perchè non li reputo al pari di y e z per la loro linea ecc. ecc.

    cioè: sono leciti questi 2 tipi di lavoro ? e non vi pare che ultimamente diverse volte si siano troppo “uniti”, e non vi pare che ciò non andrebbe fatto ?

    perchè do ragione a chi dice “di antologie nei paesi seri ne escono 1 o 2 a decennio”, il resto aggiungo io dovrebbe essere lavoro di mappatura, di dialogo e di critica per rendere possibili quelle 1 o 2.

    matteofantuzzi

    5 ottobre 2005 at 06:54

  12. a Chrisian: il centro è perduto. non nsi tratta di scegliere se rimetterlo in posizione (a meno di non accettare la logica bush).

    a Matteo: le antologie escono anche se a noi piacerebbe il contrario. Questo è un fatto, un dato oggettivo che abbiamo il dovere di comprendere, a partire dalla domanda: a chi giova tutto ciò?
    Riguardo alla mappatura eccetera sono d’accordo con te
    gugl

    anonimo

    5 ottobre 2005 at 07:02

  13. le antologie non sono il problema, se sono antologie e basta, cioè scelte di autori/testi. il problema è quando l’antologia aspira ad essere canonizzante, inquadrando, commentando, criticando, introducendo e tirando le conclusioni (è obbligatorio arrivare a delle consclusioni nette?) per i capelli. come dire: l’antologia della parola innamorata era una provocazione ed è secondo me servita, tanto è vero che ancora se ne parla, ma come provocazione. invece è un’operazione diversa quella che porta avanti cucchi, for example, con mondadori. l’antologia della poesia del secondo novecento (avrebbe dovuto proseguire mengaldo, avrebbe dovuto, sarebbe stato molto meglio!)fatta con giovanardi (comprese le diverse ristampe) è un atto di arroganza pura, di soggettivismo che non tiene conto di troppe dinamiche, autori, nemmeno li cita di striscio: ecco, quella è un’antologia che fa male, perchè esce per un grande editore, ne escono degli aggiornamenti ogni tot anni, e diventa uno strumento canonizzante. lì non c’è un briciolo di criterio che tenti di farsi onnicomprensivo, non c’è integrazione storica, c’è solo l’affermazione di tot valori e tot autori. Male, male, malissimo…
    Luigi N.

    anonimo

    5 ottobre 2005 at 07:27

  14. Siamo un po’ il cane che cerca di mordersi la coda (ovvero stiamo girando attorno a cose di cui abbiamo già parlato). La mappatura non può che essere fatta a partire dal territorio e a me piacerebbe che ogni provincia italiana – sarebbe compito anche dei lavori all’università – mappasse gli autori del secondo Novecento per arrivare ad almeno 20 autori a provincia. Il computo totale sarebbe dunque di 2200 autori da visionare, che per uno studio serio mi pare un buon punto di partenza. Mi ascoltasse qualche accademico… A prop. a Trieste ce l’abbiamo già questo studio, opera del dott. Nacci che a sua volta credo si sia visionato oltre 2000 volumi (se non più) per arrivare ad una lista di autori (Doplicher, Pierri…). Quindi in totale lavorando in modo parallelo si arriverebbe a coprire dai 200 ai 300 mila autori, con un margine di esclusione direi basso (dal momento che cmq questi lavori suscitano anche polemiche e integrazioni successive).
    Ci vorrebbe anche un ministero che lanciasse l’appello… Direi anche un padre nostro se ciò accaddesse:-)

    anonimo

    5 ottobre 2005 at 08:03

  15. ti prego quando sento chiamarmi dottore mi viene in mente totò e mi sbellico dalle risate. è vero, ci mordiamo la coda, ma d’altronde siamo onnivori e cannibali. per quanto riguarda il mio studio, visto che christian l’ha tirato in ballo, si tratta di quella che fu la mia tesi di laurea. entro novembre sarà pubblicata – con modifiche – in volume. Il titolo: TRIESTE ALLO SPECCHIO. INDAGINE SULLA POESIA TRIESTINA DEL SECONDO NOVECENTO. Se qualcuno di voi avesse voglia di leggersi il libro (son circa 300 pagine) me lo dica. Lì ho indicato un possibile criterio per la selezione e la critica. Ho usato un metodo misto: un questionario di 34 domande consegnato a 110 poeti triestini (nati qui o qui residenti o che hanno intrecciato con la città un rapporto significativo) dal quale ho ricavato un mare di dati (circa 1.000 pagine!) sui modelli di ogni autore, sulla poetica dichiarata, sullo stile, sulle tecniche metriche e retoriche, e poi sul rapporto con il pubblico, con l’editoria, con i premi, infine sul rapporto con la propria città, i luoghi, la storia, l’immaginario di riferimento, etc.; ho ricavato delle tendenze e dei dati maggioritari; quindi ho constatato che – casualità? – i poeti più originali, più autonomi nella scrittura, quelli non iscrivibili a una linea, si trovavano nei dati di minoranza ricavati dal questionario. Mi sono quindi concentrato soprattutto su di loro, cercando di capire, nel solco del pensiero di Kuhn, se vi fosse o se vi è negli autori-“scarto” il seme di un sovvertimento futuro, cioè il seme che germoglierà in una grande poesia (questi autori sono circa una ventina). Li ho analizzati sia stilisticamente, sia filologicamente, sia dal punto di vista della loro weltanschauung. Poi ho studiato gli immaginari che fuoriuscivano dai questionari e dai testi, li ho confrontati per ricostruire una sorta di orizzonte comune, un mondo. E l’ho analizzato con gli strumenti dell’indagine antropologica e simbolica. Infine ho costruito un archivio di tutti i triestini (nati o acquisiti) che hanno pubblicato almeno un libro di poesia dal 1950 al 2002. Ho dovuto fare tutto da solo, andando nei mercatini dell’usato, nelle case private, negli archivi, etc. – ho costruito una lista di circa 350 autori, ho letto più di 2.000 libri, 3/4 dei quali letti da nessuno all’infuori di me e dall’autore stesso. Ecco, questo è quello che intendo quando parlo di metodi combinati: di sociologia, antropologia accanto alla critica letteraria. Vuol dire combinare i sistemi e gli approcci, cercare di andare verso l’onnicomprensivo, non escludere, comparare e allontanarsi dal soggettivismo. Un lavoro di diversi anni, ovviamente, ma questo è scontato. Ripeto, chi fosse interessato a leggerlo, me lo faccia sapere (luigi_nacci@yahoo.it), è in stampa. Mi piacerebbe confrontarmi con i giudizi di poeti e critici non delle mie terre.
    L.

