UniversoPoesia

Da Matteo Fantuzzi quanto di buono offre la poesia italiana contemporanea. Forse.

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Si fa per ridere… di Gianfranco Fabbri.

Il duemilacinque sta per finire e nei blog, nelle riviste specializzate e in molti altri mezzi di comunicazione, si discute ancora intorno allo stato di salute della poesia, in Italia. Un martellìo che suona talvolta appassionante e altre volte fastidioso. La nenia è sempre quella: quali sono le energie talentose nella piccola polis della scrittura?  Si ritorna forse massicciamente al verso chiuso, oppure la vince una forma di prosa che si fa poetica più per il tema, che per la metrica vera e propria? C’è spazio per tutte le formule, ci mancherebbe altro! Un problema sorge, invece, quando il discorso cade sugli autori; infatti, mentre i testi debbono travalicare per forza di cose gli steccati generazionali, i poeti rimangono ancorati alla barra del tempo. Da più punti si odono voci “giovani” che parlano e si sparlano addosso, redigendo con sorprendente velocità classifiche meritorie sui singoli autori ed elogi diretti ai “clubs”, ovvero alle riviste-rivistine (ipo o iper), di notevole popolarità. Negli intenti di questi particolari giovanottelli è compreso anche il plauso elargito ai cosiddetti “seniores”, i quali, in congrua percentuale, stanno lì bel belli accomodati nelle poltrone della “Sala di comando”. A questi anzianotti, non di radio biechi e ingenerosi, il fresco poetino si rivolge con una robusta dose di opportunismo, bene dipinto dalla frase: “io lo lecco, non si sa mai – non si può mai sapere …”.
Qual è lo sfondo di un simile scenario? Semplice: è quello che prelude al salto di un’intera generazione (una ulteriore fetta di gente del verso, diciamola del Terzo Polo) cui fanno parte, grosso modo, gli autori che vanno dai 38 ai 55-57 anni. Poeti trombati o  soltanto eclissati? Forse si intende l’una e l’altra cosa. Occorre dire però che quest’ultima genìa di creativi non ha la bocca cucita;  da più luoghi, infatti, si odono pianti e gemiti; si contemplano visioni di gramaglie e di lutti indigeribili; si sentono affermazioni apocalittiche sulla cittadella dei versi. Essi fanno intendere che su di loro è stato condotto un vero e proprio genocidio letterario, che qualche “Gran Vecchio” (con l’aiuto di qualche “pargolo” molto sveglio) ha tentato con successo di fargli un gran sedere (!). Manca poco, talvolta, che qualcuno invochi l’intervento delle Nazioni Unite.  Eccetera eccetera.   Insomma, a sentir questi poeti della via di mezzo, ci sarebbe stato (c’è) un vero assalto al fortino. In un simile Grande Centro, è ovvio, vi sono fior di poeti! Nessuno lo ha mai messo in dubbio (Oddio, nessuno! E tutto da vedere!). E’ anche vero che questi pseudo-disperati hanno non poche ragioni da accreditare al loro conto: è perfettamente vero il fatto che essi siano giudicati troppo vecchi per esordire e troppo giovani per detenere un certo potere critico-editoriale. Soffrendo, finiscono per menarsela tra di loro: organizzano ottime letture pubbliche e buoni eventi culturali (pur rimanendo nell’ambito del “bravo, ma non approvato come prodotto ISO9001). Riguardevoli risultano anche le riviste-rivistine da loro prodotte, nonché le relative realtà editoriale. E’ talmente vero tutto ciò che spesso il grande critico o la grande casa editrice vanno a far buona pesca in provincia, così da promuovere un autore degno, ma piccino picciò all’interno del “visibile” mondo dei media,.
Insomma, i poeti del Grande Centro Temporale si lagneranno pure, ma sanno anche muoversi  entro le mura del loro potentato. Si potrebbe così dire che “Se la suonano e se la cantano” con notevole disinvoltura, mentre gli altri -gli anzianotti e i fringuelli- vengono sempre più spesso colti in flagrante sul fronte dei Grandi Orizzonti. Qualcuno mi dirà: ma cosa dici! Ti rendi conto dell’assurdità del tuo ragionamento? No, risponderei in tal caso: non mi rendo conto di dire delle sciocchezze: i Vecchi Maestri Arrivati (ed è bene dire “arrivati”, perché molti altri autori, con i capelli bianchi, sono altrettanto bravi, ma affetti dal morbo più riprovevole che si possa contrarre nel mondo della Poesia: quello di chiamarsi, in tarda età, il Signor Nessuno), stimolano la civetteria dei “loliti”, incoraggiandoli talvolta in modo del tutto arbitrario, pretendendo così di chiuderli in una sorta di “harem” (leggi antologiuzze a grande diffusione) col dichiarato scopo di consumare su di loro le più turpi pratiche del “turnover”, come si fa coi fazzoletti di carta.
Intanto, nel Ghetto Dell’Età Di Mezzo si intona un sommesso de profundis e si viene consumati dalla nenia monocorde del pianto.

Written by matteofantuzzi

9 dicembre 2005 a 15:14

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107 Risposte

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  1. ringrazio caramente Gianfranco per questo inedito cor(ro)sivo per UniversoPoesia.

    (e vi invito a una attenta lettura)

    matteofantuzzi

    9 dicembre 2005 at 15:17

  2. Bello il pezzo di Gianfranco – e non sorprende per nulla. Ho visto, matteo, che domenica sei a vignola ma non riuscirò ad esserci. Dato che non so l’orario, che immagino in serata, se me lo fai sapere (comprensivo di indirizzo) ti faccio un po’ di pubblisité.
    Ciao.

    A

    anonimo

    9 dicembre 2005 at 19:21

  3. approfitto per uno spazio informativo:
    Sabato 17 Dicembre 2005
    Rocca dei Bentivoglio di Bazzano (Bo)
    dalle ore 18
    – Quarta Disseminazione Karpòs –
    Contaminazioni audio visive sul tema della fotografia

    ingresso gratuito
    informazioni qui:
    http://www.karpos.org

    A

    anonimo

    9 dicembre 2005 at 19:52

  4. Mi fa piacere ritrovare questa rubrica!Questo cor(ro)sivo mi pare sulla stessa lunghezza d’onda di quello letto sull’ultimo numero di Ciminiera, anche se con qualche sfumatura diversa, il nocciolo, è lo stesso…;-) Forte!Avanti così! Un caro saluto
    Liuk

    anonimo

    10 dicembre 2005 at 15:55

  5. Grazie Liuk del tuo intervento.
    Ma questo del corsivista non è la mia nuova professione: penso di finire con questo articolo. Mi premeva soltanto mettere in evidenza, attraverso la satira “letteraria”, e quindi attraverso il paradosso, quello che (quasi) realmente avviene nella società delle attuali Patrie Lettere.
    Del resto, in questo ambiente ci bazzico da vent’anni e posso dire la mia. Che nessuno si senta chiamto in causa: il discorso è talmente proposto in senso lato che ogni riferimento (per come è scritto) è (quasi) casuale.
    Gianfranco

    nestore22

    10 dicembre 2005 at 16:43

  6. Inoltre ringrazio Matteo che ha proposto questo intervento.
    Di nuovo.
    G.

    nestore22

    10 dicembre 2005 at 16:45

  7. Oggi l’età non conta, caro Gianfranco, conta solo l’opportunismo e la casa editrice.

    Luca Frudà

    lufruda78splinder

    10 dicembre 2005 at 23:33

  8. mi scuso io perchè da come l’ho messa sembra un ritorno ai corsivi (corrosivi) di gianfranco, invece era un saluto di stima forte al suo lavoro nel quale ci sono stati anche i cor(ro)sivi di ciminiera. detto questo luca il discorso non è tanto sulle direzioni quanto sul problema che potrebbe essere inserire un salto generazionale nella “continuità” della poesia (che sarà eterogenea, ma dove trovo giusto non vi siano rapporti di forza… territoriali… anagrafici… sapete dove vado sempre a parare). il problema è insomma sempre: se una generazione è in ombra è un danno, e un danno grave. e questo devo dire l’ho capito in maniera molto forte leggendo “la poesia che si fa” di raboni curata da cortellessa e della quale parlerò prossimamente altrove. m’è proprio esplosa davanti la problematica…

    matteofantuzzi

    11 dicembre 2005 at 08:45

  9. allora alessandro: oggi alle 18 a vignola (mo), all’ass. lavabo di via zenzano io e matteo zattoni

    *

    ne approfitto anche per segnalare che domani pomeriggio su fahreneit – radio 3 verrà affrontato il tema della poesia nel suo rapporto coi giovani, ospite valerio magrelli che presenterà il suo libro uscito per luca sossella, spero di riuscire a sentirlo in presa diretta e se no ricordo che dal sito della trasmissione si può accedere alle registrazioni di tutte le puntate (e quindi nei prossimi giorni anche di questa…)

    matteofantuzzi

    11 dicembre 2005 at 08:49

  10. caro matteo, ne approfitto per una informazione di servizio: come si fa (dove si va) a scaricare il programma audio di faherneit? il mio media player non lo legge.