    anonimo

    5 ottobre 2005 at 08:40

  16. a me interessa luigi, mandamelo pure. lo leggo volentieri.

    nel mio piccolo anche io qualcosa sul mio territorio cogito con “degustare locale” che chiuderà il percorso sull’emilia-romagna l’anno prossimo e che già prevede dalla chiusura dell’ed. 2005 una piccola “tirata di somme” (senza volontà d’antologizzare, appunto), più una festa per il lavoro fatto qui e altrove nel territorio in cui opero con quella santa della giovanna passigato e tanti amici pazienti che mi sopportano.

    ne parlerò più avanti. certo a bologna con la densità di critici, poeti, nani e ballerine che ci sono bisognerebbe fare un’antologia di antologizzatori, o una mappatura di mappatori e decidere con una commissione di commissionanti chi per parlare di questo lembo di stivale.

    ho già mal di testa solo al pensiero…

    certo se così tante antologie si prefiggono di tirare le somme il punto è sempre:

    – o si aumentano le somme,
    – o si diminuiscono…

    matteofantuzzi

    5 ottobre 2005 at 12:20

  17. la seconda che hai detto, matteo

    sleepwalking

    5 ottobre 2005 at 12:24

  18. azzeriamole

    voc

    anonimo

    5 ottobre 2005 at 12:58

  19. il lavoro che hai fatto, luigi, è mastodontico. però se parli di pluridisciplinarietà devono essere coivolti più studiosi, che condividano il metodo ,ma non i saperi. Ad ogni modo, complimenti. Se non sbaglio, ne avevo sentito parlare al convegno di firenze (atelier) di due anni fa, giusto?
    come ribadisce matteo, una mappatura territoriale è utilissima e però, come ironizza sleep, bisogna stare attenti a non sprofondare nel sonno della ragione o dle buon senso, leggendo, interamente, tizio caio e sempronio (bastano poche poesie, per sentire se la cosa tiene oppure no. E questo lo sa chiuque legga abitualmente poesia)

    gugl

    anonimo

    5 ottobre 2005 at 13:49

  20. carino “ironizza sleep” per non sprofondare nel sonno…

    sleepwalking

    5 ottobre 2005 at 16:50

  21. Caro Davide,
    mi era sfuggita questa nota, di cui ti ringrazio per le parole di stima al mio indirizzo. Tuttavia… ormai penso sempre più convintamente che è un guadagno bello e buono star fuori da quest’ambaradàn penoso e comico. Ero proprio una settimana fa, con i sei figli del mio ex vicino di banco del liceo che doveva farsi una visita oculistica e me li ha appioppati; li ho portati in gelateria (con me c’era Danni Antonello che mi guardava divertito). Al che gli ho fatto: “Hai capito perché non mi importa nulla delle sorti letterarie? Vedi dove sta la vita?”. Ti abbraccio.

    FilippoDavoli

    5 ottobre 2005 at 19:53

  22. Ma qualcuno di voi si è chiesto se tante volte i detrattori di D’Elia non avessero ragione?

    anonimo

    5 ottobre 2005 at 20:15

  23. per il post 15 ( a Luigi:) la tua mappatura mi interessa moltissimo. Come, dove sarà reperibile lo scritto?
    fabiano alborghetti

    anonimo

    5 ottobre 2005 at 22:36

  24. caro fabiano,
    il libro è in stampa per le edizioni battello. spero entro un mese e mezzo (doveva già essere pubblicato un paio di anni fa, ma sai come si deteriorano facilmente i rapporti con gli editori…). appena è pronto ti faccio sapere!
    grazie dell’interessamento,
    luigi

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 00:13

  25. Caro Luigi,
    hai fatto un lavoro serio. E onesto. Sull’attendibilità di quelle voci – che mi auguro totale – deciderò non appena uscirà il libro. E rimane, una volta di più, il desiderio di esaudire quel famoso caffè…

    FilippoDavoli

    6 ottobre 2005 at 01:45

  26. è uscito su Il ramo d’oro la seconda parte del Forum sul linguaggio. andate a visitarlo.

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 06:59

  27. a Davoli: caro filippo, la vita sta ovunque. anche nelle tue poeise. anche nelle mie (spero). perché insistere in questo atteggiamento snob’
    con affetto.
    gugl

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 07:12

  28. caro filippo,
    il caffè when you want. io direi: e perchè no anche un bel calice di cabernet? 🙂 come ti ho già detto – e l’invito vale per tutti coloro che bazzicano in questo blog – noi qui a trieste ospitiamo con piacere chiunque venga a trovarci. non siamo ricchi. per cui non possiamo pagare i biglietti del treno o cose del genere. però una branda, una buona bottiglia di vino, un piatto di pasta e una poesia non la facciamo mai mancare a nessuno.
    luigi

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 07:47

  29. 🙂
    io verrei a riempirmi le orecchie di poesie.

    e i bicchieri di vino.

    sleepwalking

    6 ottobre 2005 at 08:15

  30. Per Gugl: ne avevo parlato io, credo ai margini di un intervento che avevo fatto al convegno ateleriese. Gran lavoro veramente quello di Nacci, ma non basta, ci dovrebbero essere tanti lavori così, dappertutto, in Italia.
    Christian

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 11:38

  31. Per Gugl – Si rischia di passare per snob, lo so. Nell’eventualità prego attenersi al significato letterale: sine nobilitate. Per quanto ne so di me, so che non è una posa. Altrimenti, già da tempo mi sarei venduto al miglior offerente per posare dall’alto…

    Per Luigi – Prepara brandina, piatto di pasta e Cabernet. I rimborsi non so cosa siano e tutto sommato mi intristiscono (tra amici, poi…).

    FilippoDavoli

    6 ottobre 2005 at 12:58

  32. bene. torniamo al punto: il discorso di Nota ci ha portato al lavoro di Nacci. Mi pare di capire (e sono d’accordo) che quest’ultimo sia indispensabile, ma non esclusivo. Fatta la cernita, serve infatti la critica fatta onestamente (ossia con competenza e senza protezioni parrocchiali), una critica, insisto, pluridisciplinare.
    gugl

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 13:36

  33. caro filippo,
    la branda in always ready. vale per tutti. ad esempio la prima settimana di dicembre io christian e gli altri ammutinati organizziamo una due(-tre) giorni con reading, dibattiti, spettacoli di poesia qui a trieste. presenteremo, tra le varie cose, un’antologia che uscirà tra un paio di settimane per giulio perrone editore: IL VOLO DEL CALABRONE, postfazione di GABRIELE FRASCA, testi di DOME BULFARO, MATTEO DANIELI, FLORINDA FUSCO, LUIGI NACCI, LUCIANO PAGANO, FURIO PILLAN, CHRISTIAN SINICCO, SARA VENTRONI. un libro che, appena sarà pronto, lasceremo alle vostre bocche affinché sia smembrato e distrutto, criticato prima di tutto 🙂
    luigi

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 13:55

  34. bene per l’antologia, ma il vino? Escludete vitigni internazionali e il calice sarà più gradevole. Direi… ribolla gialla di Josko Gravner, dato che siamo a Trieste.

    vocativo

    6 ottobre 2005 at 14:41

  35. ma non si era detto peste e corna delle antologie e tutto il bene del mondo delle mappature ? (certo che verrà smembrata, come qualsiasi libro): contento per fusco und ventroni, ma scusate va bene frasca, ma chi l’ha curata ?

    matteofantuzzi

    6 ottobre 2005 at 14:51

  36. ah che poi mi sgridano:

    ;)))))))) (tante faccine sopra ero ironico, sembra scritto da un serial killer)

    matteofantuzzi

    6 ottobre 2005 at 14:52

  37. eh ma io e voc siamo interessati al bere, principalmente! voi antologizzate, mappate, poi alla fine butteremo uno sguardo eh?

    sleepwalking

    6 ottobre 2005 at 14:53

  38. certo teo, infatti questa non è un’antologia che canonizza qualcosa. è un quadro apertissimo. un sasso gettato in uno stagno molto piccolo. l’editore perrone voleva pubblicare un libro degli ammutinati, ma gli ammutinati hanno rilanciato. provare a fare un’antologia con un filo rosso di questo tipo: scegliere tot numero di autori che lavorino sulla sonorità, sulla musicalità e sulla performatività senza cadere nello sperimentalismo più acceso, cercando cioè di stare in equilibrio tra una volontà di oralità e l’attenzione alla dimensione “tipografica”, cioè: il testo deve stare in piedi sia sulla carta, sia nella voce. criterio difficile, non lapalissiano, difatti più che un’antologia la definirei una proposta. gli ammutinati, che sono tanti, hanno curato il libro. hanno scelto 4 autori “in casa” (danieli, nacci, pillan, sinicco) e 4 esterni (bulfaro, fusco, pagano, ventroni). Non c’è alcuna pretesa. la scelta è stata fatta dopo centinaia di poeti letti/ascoltati in questi ultimi anni. e sottolineo letti/ascoltati. ma ne parleremo più diffusamente quando uscirà il libro!
    luigi

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 15:33

  39. ps: peste e corna delle antologie quando manca la mappatura. io la coscienza ce l’ho a posto! ho passato i miei ultimi anni a mappare, e mappare…
    luigi

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 15:35

  40. bravo luigi. bene.

    matteofantuzzi

    6 ottobre 2005 at 15:55

  41. quindi è autorizzato ad essere antologizzato (anche perché non è esattamente l’antologizzatore). Insomma, qui direi che bisogna solo bere per salvare capra e cavoli (o davoli?). Scusate, è che mi sono perso, come dire, la mappa mi ha portato fuori rotta, ma succede. 🙂

    ps:
    nun me toccte frasca!

    vocativo

    6 ottobre 2005 at 15:56

  42. luigi, è ora di riposare. e bere.
    :-))))
    faccine come se piovesse, tra i gggiovani.
    (ironizza sleep)

    sleepwalking

    6 ottobre 2005 at 15:56

  43. se fosse curatore unico e si fosse antologizzato, vocativo (che avrai di certo un nome) sarei pronto già ora a crocifiggerlo, stanne certo. (faccine). così aspetto di leggere la “ciccia” che poi è sempre quella che fa la differenza.

    gli ammutinati sono tanti, speriamo abbiano fatto un buon lavoro (altre faccine). lavorare han lavorato pare proprio, saranno stati produttivi ??? (quintali di faccine)

    matteofantuzzi

    6 ottobre 2005 at 16:06

  44. matteo, basta con sto tormentone, su.

    sleepwalking

    6 ottobre 2005 at 16:08

  45. è colpa vostra, ora non riesco più a smettere, peggio delle cozze o dei pistacchi (non assieme).

    o delle rane.

    matteofantuzzi

    6 ottobre 2005 at 16:11

  46. concordo sui pistacchi.
    declino ogni responsabilità riguardo tuo vezzo giovanilista.

    sleepwalking

    6 ottobre 2005 at 16:17

  47. .