    – il testo di gianfranco tocca un tasto delicato delle patrie lettere, che in effetti andrebbe toccato più spesso.

    ciao
    gugl

    anonimo

    11 dicembre 2005 at 09:56

  11. Grazie per la segnalazione di Fahrenheit: delle volte lo ascolto (pochi minuti prima delle sei), ma penso per l’orario che dovrò ricorrere allo streaming via internet.

    Sull’argomento, volevo dire a Gianfranco che ha scritto un ottimo pezzo. Poi, siccome di poesia non posso dire di essere un esperto, concordo con Matteo sul fatto che sia un bel guaio l’avere delle generazioni in ombra e me accorgo quando scopro i lavori dei poeti che secondo le analisi, dovrebbero risultare in ombra (ne escono quando scopro il loro lavoro, ma inevitabilmente nessuno leva loro l’ombra dalla testa, in termini di diffusione e raffronto critico). Io credo, vista l’idea che mi sono fatto, che questo gioco di luci e ombre sia il risultato dell’avanzata frammentazione della poesia in Italia. Il risultato di suddividere in centri e centricoli, ombrelli e parasoli e sfere d’influenza, produce squilibri, uno dei quali è spesso l’eccessiva concentrazione verso quello che può essere il correlato poetico della strategia di mercato: dico correlato, perché parlare di mercato per la poesia, si sa… Ed ecco che quella che può essere una semplificazione (magari legittima, sotto certi aspetti) come la questione generazionale, produce in un ambiente (si può dire ?) asfittico e franto, quello che sappiamo e vediamo. Il danno… Scusate l’ovvio, se è stato detto.

    Massimo73

    11 dicembre 2005 at 10:01

  12. Al #10: vedo adesso Stefano che gli archivi di Fahrenheit sono .ram di Real Player. E’ probabile quindi che se hai solo il Windows Media Player ti sia necessario scaricare il Real Player. Puoi farlo da un po’ ovunque, ma prova da qui:

    http://forms.real.com/real/player/blackjack.html

    Ho testato i link e sono funzionanti.

    Massimo73

    11 dicembre 2005 at 10:07

  13. ecco perfetto massimo per il .ram
    e giusto il concetto che ci deve muovere: abbattere gli steccati, premiare il testo comunicare la Poesia, e noi i poeti. e anche ovviamente la Poesia cosiddetta in ombra perchè non nel periodo-luogo-partito-editore “giusto”.

    (e non è poco)

    matteofantuzzi

    11 dicembre 2005 at 10:20

  14. grazie massimo, installato!

    gugl

    anonimo

    11 dicembre 2005 at 16:23

  15. Per essere che eri stanco del “mestiere della scrittura”, caro Gianfri, ti vedo bello pimpante. La cosa mi rallegra, anche per la assoluta novità di leggerti in queste colonne come in quelle bolognesi di FuoriCasa. L’Emilia ti fa bene, evidentemente. E comunque, sto vedendo riannerirsi i miei capelli (in proporzione inversa ai miei pensieri): c’è, cioè, un trucchetto infallibile per evitarsi gli scoramenti generazionali: togliersi dai coglioni, ben sapendo che la storia decide da sé. Un abbraccio.

    FilippoDavoli

    11 dicembre 2005 at 23:49

  16. Caro Filo, non ero stanco del mestiere della scrittura: ero stufo di certi atteggiamenti che vengono consumati nell’ambiente letterario (e il mio ultimo corrosivo credo ne dia buona nota “metaforica”). Comunque ti troverò moro e in forma, quando ti incontrerò: oltretutto con i pensieri lievi come il color celeste del cielo a primavera. Togliersi dai santissimi può essere una soluzione: il temporaneo allontanamento dall’ambiente, in genere, può essere un’altra buona soluzione. Però, a cominciare da me stesso, si “dice”, più che “fare”. Io stesso, infatti, ho chiuso il blog storico che avevo , ma poi ho aperto perlomeno quattro o cinque altri blog, su tutte le società che ne curano l’organizzazione. L’ho fatto un po’ per tedio e un po’ per trastullo: mi rendo conto che non so stare lontano dalla mia amata critica-riflessiva e creativa sui testi altrui. E’ un’attività ufficiosa che non ha nulla a che vedere con i rapporti umani. Essa mi dà lucidità di mente e mi gratifica. Penso comunque che tu non sia lontano dalla mia posizione: togliersi dai coglioni come poeta, non credo che tu lo abbia fatto, tant’è che hai messo, seppure in forma privata, un bel libro in circolazione: che siano quattro amici che ce l’abbiano, non ha importanza: di quel lavoro se ne parla e prima o poi te lo vedrai recensire da qualcuno: o in un blog o in una rivista cartacea: a quel punto che farai? Denuncerai il recensore? Non credo proprio. Siccome quella scrittura “vale”, acconsentirai che se ne dia conto in giro.

    Allora dico: è bene “sospendere” per un po’ : castrare i nostri piccoli o grandi talenti, va molto meno bene.

    Salutami la amatissima Macerata.
    Un abbraccio affettuoso a te.
    Tuo Gianfri

    nestore22

    12 dicembre 2005 at 10:58


  17. Ciao a tutti, sono nuovo su questo blog, ma mi sembra che la mia ultima nata sia appropriata rispetto all’argomento trattato.
    Perciò la butto là, sperando che almeno possa divertire qualche lettore.

    Desidero sdoganare i miei versi
    per far sapere al mondo che ci sono.

    La redazione di Atelier mi manda a dire
    che non sono abbastanza originale,
    che la mia è una scrittura difensiva
    o, al massimo, soltanto esornativa.
    Perciò mi invento questo stile asciutto
    e totalmente privo di metafore,
    giacché il mio lessico volutamente
    “poetico” (perché le virgolette?),
    levigato e tendente all’eleganza
    non riesce (giustamente) a sostenere
    l’insieme dei miei testi, non ancora
    maturi, a parer loro, per la stampa.
    Comunque è interessante il tentativo
    “parlato” (maledette virgolette)
    e si consiglia di perseverare
    sulla strada “dialogica” (mi arrendo!)
    con qualche inserto di linguaggio alto
    meno scontato e frutto di ricerca
    personale un po’ più attenta e meno
    debitrice di “poeticità”
    inerte, vecchia, di secondo grado.

    Ti sono grato per i tuoi consigli
    mia cara redazione di Atelier,
    duole la vanità dello scrittore
    ma, come vedi, docile, obbedisco,
    mi dedico alla satira, che ha un tono
    decisamente più contemporaneo
    rispettando il consiglio del “dialogico”
    nonché l’abuso delle virgolette.
    Provo a sbagliare qualche endecasillabo
    (non troppi, a dire il vero, non mi è facile)
    ma al massimo vien fuori un ritmo sdrucciolo.
    Solo gli inserti di linguaggio alto
    rinuncio a scrivere (forse per ripicca),
    per non svilire quanto di più nobile
    e commovente infondo nei miei versi.