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 16:28

  48. simpatia,simpatia,simpatia.. e la poesia?

    anonimo

    6 ottobre 2005 at 17:37

  49. E dai… Si parla sempre di poesia… Lassace legge anche’n’po de svago…
    E che sempre “demose da fa”…

    Massimo73

    6 ottobre 2005 at 19:09

  50. bisognerebbe scrivere un saggio sulla deriva tematica dei commenti ai blog. Tuttavia, devo dire che qui l’antologia e la mappatura hanno tenuto banco almeno fino al commento numero… 38, 39? è già un risultato. Luigi Nacci, poi, ha dato un imput (quanto sia praticabile dalle accademie, questo è un altro discorso).

    vocativo

    7 ottobre 2005 at 10:10

  51. i commenti possono pure andare avanti ad oltranza, ed è ovvio che poi subentri la deriva tematica.
    la questione è la solita: darsi un limite.

    sleepwalking

    7 ottobre 2005 at 10:16

  52. guardate che anche il commento 43, tolte le faccine era reale e non poco. l’auto-antologizzazione è un problema grave. così come l’auto-promozione fine a beatificare anche quanto estremamente terreno.

    matteofantuzzi

    7 ottobre 2005 at 10:56

  53. vocativo il tuo nome, per cortesia.

    matteofantuzzi

    7 ottobre 2005 at 10:57

  54. matteo se parli così – sorry – non hai capito niente del mio discorso.

    luigi

    anonimo

    7 ottobre 2005 at 11:07

  55. no, l’ho capito luigi ed escludendo proprio da quello che hai detto che sia il tuo caso ne ho preso spunto per mettere in guardia per quanto in altri lavori.

    matteofantuzzi

    7 ottobre 2005 at 11:11

  56. bon, ne riparleremo teo. ora scappo a monfalcone all’octoberpoetry. qualcuno di voi in zona fa un salto? ieri è andata molto bene, tantissima gente! se andate sul sito potete anche leggere in diretta il diario del festival: http://lellovoce.altervista.org/
    luigi

    anonimo

    7 ottobre 2005 at 11:32

  57. giusto c’è l’absolute festival a monfalcone. chi non è altrove impegnato lo vada a vedere ! (siete stasera con la lettura friulana -venezia giulia-, giusto ?)

    matteofantuzzi

    7 ottobre 2005 at 11:35

  58. vorrei tenere nascosta la mia identità, se possibile. Al limite vi dico il mio nome di battesimo

    Luigi

    vocativo

    7 ottobre 2005 at 11:36

  59. ma non sono nessuno di importante 🙂

    vocativo

    7 ottobre 2005 at 11:38

  60. luigi. non chiedevo altro. (ti posso chiamare luigi, come chiamaco monicuzza monica ?) grazie.

    ps. a luigi (nacci) e christian: ma concluso il festival il blog di absolute rimane? per me sarebbe un delitto chiuderlo. lo dico da lettore.

    matteofantuzzi

    7 ottobre 2005 at 11:40

  61. perchè io sono importante ? (e se qualcuno mai lo fosse lo si dovrebbe trattare diversamente ???)

    ma no… ma dai… siam tutti uguali luigi.

    matteofantuzzi

    7 ottobre 2005 at 11:42

  62. Caro matteo: mi riferisco al primo commento.
    Ho letto l’articolo di Carla Benedetti sull’Espresso e non dice affatto che la poesia sia morta. A dire il vero Benedetti sta portando avanti da anni un discorso contro questa solfa della morte della poesia e della letteratura. Per il resto grazie dei post e del lavoro qui. 🙂

    LaGiardiniera

    7 ottobre 2005 at 11:45

  63. simona, anche carla benedetti porta avanti i propri discorsi, fa parte non so chi lo diceva delle lotte in seno alle università e (per altri versi) anche ai salotti e per altri ancora ai potentati.
    poi capisco il tuo discorso che è anche quello di giulio mozzi per esempio che avvicinare la benedetti a romano luperini è in queste teorie come sommare le pere con le mele. però io non vorrei che alla fine per non decretare morti tutti quanti alla fine si mostrassero solo giovani cadaveri (o qualche abortino) scusate l’immagine cruda ma devo dire che molte idee di luperini mi sono ben più vicine da quelle della benedetti dalle quali mi capita di dissentire (ma per fortuna, fa parte della democrazia non avere tutti le stesse opinioni)

    matteofantuzzi

    7 ottobre 2005 at 12:00

  64. (sull’articolo di partenza di davide nota che oramai trovate in parecchi blog vale la pena leggere la risposta -di fioretto e mazza chiodata come nel suo stile – di gian ruggero manzoni)

    matteofantuzzi

    7 ottobre 2005 at 12:12

  65. siamo tutti luigi.
    luigigugl

    anonimo

    7 ottobre 2005 at 15:01

  66. Caro Matteo, capisco che tu possa sentire più vicine le teorie di Luperini rispetto a Quelle di Carla Benedetti. Ma veniamo ai fatti: in campo poetico Luperini non mi pare abbia fatto altro che rinverdire i cadaveri dei suoi amici della neoavanguardia, imbiancati nel ’93 dall’omonimo gruppo. E ci credo che poi la poesia gli pare morta.
    Che la letteratura e la poesia sia morta, almeno Carla Benedetti non l’ha mai detto!

    LaGiardiniera

    7 ottobre 2005 at 15:19

  67. Centrato e puntuale l’intervento di Gian Ruggero Manzoni che condivido pur concordando – di fondo – con Davide sul discorso inerente le antologie! Cari saluti.
    Liuk

    anonimo

    7 ottobre 2005 at 17:50

  68. per matteo: IL BLOG DI ABSOLUTEPOETRY continuerà anche dopo il festival – che, tra l’altro, sta andando benissimo. tanta gente, tanti spettatori (centinaia e centinaia), una bella atmosfera, rilassata. davvero un peccato per chi si è perso ‘sto ambaradan!
    luigi

    anonimo

    8 ottobre 2005 at 12:37

  69. bene, belle notizie luigi. a me pare simona che ultimamente tra molta avanguardia e luperini non ci sia tanto amore, mi pare piuttosto che ci siano delle curiose coincidenze con fortini negli ultimi anni della sua vita (v. il brano che ho su “giovani e forti” ma anche diverse cose uscite in questi anni nei saggi che sono stati stampati c/o guida)

    matteofantuzzi

    8 ottobre 2005 at 17:24

  70. Partendo da alcune mie proposizioni di poetica, rispondo a Davide Nota sul realismo e altro e aggiungo alcune considerazioni sulla nuova antologia Parola plurale. Nel blog…

    saluti…

    andrea margiotta

    anonimo

    9 ottobre 2005 at 05:31

  71. la cosa più interessante andrea è che partendo da teorie forse addirittura diametralmente opposte la chiosa è davvero condivisibile. ma davoli è un “clandestino” -avendo pubblicato un libro per quelle edizioni- ? in questi giorni ho trovato diversi libri di quell’esperienza: proprio per esempio l’opera prima di gibellini. domanda: dove si può trovare “la serie” ? è possibile ? sono ovviamente interessanto anche vedendo le cose (diciamo) dall’altra metà del cielo.

    saluti cari a te.

    matteofantuzzi

    9 ottobre 2005 at 09:16

  72. “interessanto”… sorry.

    matteofantuzzi

    9 ottobre 2005 at 09:18

  73. Caro Matteo,

    Davoli e Gibellini gli ho avvicinati ai clanDestini non solo per aver pubblicato in quella collana ma anche per la natura della loro poesia…
    Gibo si è poi distaccato molto, prima era il vicedirettore della rivista (idem Galaverni)… Per le edizioni, dovresti scrivere alla Serragnoli, al Centro di Poesia e contattare Lauretano o Rondoni.

    Un saluto
    andrea

    rondons

    9 ottobre 2005 at 12:44

  74. PS ERRATA

    Per gli amici, perché tu già lo sai… Il mio blog è ad http://www.supermargiotta.blogspot.com/- non su splinder come appare nel commento…

    Andrea Margiotta

    rondons

    9 ottobre 2005 at 12:49

  75. vada per francesca, allora. (te pensa del refuso non m’ero accorto, è il bello dei link a sn.)

    matteofantuzzi

    10 ottobre 2005 at 12:51

  76. ciao Davide, rispondo al tuo invito alla lettura con un ritardo abissale…
    ho trovato il tuo articolo molto onesto e appassionato. hai ragione quando affermi che il monocentrismo culturale in Italia è ancora un dato di fatto; e la questione non è solo dettata dal riferimento ad un centro di potere fisico ( Milano, Roma, Bologna) ma è l’estensione di una riflessione critica ad una classe culturale, ormai omologata attorno ad un gruppo preciso: CL. questo non comporta necessariamente il fatto che non si possano fare esperienze diverse o alternative, è ovvio, ma implica, per chi come noi è creciuto in un vile orgoglio borghese, di vedere in essa la possibilità di una visibilità maggiore, come l’intrecciare rapporti di “favore”, un notevole ritorno di immagine. questo si traduce in quello che Gaudreault definiva concetto di mostrazione… così ogni progetto che vi si lega, incorre nell’errore di una mono-visione del reale! il centro di poesia contemporanea, clandestino, la fine miserrima di De Angelis e della collana niebo, atelier, pelagos, poesia, fino ai curatori delle antologie ( che sono gli stessi): mengaldo, cortellessa, piccini, rondoni etc. etc. ora, non prendertela troppo, le antologie sono delle summae ortodosse, il prodotto di un mercato che è un mercato che non esiste, realizzate per una koinè media di gusto estetico affine; insomma dei veri o propri Bignami. qualche testo, qualche ripresa estetico-metrica sugli autori: sono curati da chi, e per chi non ha studiato!
    D’Elia ne è un refuso esemplare. come Volponi, Fortini, Scataglini…
    mi sembra che vi sia in loro, il tentativo di agglomerare e far coincidere un territorio di esperienze ridotte con la totalità.
    ciò implica un integralismo a priori, perchè si avvalgono ancora ( non concependo la diversità nelle cose) di un rapporto binario con il reale: ciò che va ( bene) e ciò che non va(male);
    questa censura estetica a priori, appunto, genera il giudizio( che vale in quanto estetico per l’invenctum ,ma non per l’invenctio). allora il Neruda d’amore è poeta, mantre il Neruda del canto general non è poeta, il D’Elia impressionista va bene, il D’elia eretico no! veicolando filosofia e poesia, come due logoi antitetici.
    eppure sono stati smentiti da chi prima di loro è venuto: T. Elliot nel bosco sacro, Pasternak nel salvacondotto, Baudelaire nell’Art poetique, Leopardi nello zibaldone.
    tutto questo è il sintomo di un individualismo del prodotto ( realizzazione materiale nel tempo e nello spazio ) ; spesso le antologie sono richieste dai poeti stessi, che spingono per realizzarle, così che possano compiacersi nel vedersi riflessi come il prodotto di se stessi,
    o create da chi, ad alcuni di essi, debba favori temporali.
    ( ovviamente parlo per empirismo). rivedo in tutto questo un certo fascismo cattolico, lo stesso che negli anni 30 faceva apprezzare in teatro, per un gusto puramente estetico e borghesemente non scomodo, ” i telefoni bianchi e le rose rosse”, mentre si censuravano Brecht, Pirandello, Ionesco…
    allora mi chiedo: chi è così stupido da voler figurare nelle antologie, per un medio consenso degli (a)critici e risultare il nuovo Botta, tanto aprezzato, quanto il Leopardi di turno censurato o addirittura espunto?
    concordo nel non comprare più antologie. e nemmeno più le riviste, quelle citate, o almeno non collaborare con chi non avendo interesse critico per la poesia, non fa critica in poesia. l’invito è a recuperare quelle riviste che hanno portato avanti un vero laboratorio critico e hanno dato riflessioni sulla lingua; parlo del Politecnico, di Officina e di Lengua.