    Forse la satira è anche più vendibile
    perciò ti sono assai riconoscente
    mia cara redazione di Atelier.

    lucaalvino

    12 dicembre 2005 at 11:30

  18. e con le accademie come la mettiamo? va bene riviste e rivistucole, ma attenzione alle accademie, anche loro hanno un ruolo, ahimé, determinante…

    vocativo

    anonimo

    12 dicembre 2005 at 14:42

  19. Giusto, Vocativo. Anche se l’ambiente accademico, ai fini dell’arrivo ai piani delle grandi case editrici o delle grandi riviste, credo che oggi conti di meno di un tempo. Gli accademici, se non sbaglio, costruiscono un reticolo simile a quello descritto nel corsivo, ma di natura ormai obsoleta. Oggi i clubs che contano -sempre secondo me- sono i critici militanti o i critici poeti, tipo Maurizio Cucchi, i quali si sono fatti per davvero un “harem” di giovani promesse. Basta sfogliare l’antologia Mondadori, oppure il rinnovato Almanacco dello Specchio, per vedere, accanto a nomi certamente appartenenti ai “seniores”, quelli dei giovani che secondo i capi contano: si veda il caso (meritato e felice, perché il poeta è bravo) di Andrea Ponso, onnipresente in tutte le iniziative. Ma questo, lo ripeto, è un caso bello. Vi sono altri giovani capaci (ce ne sono per davvero), ma a fronte di questi poi si notano presenze più sospette. Chiedo venia: sono andato fuori tema. Per lo meno, aggiungo e finisco, nei clubs non accademici vivono le caratteristiche del mio articolo e quelle del fermento (buono o cattivo). Tra i baroni (coloro che lo sono nell’accezione vecchia e perniciosa) tutto questo non si coglie.
    Gianfranco

    nestore22

    12 dicembre 2005 at 16:10

  20. Lucalvino è molto ironico, per come si presenta. Merita attenzione (anche nel testo, mordace e insofferente, vi sono spunti di sana “cattiveria”: mai disdegnarla, questa bella forma di energia!…).
    G.

    nestore22

    12 dicembre 2005 at 16:22

  21. Feudatari e vassalli, insomma. Ma se la memoria storica non m’inganna, è cosi da sempre. Non dico che sia corretto quanto accade, né che va accettato passivamente. Però il tutto ha un andamento cosi radicato che per estirparlo bisognerebbe eliminare gran parte della “classe dirigente”. E mi rendo conto d’altro canto, che all’insediarsi di una nuova classe dirigente, apparirebbe – come d’incanto – un nuovo stuolo di baciapile… Gatto che si mangia la coda, insomma. D’altronde la mediocrità morale appartiene da sempre all’opportunismo…
    Parentesi (concludendo): ZADOK in ebraico vuol dire sia saggio che scimmia, a seconda dell’uso nel parlato (o scritto). Interessante questa dicotomia….
    fabiano

    anonimo

    12 dicembre 2005 at 18:13

  22. Bravo Luca Alvino!
    Però a questo punto mi aspetto una di quelle poesie esornative, difensive, altamente dialogiche, nonchè debitrici di poetiche inerti, vecchie e di secondo grado che hanno così tanto colpito Atelier!

    A volte le persone si immedesimano un pò troppo nel ruolo che si danno, e aimè tanti indossano un lupetto nero e un paio di occhiali per ritrovarsi una bella alla specchio con la barbetta riccia e bianca e una rotonda faccia da critico.

    anonimo

    12 dicembre 2005 at 19:22

  23. Oddio: lupetto nero ed occhiali…che qualcuno abbia deciso di darmi la caccia? Non sarò io, caro U.A., ma non so comunque se stanotte dormirò! Non sarò io (è notorio il mio spirito di persecuzione) ma in caso lo fossi ti dico, gioiacara: un ruolo te lo stai dando tu, con quell’aria da professoretto saccente. Chi sei, Biancaneve? E dove sono i Sette Nani? Questo sì che sarebbe un bel ruolo!
    Firmati, comunque. Anche con un nome falso: la mamma non te l’ha insegnata l’educazione?
    Nestore22

    nestore22

    12 dicembre 2005 at 19:42

  24. Sul mio blog potete trovare una poesia piuttosto esornativa e con alcuni inserti di linguaggio alto, anche se poco dialogica, me ne rendo conto, ma vedrò di rimediare al più presto con qualcosa di meglio.
    Ciao a tutti
    Luca

    lucaalvino

    13 dicembre 2005 at 11:30

  25. Luca, è brutto vedersi rifiutare una poesia da una rivista, ma mi pare che bisogna lavorare di più, anzi molto, visto il testo sul tuo blog. Con tutto rispetto per la persona che l’ha scritta,
    Chritian (sinicco@ammutinati.com)

    anonimo

    13 dicembre 2005 at 12:24

  26. Christian, mi dispiace che tu la prenda così. Non avevo intenzione di cirticare Atelier, rivista che oltretutto confesso di non avere mai letto.
    La mia intenzione era quella di sdrammatizzare questa commedia così ben descritta da Gianfranco, ovvero i poeti che (ingenuamente) anelano a pubblicare e le riviste, gli editori e le accademie che ne determinano il destino a loro insindacabile arbitrio (magari liquidandoti con un generico “bisogna lavorare di più, anzi molto”).

    Si fa per ridere, Christian!

    lucaalvino

    13 dicembre 2005 at 15:20

  27. Guarda Luca che probabilmente su atelier sono più critico io di te, e mi dispiace di non aver tempo per giustificare quel lavora di più. Tu però fallo, o molla.
    Christian

    anonimo

    13 dicembre 2005 at 16:09

  28. Cucchi, del resto, cura Lo specchio per la stampa, ergo, si trova davvero a fare una specie di selezionatore, il CT della giovane poesia italiana. Dunque il suo è un club molto potente ormai, sebbene accademico.

    vocativo

    anonimo

    13 dicembre 2005 at 16:13

  29. Ma sì, Voc, pensa che ci ho scritto anche io a “Scuola di Poesia”, con pezzi molto datati: per fortuna che non sono mai usciti (almeno credo ! Speriamo in bene)… C’è stato un periodo che guardavo tutte le settimane il sito con il terrore di vedermi pubblicato 🙂 E ancora adesso ogni tanto ci torno con quella paura…

    Massimo73

    13 dicembre 2005 at 16:41

  30. eh sì luca, christian non è il p.r. giusto per atelier… detto questo mi associo a quanto ti dice (posto come sempre che non si giudica un lavoro da un solo testo…) il lavoro è tanto, tanta soprattutto secondo me la quantità di “letture” che dovresti fare del secondo ‘900. e dai 1 occhiata ad atelier, magari il non-amore entusiasta è reciproco…

    *

    chiederei a fabiano anche la cortesia di parlare qui di sanguineti su rai3 che so ha seguito.

    *

    segnalo inoltre sabato 17.12 alle ore 17.00 alla libreria mondadori, viale carducci 27 – cesena

    LA CODA DELLA GALASSIA: antologia di poeti a cura di ALESSANDRO RAMBERTI, (FaraEditore, Santarcangelo di Romagna), con la partecipazione di:

    LUCA ARIANO, CATERINA CAMPORESI, CHIARA DE LUCA, PIETRO FEDERICO, RAFFAELE FERRARIO, GIANMARIA GIANNETTI, ALESSANDRO NANNINI, DOMENICO SETTEVENDEMIE, GIOVANNI TUZET.

    matteofantuzzi

    13 dicembre 2005 at 16:50

  31. attenti che in italia quasi tutti sono CT 😉

    matteofantuzzi

    13 dicembre 2005 at 16:51

  32. speravo solo di calcio 😉

    massimo, evidentemente le tue composizioni non piacciono a Cucchi, che del resto ha gusti piuttosto inquadrati, mi sembra.

    vocativo

    13 dicembre 2005 at 17:26

  33. comunque, matteo, il tuo piecoro mi fa morire! Anche lui è stitico? 🙂

    vocativo

    13 dicembre 2005 at 17:27

  34. Buonasera, leggo con piacere che il dialogo si è fatto civile e simpatico. E’ così che, a mio modesto avviso, si dovrebbe sempre fare. Ho molto apprezzato la sincerità di Cristian nei confronti di Luca Alvino: è vero quel che dice Sinicco: Luca, vai comunque a leggere Atelier per renderti conto di quale realtà si celi dentro le proprie righe (realtà anche molto belle, tra le altre). La sincerità fattiva è cosa preziosa, da amici.
    Un saluto cordiale a tutti quanti.
    Gianfranco

    nestore22

    13 dicembre 2005 at 18:43

  35. …ma noi osanniamo l’Iliade di Baricco – quello delle belle copertine – e allora quale futuro ci aspettiamo per la poesia?