    anonimo

    13 ottobre 2005 at 13:24

  77. la firma, per cortesia (se no gli altri non sanno chi siete)…

    matteofantuzzi

    13 ottobre 2005 at 13:30

  78. ora sinceramente (mentre aspetto che pure gli altri conoscano il tuo nome, perchè io ho l’IP ma non posso rivelarlo) mi pare e sottolineo mai e poi mai avrei pensato di dovere dire una cosa simile date le mie idee e pure quelle politiche mai nascoste…

    insomma: non facciamo di tutta l’erba un fascio, guardiamo l’identità dei curatori, che proprio non mi paiono tutti ciellini, né parliamo di fascismo cattolico per cortesia, è solo dare fuoco alle polveri ! posso capire che nel tuo pensiero possa esserci una vautazione di maniera “borghese” di intendere la poesia, ma fermiamoci qui se no facciamo solo il gioco di chi non avendo “ciccia” da offrire vuole destabilizzare le patrie lettere poetiche. non diamo ossigeno a una eventuale strategia della tensione poetica per cortesia.

    scusa proprio, ma evitiamo certe considerazioni in quei termini… se no ribadisco si fa solo il gioco d’altri.

    matteofantuzzi

    14 ottobre 2005 at 07:37

  79. Com’è andata a finire poi la storia di quello scrittore che aveva falsificato una prefazione di Luciano Anceschi a un suo volume…

    anonimo

    15 ottobre 2005 at 01:04

  80. O meglio: questo scrittore si era inventato la prefazione di Luciano Anceschi (i familiari del prof. bolognese avevano sgamato la calligrafia…) Mi è venuta in mente questa storia perchè ho trovato da queste parti un nome e cognome, tipo Francesco Giuseppe Leopardi….

    anonimo

    15 ottobre 2005 at 01:08

  81. Fuochino: conosceva una poetessa dell’avanguardia bolognese, deceduta da tempo… chi indovina è bravo e riceverà in dono l’opera omnia di un grandissimissimissimo poeta (con i fiocchi)Cucchi Maurizio Scevola

    anonimo

    15 ottobre 2005 at 01:15

  82. Un aiutino?

    anonimo

    15 ottobre 2005 at 01:16

  83. D’Elia non vi sta bene e Rondoni si? Un Rondoni non fa primavera, domani chi leggerà Rondoni? Giacomo Zanella o Giacomo Rondinella?… Cucchi o Rondoni? Cacchio,non mi antologizza? Piccini o Valduga? Riccardi o Bevilacqua? Opus dei (minuscolo) o CL? La Falange o Radiomaria (minuscolo)? Opus gay o Il domenicale? Il Giornale o Avvenire (Il sol dell’)?

    anonimo

    15 ottobre 2005 at 01:30

  84. allora: il primo punto è sempre quello, tutte le carinerie che dite, ditele con la vostra firma, perchè sottolineo: splinder mi dà gli IP vostri ma la legge sulla privacy non mi permette di rivelarli. ma abbiate il coraggio delle vostre azioni. non mostrate impotenza (in tutte le accezioni del termine…)

    detto questo altre 2 cose abbastanza curiose, il “voi”: cioè io so che qui passano e portano commenti persone come andrea margiotta, o filippo davoli che hanno spesso parlato favorevolmente di davide per esempio. e avranno i loro buoni motivi per farlo, che non discuto, magari mi interessa conoscerli perchè lontani dai miei, ma non li discuto. se leggi alcune accese discussioni dei mesi passati potrai facilmente estrapolare il mio pensiero a riguardo. ad esempio il fatto che in quella linea (…che non mi pare di avere mai detto essere il mio max. dei max, ma che non discuto ribadisco…) gianfranco lauretano riesce ad avere a mio modestissimo parere una grande, felice efficacia. di cucchi mi pare di avere sempre parlato molto bene de “il disperso”, ma dissento su Glenn contrariamente ad altri ecc.
    d’elia ? e chi ha mai detto che non mi sta bene ? ad esempio amo molto congedo dalla vecchia olivetti. per dirne uno.

    non amo invece chi da sn. (o pseudo-tale, perchè anche durante gli anni ’70 c’erano gli infiltrati, mi si racconta) con queste vaccatine come te caro “utente anonimo” dà fuoco alle polveri facendo solamente il gioco di chi teoricamente si contesta. è un modo soprattutto “triste” (e in passato ribadisco già abbiamo notato assolutamente inutile) col quale affrontare la questione e che non rende giustizia in primis a te.

    gradirei anche per l’utilità dei tuoi commenti un’analisi seria delle persone o delle antologizzazioni di cui parli, non una sceneggiata napoletana, o ‘na roba alla totò e peppino. ad esempio anche se so che è impopolare leggo e rileggo e amo leggere i libri di riccardi. ma so che oggi è anche impopolare (e ancora me ne chiedo il motivo) dire di apprezzare zanzotto, che con edoardo cacciatore ed ernesto calzavara ho sempre detto essere i fulcri del mio modo di intendere il ‘900 e coi quali guarda un poco forse io e te alla fine ci si trova a concordare.

    poi ribadisco parlare del giornale o di avvenire o di AC o CL o chi per essi non serve a nessuno, detto da uno che notoriamente viene da una famiglia antifascista, si sa per chi vota e che politicamente (ma anche in poesia) non ha idee esattamente moderate. ma non si è mai fatto scrupolo del dialogo, contrariamente ad altri che sanno che la loro “idea” è labile e che al primo soffio di vento si scoprirebbe la pochezza del proprio pensiero.

    stai bene (firmati).

    ps. io non lo so chi sia ‘sto scrittore sinceramente.

    matteofantuzzi

    15 ottobre 2005 at 07:35

  85. Come avrai potuto constatare non ho un “nick”. Nome, cognome, etc. è tutto spiattellato lì. Non scrivo poesie, non desidero pubblicare nulla, non voglio propagandare niente. Però, considerare “poeti” Riccardi, Piccini, Cucchi, padre Rondoni….

    anonimo

    15 ottobre 2005 at 08:51

  86. scusa, ma chi vuole il nick ? nome e cognome io non li ho trovati perdona nei tuoi commenti, se lo risottolinei te ne sono grato.

    perchè a me non è che importa se perori 1 causa o quant’altro, mi interessa seriamente il tuo pensiero, con un capo e una coda, delle motivazioni: spiega le tue ragioni e laddove concorderò lo dirò, laddove non concorderò altrettanto farò, come sempre e come con tutti.

    però senza epiteti o infuocamento di polveri, perchè ribadisco a nulla servono e aumentano solo il rumore di fondo.

    matteofantuzzi

    15 ottobre 2005 at 09:20

  87. Matteo, mi scuso subito per la mancanza del nome nel commento numero 76. non volevo venisse meno; anzi credo sia imprescindibile, altrimenti si incorre nell’errore di esprimere facilmente certe cose senza esporsi. all’inizio sarebbe dovuto apparire il mio nome, Loris. Colpa mia. mi scuso ancora. comunque quello è stato il mio solo commento, non so chi sia l’altro utente anonimo. ti rispondo solo ora per problemi di collegamento a internet. la mia era di fatto una forte accusa verbale, ma niente di più di quello che faceva, come già detto, Mandel’stam ( o altri..) , non era nessuna censura,perchè non avvenuta a priori. Hai ragione quando dici che non si deve rischiare di fare di tutta un’erba un fascio, ma le mie sono riflessioni empiriche: conosco i legami ed i rapporti di forza.
    lo so, il commento era provocatorio, ma onesto e empirico, ripeto.
    l’intento era far arrivare attraverso una rielaborazione, il modo in cui altre riviste molto importanti, come in Francia, e si veda Po&sie hanno trattato la letteratura del potere in italia. cioè concetti che stanno elaborando anche all’estero…

    anonimo

    15 ottobre 2005 at 14:41

  88. esatto perfetto, chiedo scusa: commento 87 e 76 sono di loris, gli ultimi in anonimato di 1 altra persona.

    loris anche io conosco bene i sistemi: proprio per questo mi auspico che si possa condurre il dialogo laddove possibile e laddove possibile si possa promuovere la poesia (tout court, nell’amore che si può avere per questo o quell’altro, ma nella spinta che deve essere di tutti, non di un micromondo): il problema delle riviste francesi l’ho già affrontato un poco di mesi fa, proprio parlando di quell’articolo. e dai nostri cugini è voce di uno che grida nel deserto. forse quel numero lo hanno letto più italiani che francesi…
    e questo è il grande limite, l’estero (ne parlerò prossimamente) di noi ti assicuro proprio non si accorge, le cose ce le diciamo e ce le facciamo ahimé (magari, l’ho già detto, fosse come pare leggendo il lavoro che la bisutti fa su poesia ogni mese…)

    matteofantuzzi

    16 ottobre 2005 at 23:16

  89. Condivido in massima parte i rilievi di Davide; credo tuttavia ch’essi trovino un senso giusto ora, all’indomani dell’uscita di antologie come quella di Cortellessa.
    Prescindendo dal discorso specifico su D’Elia, il punto (ma suona sconcertante puntualizzare questa ovvietà) è che un poeta sia stato e sia escluso, emarginato (e vivlipeso, in fondo) in virtù della sua posizione etica ed estetica. Che l’autore in questione sia anche uno tra i più grandi contemporanei è un’aggravante per la quale è più che lecito protestare, ma che non cambia i termini della questione.
    Il discorso sulle antologie è molto semplice: basta non comprarle.
    Che senso ha polemizzare attorno a lavori come quelli di Piccini e Cortellessa se si dichiara che non meritano credito?
    Sarà la Storia a misurare i limiti e la tenuta delle loro valutazioni. Allo stesso modo sarà la Storia a mostrare la grandezza di D’Elia.
    Del resto è stata la Storia ed eleggere l’antologia di Mengaldo; il fatto che essa rappresenti un testo esemplare non dipende dal critico che l’ha scritta (e non è che Mengaldo di abbagli non ne prenda, vedasi ad esempio i commenti su Luzi).
    Protestare per ciò che sta succedendo ha senso; obiettivamente non è un bel momento per la poesia italiana. Il discorso, specie tra noi giovani, andrebbe però portato ad un livello che prescinda dalle fazioni e dalle ragioni ideologiche o di scuola; dovremmo recuperare una dimensione condivisa, autenticamente alternativa. Una dimensione che non sia sorda a quello scandalo che, prima di essere in quelli che la denunciano o che da essa divorziano, è nella Realtà (nella sua accezione ampia, non soltanto fenomenica).
    VALERIO BERARDI (perpetual@supereva.it)