    “Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l’ira funesta…”

    eStrix

    13 dicembre 2005 at 20:07

  36. a proposito di sanguineti: chi lo ha sentito a “che tempo che fa”? come si fa a dire, mimando la pivano, che la poesia italiana contemporanea è fatta dai cantautori? per giunta, detto davanti a milioni di spettatori che già avevano un’idea assai infelice della questione.

    commento: schifezza su tutti fronti.

    gugl

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 06:47

  37. sulla poesia di alvino: vero che dovrebbe leggersi l’antisublime novecentesco e, per capire meglio la propria poesia, approfondire “l’ultimo aprile bianco” di giuseppe conte, ma una vocazione al ritmo mi pare ce l’abbia. poi, come tutti noi, guai a toccargli una virgola!

    gugl

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 06:53

  38. GRANDE GUGL !!!
    Scusate, mi sono collegato solo ora.
    Tralasciando la trasmissione in sè, con un Fazio che svaccava nazional-popolare e tronfio di presenza in mammaRai e un Sanguineti posto di fronte che Sanguinetava (senza grande umorismo…anzi era persino tetro) e era tutto tronfio di presenza in mammaRai, gli interventi ( o meglio le risposte ) non sono state granchè. Il peggio è arrivato proprio con l’uscita della “poesia contemporanea fatta dai cantautori” . Ci sono state altreso altre chicche meritevoli, tra le quali cito “i giovani e la poesia” : tutti poeti perchè ognuno ha un qualcosa dentro da dire/dare. Purtroppo l’orrore generato dall’ascolto del Profeta ha fatto si che la memoria non serbasse il Verbo. Non mi ricordo praticamente più nulla (ho rimosso…) se non che è stato oscenamente posticcio, persino il festeggiare in diretta i 75 anni del Profeta…persino parlare di poesia, una volta tanto con possibilità Nazionale e per lungo tempo (l’intervento è andato avanti per quasi 20 min) si è riusciti a invitare il personaggio sbagliato. Sarà che raitre è cosi affine politicamente al passato (anche militante) dell’invitato????
    Rosso di sera…
    fabiano

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 07:52

  39. La tourneé televisiva di Sanguineti ha toccato anche le sponde di una trasmissione di raiuno condotta da Gigi Marzullo qualche settimana fa alle solite ore impossibili. Si trattava di uno di quei programmi dove tutti gli invitati dicono di aver letto i libri degli altri invitati.
    Nicola

    mok

    14 dicembre 2005 at 09:49

  40. entusiasmante, speriamo esca presto un dvd del tour perchè non mi vorrei essere perso qualcosa. la cosa dei cantautori è patetica, vecchia e di una tristezza infinita.

    il mio modestissimo parere è che chi da sempre non ha la capacità di arrivare (personalmente) alla Poesia (P maiuscola) tenti con questi giochini di abbassare il livello fino al punto in cui può entrare a fare parte della cosa.

    comunque sono tranquillo, il tempo come sempre è galantuomo… e le cazzate di destra o di sinistra velocemente si dissolvono nell’aere.

    matteofantuzzi

    14 dicembre 2005 at 10:33

  41. …poi non chiediamoci perchè la poesia in Italia non se la caga nessuno…

    (la pecora non è stitica, anzi)

    matteofantuzzi

    14 dicembre 2005 at 10:35

  42. Scusate, non vorrei essere una voce fuori dal coro solo per il gusto di provocare. Premetto che PURTROPPO non ho visto Sanguineti da Fazio, e dico purtroppo perchè Sanguineti è uno dei miei poeti preferiti, ma è innegabile che i testi di De Andrè siano in qualche modo poesia.
    Non dico di tutti i cantautori ovviamente, ma secondo me alcune cose di De Andrè sono poesia. Certo che se consideriamo (coma ha fatto la Pivano verso marzo credo) Vasco Rossi un cantautore allora sono d’accordo con tutti. Inoltre se non sbaglio credo che un libro di Rondoni si apra con una citazione del Vasco nazionale. Ripeto non voglio fare polemica dico solo la mia in simpatia.

    P.S. ( e se avessi detto che Tiziano Ferro è un poeta? )
    Emiliano

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 10:47

  43. Anzi mi correggo, non “alcune cose” ma il 65 per cento di quello che ha scritto De Andrè è poesia (ovviamente parlo per me).

    Emiliano

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 10:49

  44. Ho sbagliato scusate volevo scrivere il 95 per cento. Scusate ancora(scusa Matteo)

    E.

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 10:50

  45. rondoni è adulto e vaccinato e può inserire come giustamente scrivi un pezzo di canzone di vasco all’inizio di un suo libro (mi pare il bar del tempo, ma potrei dire castronerie). così come altri possono sposare questa/e teorie ed essere persone stimate e considerate.

    cucchi su qn scrisse che “come stai” era un bel testo poetico, e io già qui ebbi da dire. ma non su vasco… né sgalambro… né de andrè…
    a me nulla toglie tutto questo da quanto sopra scritto.

    cioè non si deve fare casino tra poesia e poetica. non si deve fomentare il casino tra poesia e canzone d’autore.

    qui si prova a giocare a calcio col pallone da rugby. e così non si gioca a calcio… non si gioca a rugby… si fa altro.

    e se qualcuno provasse (per ipotesi) a giocare a calcio col pallone da rugby perchè col primo non è esattamente maradona o pelè… beh a me nulla toglie che quello sia sempre e solo un furbetto. e aspetto come sempre il tempo, gioioso galantuomo.

    matteofantuzzi

    14 dicembre 2005 at 10:55

  46. (de andré è un cantautore straordinario che ha scritto magnifici testi di canzone d’autore).

    ps. a proposito: andate a chiedere a guccini se è un poeta e vedete dove vi manda (giustamente)…

    matteofantuzzi

    14 dicembre 2005 at 10:57

  47. Si, il libro è Bar del tempo. E’ vero quekllo che dici, io infatti parlavo forse uscendo un po’ dal tema di emozioni. Dicevo proprio che leggendo alcune cose di De Andrè (però adesso che mi viene in mente sempre accompagnate dalla musica) provavo lo stesso piacere di leggere poeti con la P maiuscola. ( Che possono essere Rimbaud, Palazzeschi o Aldo Nove).

    E.

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 11:06

  48. Matteo, smetti di categorizzare senza motivare sui testi, la canzone fa parte della nostra tradizione, e i testi sono da valutare, accidenti! Non metterti su questa cattiva strada anche tu

    La Cattiva Strada (De André)

    Alla parata militare
    sputò negli occhi a un innocente
    e quando lui chiese “Perché”
    lui gli rispose “Questo è niente
    e adesso è ora che io vada”
    e l’innocente lo seguì,
    senza le armi lo seguì
    sulla sua cattiva strada.

    Sui viali dietro la stazione
    rubò l’incasso a una regina
    e quando lei gli disse “Come”
    lui le risposte “Forse è meglio è come prima
    forse è ora che io vada”
    e la regina lo seguì,
    col suo dolore lo seguì
    sulla sua cattiva strada.

    E in una notte senza luna
    truccò le stelle ad un pilota
    quando l’aeroplano cadde
    lui disse “È colpa di chi muore
    comunque è meglio che io vada”
    ed il pilota lo seguì,
    senza le stelle lo seguì
    sulla sua cattiva strada.

    A un diciottenne alcolizzato
    versò da bere ancora un poco
    e mentre quello lo guardava
    lui disse “Amico ci scommetto stai per dirmi
    adesso è ora che io vada”
    l’alcolizzato lo capì,
    non disse niente e lo seguì
    sulla sua cattiva strada.

    Ad un processo per amore
    baciò le bocche dei giurati
    e ai loro sguardi imbarazzati
    rispose “Adesso è più normale
    adesso è meglio, adesso è giusto, giusto, è giusto
    che io vada ”
    ed i giurati lo seguirono
    a bocca aperta lo seguirono
    sulla sua cattiva strada,
    sulla sua cattiva strada.