    anonimo

    17 ottobre 2005 at 07:51

  90. Avete scoperto il nome del poeta che si era scritto la prefazione di Luciano Anceschi?

    anonimo

    17 ottobre 2005 at 23:28

  91. ma siamo così sicuri che questi lavori non meritino credito valerio ? e allora perchè se ne parla ? (fermo restando che qui s’è parlato di d’elia, non dell’ensemble come è accaduto su atelier).

    per anceschi: guarda, io non sono stato. (e firmatevi)

    matteofantuzzi

    18 ottobre 2005 at 06:53

  92. Caro Matteo, forse sono stato frainteso: al di là della questione su D’Elia (ripeto, sarà la storia ad eleggerlo; l’atteggiamento discriminatorio è da biasimare a prescindere) mi premeva sottolineare una questione di principio, cioè che se si dichiara a priori che tutti i prodotti provenienti da un certo tipo d’ambiente sono pessimi, viziati, allora è del tutto illogico prenderli in considerazione.
    Quanto alle antologie menzionate posso dirti che quella di Piccini m’è piaciuta e la considero valida (anche se concordo pienamente con Davide circa la necessità di ricognizioni critiche nuove, più ampie e implicate). La mancanza di poeti come D’Elia e Bellezza (ma anche Giampiero Neri) si fa sentire ed è senz’altro un limite grave. Tuttavia il lavoro di Piccini mi sembra, a differenza di quanto sostiene l’amico Loris, tutt’alto che una sorta di “Bignami”. Accanto ai nomi che non ci sono dovrebbero essere considerati anche quelli che ci sono. Inoltre il libro propone un apparato bibliografico poderoso, tale che chiunque voglia approfondire la conoscenza di ciascun autore lo può fare tranquillamente, anche prescindendo dalle valutazioni critiche del curatore.
    Io vorrei che noi si tornasse alla poesia, al testo, alla necessità di “mordere” il Reale (ripeto: non soltanto fenomenico), ad un senso di responsabilità condiviso. Il resto sono quisquilie, polemiche infeconde.
    VALERIO BERARDI

    anonimo

    18 ottobre 2005 at 08:16

  93. no guarda valerio che ho capito benissimo. testa forse ha fatto un lavoro più vicino a quello che ti auspichi non come linea ma come modo. rimane il fatto che d’elia in quell’antologia c’è: ma io non so neppure se il punto è questo, cioè forse dobbiamo solo evitare l’ottica della lista della spesa, dell’elenco telefonico: chi ci sia o chi non ci sia. sinceramente io credo come ho già detto necessario il famoso lavoro di mappatura, a quel punto forse anche un’antologizzazione critica potrà trarne benefici. del resto ovviamente i tuoi discorsi sono condivisibili, uscire dagli steccati: ce lo ripetiamo da tempo, cerchiamo di farlo come opera quotidiana (che poi cortellessa abbia compiuto un’operazione di steccato, a mio modesto parere è tutto da dimostrare): che abbia criticato d’elia questo sì, ma questo è opinabile, così come l’esatto contrario. ognuno muova le proprie ragioni con coscienza. e il tempo ci dirà.

    matteofantuzzi

    18 ottobre 2005 at 09:07

  94. Credo tu abbia centrato l’obiettivo. Un’antologia può essere molte cose: basta che non sia un mero “elenco della spesa”. Mi viene in mente Galaverni: l’anno scorso era venuto a Pesaro a presentare il suo DOPO LA POESIA (che a mio avviso rappresenta il testo critico migliore degli ultimi anni) e aveva dichiarato che dal libro aveva eliminato l’indice dei nomi proprio per evitare che il lettore corresse all’ultima pagina per vedere chi c’era e chi no!
    VALERIO BERARDI

    anonimo

    18 ottobre 2005 at 10:22

  95. galaverni è un critco serio, che si parli dopo un bel poco d’anni di quel libro nell’iperproduzione attuale dovrebbe fare pensare. anzi mi sa che già fa pensare…

    (e continuerà a fare pensare…)

    matteofantuzzi

    18 ottobre 2005 at 22:00

  96. Ma chi è quel poeta che ha pubblicato (dopo essersela scritta da solo)una prefazione di Luciano Anceschi a un suo libro di poesie?

    anonimo

    19 ottobre 2005 at 22:43

  97. La stampa se ne occupò, a suo tempo. Un poeta aveva falsificato (inventato) una prefazione ad un suo libro di poesie, firmata Luciano Anceschi; in realtà scritta dallo stesso poeta. Potreste darmi lumi?

    anonimo

    20 ottobre 2005 at 14:28

  98. Non riesco a ricordare il nome di quel poeta che ha pubblicato un libro con la prefazione (falsa) di Luciano Anceschi. Mi aiutate?

    anonimo

    21 ottobre 2005 at 13:29


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