    E quando poi sparì del tutto
    a chi diceva “È stato un male”
    a chi diceva “È stato un bene ”
    raccomandò “Non vi conviene
    venir con me dovunque vada,
    ma c’è amore un po’ per tutti
    e tutti quanti hanno un amore
    sulla cattiva strada
    sulla cattiva strada.

    christian

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 11:53

  49. sanguineti è un grande poeta del secondo novecento. punto. poi, come quasi tutti, dice ogni tanto cazzate. l’altro giorno l’ha fatto. ripunto.
    de andrè, de gregori, guccini: grandi cantautori cioè uomini che hanno una grande sensibilità e competenze linguistiche, le quale, per coniugarsi, hanno bisogno di un supporto musicale (ma non voglio impantanarmi su una questione assai antica)

    gugl

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 14:23

  50. A me pare che questo testo stia in piedi da solo… Fortini dice: http://www.caffeeuropa.it/attualita01/135poesia-fortini.html

    “Approfondiamo per un attimo questo aspetto della poesia proprio come oggetto verbale. Che cosa è che chiamiamo poesia?
    Oggi – non due o tremila anni fa quando, probabilmente, la questione sarebbe stata diversa – quando noi diciamo poesia intendiamo (generalmente) una composizione, un testo non lungo dove sia possibile identificare un certo sistema che è indicato graficamente dagli a capo e poi anche da un congegno di pause maggiori, quelle che separano una unità ritmica da un’altra. Ebbene, queste possono corrispondere o non corrispondere alle intonazioni cosiddette naturali e in questo caso comunque le chiamamo verso.
    Ora, se io parlando o scrivendo faccio tornare ad intervalli uguali certi accenti e certi accenti tonici, si forma, come si suol dire, un’attesa tecnica. Prendiamo la comunicazione normale: “se mi dai quella mezza matita che è posata vicino al tuo libro, ti sarò molto grato, mio caro, e al più presto te la renderò”. Questo enunciato è un gruppo di quattro decasillabi e chi ascolta o legge si aspetta che il discorso continui ripetendo lo stesso schema ritmico. Molto spesso dei prosatori fanno uso di questi schemi ritmici con effetti vari.

    […]

    Ora, se a questo punto alle ricorrenze degli accenti si aggiungono le ricorrenze sonore, certi nessi vocalici o consonantici che vengono chiamati nel linguaggio della retorica le allitterazioni, le omofonie, o le rime, l’attesa dell’ascoltatore e del lettore si farà sempre più forte, sia che essa sia adempiuta, sia che essa resti delusa.”

    In questo caso non noti ad esempio, a parte le scansioni metriche che ritornano, le ripetizioni? ma non sono le ripetizioni di una canzonetta, non fanno il gioco della canzonetta, la ripetizione qui fa il gioco della variazione poiché l’autore sta dicendo attraverso una struttura che ha creato, e che funziona, non è scontata perché si fa interpretabile. Quindi questo testo (seguendo fortini) è una poesia.
    Perdonatemi comunque se ho usato le parole di un morto, ovvero Fortini, per questa trattazione.
    Christian

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 15:42

  51. consolati christian, di solito si dialoga quasi sempre con i morti. anche perché da omero in poi, sono parecchi…

    secondo me, “la cattiva strada” è una discreta poesia e un’ottima canzone. una filastrocca è invece una poesia infantile che si può cantare. poi ci sono le discrete/buone/ottime filastrocche cantate male o cantate bene, eccetera… insomma: la catalogazione è quasi infinita (e probabilmente inutile)

    con stima
    gugl

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 15:50

  52. Amburgo

    Lo specchio
    non m’ha detto
    e non suppone dove sei
    persa sulla lama di un’idea
    blu velluto spento
    ozioso nell’inverno cupo
    esilio e nuvole
    su Amburgo

    brilla,
    il lume brilla
    nel vapore
    appeso al vetro
    fuori è ovatta
    e passi svelti di portuali
    i caffè d’attesa han sonno
    e io sussulto ad ogni annuncio
    felice solo a non capire
    che si dice

    cercando, parlando
    pensando di te
    verrà, verrà
    il tempo per amare
    per dirtele queste
    parole seppellite
    dentro el cuore freddo
    dell’inverno

    l’oblò
    di una finestra
    apre un ritaglio
    di normale
    una libreria e una donna
    china sul giornale

    E’ l’ora in cui il diurno chiude
    e la città rimane a mezza strada
    indecisa sul da fare

    cercando, parlando
    pensando di te
    verrà
    il tempo per amare
    per dirtele queste
    parole seppellite
    dentro el cuore freddo
    dell’inverno

    s’alzano le foglie
    e si sollevano
    i rimpianti
    nei gemiti di amanti
    delle stanze confinanti
    non resta che fumare
    l’ultima gitanes arrotolata
    mi manchi sì
    ma non mi manca
    il tempo andato
    ed i suoi incanti…

    Vinicio Capossela (Camera a sud)

    eStrix

    14 dicembre 2005 at 17:17

  53. OT: E un bell’in bocca al lupo alla pecorella Fantuzzi? (lui sa benissimo perché…)

    Vincenzo

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 18:23

  54. Fantuzzi, in bocca al lupo, io non so perché. 🙂

    Secondo me trattare il testo di una canzone d’autore contemporanea tout court come una poesia è fuorviante. Le modalità di fruizione sono diverse, quasi sempre la qualità della canzone d’autore è data dall’interazione tra parole e musica. Ora voler prendere solo una di queste è come voler parlare della qualità del brasato al barolo dicendo che il barolo ti pare buono o discreto. E’ un po’ più difficile sapere se quel barolo è buono o discreto, ormai è tutt’uno con la carne! La percezione che si ha di un testo di canzone d’autore, quasi sempre è viziato dall’ascolto che ne è stato fatto. Per esempio, da appassionato di Battiato, mi facevo incantare più da “e ti vengo a cercare” che da “caffè de la paix”, solo dopo molto tempo e con una certa fatica mi è parso di trovare il testo di caffè de la paix più interessante; la difficoltà era dovuta al fatto che i tratti melodici del brano erano meno scontati, avevano tempi, ritmi e struttura più da telaio armonico che da melodia, con conseguenza ricaduta sul testo di tali dissonanze che ne modificavano anche la lettura. Ma non mi si venga a dire del ritmo del metro e della prosodia (intese come musica) della poesia, perché quelle sono molto più sottili e nettuniche.

    perdonate la cazzata…

    vocativo

    14 dicembre 2005 at 19:01

  55. bravo Voc, anche io fan di Battiato (da quasi 20 anni ormai…) ma da quando s’è accostato a Sgalambro è improponibile. Peggiora di disco in disco, checchè ne dica la critica.

    Per Matteo: in bocca al lupo, pur non sapendo il perchè. Ma quando ti muovi lo fai con oculatezza, indi se qualcosa bolle, è perchè ne vale la pena e hai meditato.
    fabiano

    anonimo

    14 dicembre 2005 at 20:29

  56. Caro Nestore,
    rispondo al tuo post #23.

    Ovviamente non mi riferivo a te, dalla foto in effeti vedo che usi occhiali neri, ma del lupetto grigio non ne sapevo niente. Giuro.
    Che tu poi ti immedesimassi non ne avevo idea, e quindi la tua risposta arrogante mi sembra fuori luogo, non trovi?, e forse anche maleducata.

    Che poi il mio tono fosse professorale, beh, dai un’altra letta al post.

    Quello che volevo dire, ci riprovo, che immedesimarsi nel ruolo di critico o di poeta tout-court è triste e sterile, e spesso la forma copre la poca sostanza.
    Si dice che l’abito non faccia il monaco. Molti invece indossano il saio, e nella definizione che poi si danno ci cascano dentro in pieno, perdendo ogni senso critico nei propri confronti, e la giusta ironia che sdrammatizza ogni situazione.
    Tutto qui,
    Marco.
    ps: da un poeta mi aspettavo una metafora più calzante di Biancaneve e i sette nani 🙂

    anonimo

    15 dicembre 2005 at 08:47

  57. l’articolo iniziale del saggio Fabbri, verteva sulle scuole-accademie-circolini che predominano (in molti usi e costumi). Uno dei modi per dominare in assoluto è la spaccatura – inutile – che avviene spesso nel “sottobosco” (che siamo noi, se cosi possiamo definirci…) incapaci di una qualsiasi unità.
    E se tra noi siamo spaccati per futili fraintendimenti, se ci attacchiamo come bimbi ai presunti sgarbi che supponiamo di riconoscere qui o la, anche in territori neutri come UniversoPoesia, quale è il senso di discutere su cosa è bene o cosa no?
    Siamo ancora dell’Italia degli staterelli? uno in lotta con l’altro per un metro quadro di fuffa?
    Dai ragass, siamo qui per parlare, non per azzannarci come mastini. I mastini da azzannare sarebbero ben altri, e se rileggiamo l’intervento iniziale, un po di domande dovremmo porcele….e le risposte sono cosi chiare….
    fabiano

    anonimo

    15 dicembre 2005 at 12:25

  58. Su questo tema vorrei dire delle cose banali, semplici, ma risolutive: innazitutto la cosa più importante è costruirsi un proprio sistema di conoscenze, non nel senso dell’asservimento lobbystico per pubblicare su riviste o rivistine (per cui si invita quello che è amico di quello che cura quella collanina o l’antologia etc), ma svincolarsi da questa logica – oggi è possibile, e chi si comporta così si confronta seriamente, con presa di responsabilità maggiore (certo ce l’ha anche più dura, ma la via della poesia è dura).
    Ciao, christian

    anonimo

    15 dicembre 2005 at 12:36

  59. fischia quanta roba, allora:

    grazie per gli auguri (che sono extra-poetici)

    poesia e musica. dato che fino a prova contraria (ma già qui so che dissentiamo) la poesia è scritta, i testi delle canzoni riportate sarebbero difficili da proporre come poesia tout-court, ripetizioni… rime semplicistiche… ribadisco non la voglio fare troppo difficile, ma prese come poesie manca quel quid. e quel quid è la musica. provandole a mettere senza autore in una rivista credo moltissimissimi avrebbero da ridire.

    fabiano ha ragione (tranne sul fatto che ci azzanniamo…), per questo ho scritto anche: “leggete bene l’intervento iniziale di fabbri”. perchè secondo me per come è scritto qua non si stava denigrando in maniera esemplificativa atelier (come qualcuno ha sentito come occasione -molto ironica- per fare), anzi: ricordo che atelier per spostare dal cono d’ombra diversi, da rebora in avanti (fino cioè alle generazioni indicate da fabbri stesso), s’è molto applicato, preferisco sempre chi fa a chi non fa perchè tanto tutto è già deciso, tutto è lobby ecc. ecc. perchè comunque in quello io vedo volontà di dialogo. se no nemmeno qui io dovrei fare parlare alcuni, scusate… sarebbe un discorso del menga… vietato ai minori di… e ai maggiori di… ai più alti di … e i più bassi di… ragazzi !!!

    le lobby sono basate su una reciprocità: lobbyzzatori e lobbyzzati, cioè in quest’ultimo caso un popolo bue che si lascia lobbyzzare passivamente. ecco su quest’ultimo punto io mi permetterò sempre di dissentire.

    e comunque volèmose bbene.

    (spero bene o male di avere risposto a tutti/o)

    matteofantuzzi

    15 dicembre 2005 at 14:56

  60. lobbyzzare o lobizzare?
    (in fondo hanno lo stesso significato)

    gugl

    anonimo

    15 dicembre 2005 at 15:12

  61. Senti Marco, io non so chi tu sia, ma certo non devi dire che la seconda parte del tuo commento non sia contenitore di una certa allusività alla mia persona (dal momento che nei miei interventi al post hai potuto ben vedere la mia fotografia, che per davvero porta all’evidenza un lupetto scuro e un paio di occhiali). Chi legge, dall’altra parte del mondo virtuale, cosa può pensare? Poi qui tu rimarchi il fatto di certe persone che buttano là poca sostanza dietro una forma ammaliante(?)…ma cosa deve pensare una persona? Mi spiace: se l’individuo al quale ti volevi attaccare non ero io (posso aver capito male, mi succede talvolta: leggo distrattamente), ti chiedo scusa: ma, ripeto, tu devi spiegarmi cosa vuol dire la seguente affermazione che qui ti riporto: “… a volte le persone si immedesimano un po’ troppo nel ruolo che si danno, e aimé tanti indossano un lupetto nero e un paio di occhiali per ritrovarsi una bella allo specchio con la barbetta riccia e bianca e una rotonda faccia da critico”. Dal momento che io mi ero rivisto in questa pittura suggestiva (e sfido altri a non riconoscersi: poi tu mi vieni a dire:”se ti ci vedi vuol dire che hai la coda di paglia…”) come non prendere per offesa la frase ambigua e multifunzionale al senso che dice essere il riflesso (o l’inverso) di colui che ti appare allo specchio…? Insomma, io avrò usato una metafora stanca, ma tu non venire a rimarcare il fatto del parlar bene senza aver nulla da dire. E, comunque, se non ero io il diretto bersaglio: dimmi, chi è, dal momento che hai avuto il bisogno di parlarne in luogo pubblico? In fondo la curiosità, a questo punto, non è soltanto mia.
    Non volermene.
    Inoltre vorrei sapere quale Marco rappresenti: tanti portano questo nome, in effetti.
    Non amo offendere, se non per legittima difesa: anzi, ora ti saluto invitandoti ad accettare la mia amicizia (se tu la gradisci).
    E colgo l’occasione per augurarti il buon Natale.
    Gianfranco

    nestore22

    15 dicembre 2005 at 17:56

  62. Gianfranco,
    grazie per la tua risposta, ma spesso piccoli fraintendimenti possono produrre effetti non voluti.

    Allora, ti assicuro che lupetto grigio e occhiali neri corrispondono alla prima immagine che ho avuto in mente pensando ad un critico, e chissà che nel mio cervello non girasse il volto di Cucchi, come se pensassi ad un infermiere vedrei un camice e un paio di zoccoli bianchi.
    Quindi, nessun riferimento personale, ti assicuro, e non ce ne sarebbe stato motivo.

    Ci riprovo (ter).
    Cosa intendevo dire con “… a volte le persone si immedesimano un po’ troppo nel ruolo che si danno, e aimé tanti indossano un lupetto nero e un paio di occhiali per ritrovarsi una bella faccia allo specchio con la barbetta riccia e bianca e una rotonda faccia da critico”?

    Io credo che spesso noi uomini assumiamo un’immagine che poi adattiamo alla nostra identità, o meglio, ci costruiamo sopra la nostra identità, e fin qui, per quanto questo processo sia pericoloso perchè se l’immagine svanisce poi anche la personalità oscilla, non c’è nulla di male.
    Altre volte invece questo processo porta ad un’esaltazione di sè stessi, all’arroccarsi dietro quest’immagine e a renderla assoluta, cioè diventa poi l’unico modo con cui ci si relaziona col mondo.

    Sublimare quest’immagine significa poi portarla alle estreme conseguenze, immagina D’Annunzio, ad esempio, e spesso conduce all’arroganza, e anzi più sappiamo che quest’immagine non corrisponde al vero e tanto più si è portati a difenderla con comportamenti sprezzanti e di chiusura, perchè il vero confronto diventa pericoloso.
    Le elite e le caste hanno spesso questa caratteristica: noi siamo qui, noi siamo belli, voi siete fuori, voi non ci potete capire e voi non ci interessate.

    Comunque questa è una mia idea, e magari non corrisponde in generale al vero, ed è frutto della mia avversione contro le etichette e l’assolutezza.
    Come non diciamo di essere calciatori pur giocando tre volte a settimana a calcetto, allo stesso modo definirsi poeta, scrittore, musicista mi suona in modo altisonante, tranne nel caso in cui non diventi una vera e propria professione, dove allora l’etichetta è la forma contratta del dire “io per lavoro faccio il poeta, oppure il calciatore”.

    Chi sono.
    Mi chiamo Marco e sono di Macerata, una laurea in fisica e sei anni di lavoro nell’informatica a Roma, e ora di nuovo nelle Marche. Mi sto prendendo un momento di stacco dal lavoro e di riflessione, nel frattempo scrivo poesie, racconti e sono a buon punto con un romanzo, che l’esornativo amico Luca Alvino legge e corregge.

    A presto e scusa la prolissità,
    Marco.

    anonimo

    16 dicembre 2005 at 11:12

  63. Adesso ti sono vicino e comprendo pienamente quello che volevi dirmi.
    Spero di avere un nuovo amico in piu’ nelle Marche (oltretutto nella mia cara Macerata).
    Mi piacerebbe stare in contatto con te, anche per svelarti la mia vera indole e il senso prezioso che ho dell’amicizia. Ti spiace se ti fornisco l’indirizzo elettronico? Eccolo: gianfrancofabbri@libero.it

    A presto, Marco

    Un carissimo saluto,
    Gianfranco

    splonder

    16 dicembre 2005 at 14:26

  64. Questo, ma ormai molti avranno capito, e’ un mio blog bacheca.
    Lo avevo gia’ svelato al Matteo, pungolandolo con i miei scherzi ironici nei commenti. ma adesso diventa il segreto di Pulcinella, e dunque ti aspetto anche la’.
    Di nuovo
    G.

    splonder

    16 dicembre 2005 at 14:28

  65. questa mi sembra in tema:

    che mi si dilati una sera
    che la si spalanchi come un ginestra,
    una scorciatoia per i latinisti
    e gli arrampicatori di cattedra,
    la poesia inonda i bracciali delle vedove
    di quelli saltati in aria lungo l’autostrada,
    questa dignità esondabile dalla piena della vanità,
    letto il fiume retto il paralume nell’accademia
    stavano i guasti e i giusti e nulla
    accadeva per caso, tutto accadeva nel luogo,
    Bergson presiedeva la cena reggendo in mano
    il moccolo sbrodolato di una candela.
    e saccente, stava, il busto di Falcao
    sopra un capitello romano.

    A

    anonimo

    16 dicembre 2005 at 20:56

  66. Per chi è interessato, trovate delle poesie di Brugnaro e di Guillen che ho recuperato da “Dea Cagna”, rivista di Reggio Emilia http://lellovoce.altervista.org/article.php3?id_article=187

    ciao, Christian!

    anonimo

    17 dicembre 2005 at 11:31

  67. Caro Gianfri,
    in realtà in circolazione ci ho messo una plaquettina di 10 testi, accompagnati da opere riprodotte di Wladimiro Tulli. Questa plaquettina – che si intitola “Figure senza erbario” – è edita da “La Spina” di Venezia: ho accettato di pubblicarla perché sono solo 150 copie con scarsissima distribuzione. Mi è molto cara, paradossalmente anche più di “A tempo nuovo”, perché si tratta di un “piccolo testamento del volere”. E anche perché il curatore della collana è Danni Antonello, che non è solo un redattore di “Ciminiera” ma di più e soprattutto un amico del cuore. Ma l’essermi cara non significa che mi attendo per essa chissà quale riscontro: tutt’altro. Avrei scritto post per pubblicizzarne l’uscita, cercato ganci per presentarla per tutta Italia, mosso canali amici per ottenerne recensioni. Invece, puntualmente, me ne frego. Semplicemente sono lieto – qualora non mi venisse più da scrivere – di aver effettuato la stesura di un testamento in cui riconoscermi totalmente. E di aver trovato un escamotage per non spendere milioni in regali di Natale.
    Qualcuno poi, dici, recensirà “A tempo nuovo”? Faccia pure. Oppure il contrario, per me è lo stesso. La vera differenza, vedi, è tutta a monte: ossia nel distacco assoluto dalle cose. Io ho sottratto al “mercato” anche ideologico un libro che ha preso vie alternative di diffusione. Quello che produrrà non mi interessa. E non mi riguarda nemmeno. Né permetterò a chicchessia di travolgermi nel pantano che tu delinei nel presente corrosivo e che tutti – proprio tutti – sanno. A tale riguardo, riacquistata la libertà di scrittura (perché totalmente svincolata da etichette, riscontri e biglietti da visita: il problema è semmai di chi riceve il dono, non di chi lo fa), perché dovrei tirarmi fuori dal “dire”? Non l’ho mai pensato. A meno che – il che è possibile – non soffi più il vento.

    FilippoDavoli

    17 dicembre 2005 at 17:52

  68. Caro Sinicco,
    ma siete davvero buffi: avete sì e no un testo pubblicato e pretendete di insegnare agli altri quanto si deve lavorare (senza peraltro lesinare stroncature a chi ha lavorato molto ma molto più di voi). Chi fermerà questo delirio (sanissimo, se fosse anzitutto autoriferito)? Alvino è un figo! Lo dice uno che, per quanto dimissionario dall’ambiente, ha all’attivo nove libri, un premio montale per l’inedito, un libro finalista al Bellezza e tante altre cose. Non contano un cazzo? Ok, ma almeno ci sono. Alvino è un figo e come scrive mi piace molto.

    FilippoDavoli

    17 dicembre 2005 at 18:12

  69. Sono d’accordo con te, Filo. Il pantano in qualche anfratto c’è e tutti ne sono convinti. Non tutti confessano però.
    Ho appena gustato il post che hai pubblicato, su Fuliggine, e , sinceramente, questa diatriba diventa un po’ oziosa. Comunque sia, nel mio commento sopra esposto, intendevo dire che è umano il voler esserci, anche se talvolta si avverte il bisogno di prendere le distanze dall’ambiente dove ci si esprime con maggiore evidenza. Tutto qui, in parole semplici semplici.
    Gianfri

    nestore22

    18 dicembre 2005 at 21:32

  70. Ma quali distanze hai preso, in realtà? Qui ci sei, in FuoriCasa ci sei, allo Spallicci ci sei… hai solo mollato “Ciminiera”, mi pare…
    😉

    FilippoDavoli

    18 dicembre 2005 at 22:03

  71. Filippo, sarà che a me dei premi non me ne frega molto, ma il testo che ho letto non era entusiasmante – poi sai benissimo che io non pontifico, ma non ho peli sulla lingua, e le cose le ho sempre fatte professionalmente (o almeno ho cercato; non mi è piaciuto inoltre che si usasse una stroncatura per mandare in quel paese una redazione; anche perché secondo me le stroncature servono forse di più delle protezioni e degli elogi). Caro Filippo, anche nei tuoi confronti (controlla su fucine) ho detto qualcosa, senza che a me mai ne venisse fuori qualcosa (come tutti si spingono per essere pubblicati, avere rapporti, a destra e a manca; aspetto per cui dei tre libri che ho pronti solo uno è stato pubblicato), comunicando e basta. Se poi ci si relaziona, ok, ma non sono io il tipo che ti chiede di essere compreso, ammirato, e quindi non capisco nemmeno questa tua stupida lezione (non hai che pubblicato che un libro…? se ci si misura sulle pubblicazioni, stiamo freschi).
    Il lavoro che io faccio, in solitudine e senza chiedere niente, lo porto avanti da dieci anni. Ci sarà forse chi lo fa da più anni di me – bene, un’altra voce.
    Io non pretendo di insegnare nulla a nessuno, ma mi pare anche di non dire delle sonore sciocchezze (o perlomeno di dire delle cose motivate).
    ciao, sereno natale,
    Christian

    anonimo

    19 dicembre 2005 at 10:04

  72. Qui ci sono solo per questo post: non faccio parte di UP ; in FuoriCasa ci sono per due flash di riflessioni su due libri. Il blog è chiuso e sul premio Spallicci ho sempre detto che ne avrei fatto parte attiva. Non vedo poi molta contraddizione. Le prossime settimane mi leggerai solo da Massari e C.
    Ciao, Filo.
    Gianfri

    Approfitto del commento a te per augurare a Matteo (come è andata?…)e ai frequentatori di questo blog un buon Natale e un 2006 eccezionale.
    Gianfranco

    anonimo

    19 dicembre 2005 at 16:59

  73. Caro Christian,
    come diceva De Crescenzo, se la ricchezza non fa felici figuriamoci la povertà… Traslato nel nostro discorso può significare “se non conta nulla aver fatto cose, figuriamoci non averne fatte”. Ma è piuttosto un guasto generazionale (della tua generazione, intendo) che non personale tuo. E infatti, prendendo lo spunto da te, mi rivolgevo a più destinatari. Solo che, proprio come non si può generalizzare (è di questo che mi rimproveri), credo non si possa parimenti stigmatizzare una boutade in versi per buttare con essa un impegno di cui noi tutti ignoriamo consistenza, durata e onestà. Almeno fino a prova contraria. Della serie: avresti fatto lo stesso commento se lo scritto avesse recato la firma di De Angelis o di Bacchini? Forse no (per la storia che hanno? Se rispondi sì, allora aver pubblicato conta qualcosa…); forse sì (ma quante cosacce spacciate per meraviglie ci tocca leggere ogni giorno, regolarmente pubblicate?). Mi rimane un solo dubbio: davvero una boutade in versi può smantellare una redazione come quella di Atelier?

    FilippoDavoli

    19 dicembre 2005 at 20:58

  74. Filippo, io non faccio sconti a nessuno, nemmeno al mio editore, che ho criticato diverse volte, pur sapendo che in questi anni si è impegnato. In secondo luogo, se uno deve fare una critica ad atelier, dovrebbe perlomeno utilizzare degli strumenti critici, ovvero analizzare cosa hanno fatto, scritto, etc. Come quando continuano ad affermare che parte le implicazioni dell’avanguardia non fanno parte della scrittura di questa cosiddetta gioventù, che significa proprio non aver sottomano i dati (metacontesti, performance, ipertesti, astrattismo, metamorfismi, informale, etc etc), anzi è una proiezione delle motivazioni di rivista, ma non è fondato come discorso critico. Il problema è che si fa ancora una critica di genere. Su internet: guarda che con questo discorso tuo calza a pennello a proposito di quello che ha scritto Cucchi sul nuovo numero di ulisse: Maurizio ha detto, in pratica, che internet è un luogo dove le persone non si prendono le proprie responsabilità. Per quanto riguarda la generazione degli attuali 20/30enni, aspetta il mio articolo su Fucine Mute, numero che uscirà il mese prossimo. E non permetterti di utilizzare nessuno come pretesto (soprattutto se non lo conosci), le cose le puoi dire chiaramente, ma la chiarezza necessita anche conoscenza, come avrebbe dovuto fare anche Fabbri con questo articolo, ovvero fare nomi, cognomi. Andare frontalmente.
    Christian

    anonimo

    20 dicembre 2005 at 08:13

  75. Accidenti, mi si è cancellato il lungo post mentre lo stavo inserendo.
    Bene, riscriverlo non mi è adesso possibile.
    Il sunto? Eccolo: un corrosivo ha il compito di evocare fatti e persone, fa da catalizzatore. Gli “sfiorati” in genere vengono a galla da soli.
    E chi si sentiva di venire a galla, nel nostro caso, è già bell’e che arrivato: con le oneste polemiche di Sinicco (al quale dico che, nel caso del mio post, avrei dovuto redarre una lista di nomi più lunga di quella di Schindler…), con gli inserti di strani marchigiani, laureati in informatica, che conoscono però benissimo il meccanismo dell’ambiente della poesia, e con i silenzi di altri, che, non potendo “rischiare” con il club di riferimento, sono stati ad osservare dietro le quinte.
    Il mio corrosivo ha quindi centrato il proprio obiettivo: non vedo come avrebbe potuto essere diverso.
    Sinicco, quando si appongono nomi e cognomi lo spazio relativo si chiama “dossier”; ma in tal caso l’ironia, la perfidia e la corrosività allusiva non c’entrano per nulla, mentre sono le perle di un corrosivo vero.
    Tante belle cose da Gianfranco

    nestore22

    20 dicembre 2005 at 11:21

  76. Caro Christian,
    diceva una battuta di un film: “nella pazzia di quelli che sanno prendersi in giro c’è più saggezza di quelli che si prendono sempre sul serio”. Strumenti critici, analisi, bilanci… uff, davvero non ne posso più. Dirai: tu, non ne puoi più! Già: io. Io non ne posso più. Trovo invece gradevole una boutade in versi, che certo non ambisce ad essere una analisi critica in versi. Poi (torno a dire) se bastano i versi ariosi di un ragazzo sconosciuto a far crinare le fondamenta di una rivista pluriennale come Atelier andiamo male… (per la rivista, intendo!). Poi: non mi permetto di utilizzare nessuno come pretesto, ma spero di poter ancora parlare scegliendo per interlocutore quello che ha parlato prima di me. Se poi vuoi chiarezza di nomi, dei trentenni salvo integralmente – poeticamente, intendo: personalmente è un’altra cosa – Ponso, Gezzi e Del Sarto. Resto tuttavia convinto del fatto che Gatto, Penna e Sereni erano più bravi di loro. Infine, a differenza ed anzi al contrario di Cucchi, penso che in internet le persone si sentano investite di una responsabilità che nella vita proprio non hanno, né potrebbero spesso avere, anche in forza della loro giovanissima età. Quanto al corrosivo di Gianranco, penso manchino ad esso soltanto le foto dei protagonisti: nomi e cognomi può non individuarli solamente uno degli innocenti con cui da un po’ di tempo ho scelto di trascorrere il mio tempo, lontano dai bailamme letterari.

    FilippoDavoli

    20 dicembre 2005 at 15:41

  77. Buonasera a tutti,
    mi sono infilato su questo blog tenendo dietro al mio mio esornativo amico Luca.
    In un minuto sono involontariamente riuscito a polemizzare con Gianfranco (spero avrai inteso ora il senso delle mie parole), e dopo due minuti ho incontrato un altro maceratese.
    E per chi non vivesse a Macerata, vi assicuro che nella città dei cancelli e delle carceri non è da poco.

    E per conoscerci ho messo in un blog dall’orribile veste grafica (pollini.splinder.com) qualche verso che mi auguro non vengano tacciati come esornativi – questo è un aggettivo oramai proprietà dell’amico Luca e non mi permetterei mai di sfilarglielo –
    Di paroleper dire che una cosa non va ce ne sono in effetti a bizzeffe…

    Marco.

    marcoram

    20 dicembre 2005 at 18:14

  78. mi devo essere perso qualche passaggio, tipo le implicazioni che tutto quanto sopra possa avere provocato in atelier

    christian, dove si trova quel passaggio di cucchi a cui ti riferisci ?

    gianfranco, tutto per il meglio, ti ringrazio. ne approfitto anche per ribadire come già accennato che:

    l’articolo di gianfranco ha natura episodica
    non si tratta di cor(ro)sivo ma di discorsi spesso fatti inter nos e messi su carta
    non parte con questo una collaborazione a UP.

    e i nomi servono solo a creare liste, ha ragione gianfranco. abbraccio tutti

    matteofantuzzi

    20 dicembre 2005 at 18:27

  79. c’è un intervista a Cucchi sul nuovo ulisse: “Quindi sei più per i fogli letterari veloci e per le riviste “on-line”?

    No, non on-line. Per quel poco che vedo, Internet è una cloaca. E, cosa più grave, presta il fianco a modalità comunicative assai discutibili. Uno dei punti inaccettabili è la possibilità dell’anonimia; a me hanno insegnato che una lettera anonima è un esempio di inciviltà: puoi dire qualunque cosa, però ti devi far riconoscere.” Il collegamento è http://www.lietocolle.com/index.php?module=subjects&func=viewpage&pageid=1451

    ciao! c

    anonimo

    21 dicembre 2005 at 10:02

  80. Filippo, se parlare di analisi, ti stufa, bene, non farne nemmeno tu, di qualsiasi cosa trattino. Scrivi solo poesia. Non trovi sia questa l’onestà?

    Gianfranco, fai la fabbri list. Hai paura?

    ciao, Christian

    anonimo

    21 dicembre 2005 at 10:10

  81. Caro c,
    internet come tutti i mezzi di comunicazione ha vantaggi e svantaggi.
    Quello che tu dici sull’anonimato può essere vero, ma è altrattenato vero che permette una comunicazione immediata tra le persone, economica e bidirezionale.

    E se c’è confusione è solo perchè spesso e volentieri c’è disorganizzazione.

    E ogni modalità comunicativa ha il suo perchè. La poesia è un modo per comunicare, così come un telegramma o una rivista cartacea, e forse internet ha il pregio di permettere a tutti di partecipare in modo veloce, in un momento in cui il tempo è diventata la cosa più preziosa.
    Marco.

    anonimo

    21 dicembre 2005 at 10:16

  82. Caro Christian, ho paura solo della Morte. Di quella, sì. Paura grande.
    Il resto è cosa che appassisce nel breve volgere di tempo.
    Nomi sotto comando non ne faccio, ma presto scriverò un nuovo corrosivo (che pubblicherò da me, riaprendo eccezionalmente il mio blog, e buttando giù qualche nome e cognome?
    Gianfranco

    nestore22

    21 dicembre 2005 at 11:45

  83. Togliete l’ultimo punto interrogativo.
    Grazie.
    Gianfri

    nestore22

    21 dicembre 2005 at 11:46

  84. No, caro Christian. Non mi va di fare l’analisi dell’analisi, ossia la critica della critica. Specie considerando che – per vicinanza di tempo e permanenza in vita (speriamo più a lungo possibile) dei protagonisti – spesso si risolve in agiografia o invettiva. Mentre mi piace fare l’analisi delle opere; mi piace leggere e dirne. Lo trovi molto incoerente? Io no.

    FilippoDavoli

    21 dicembre 2005 at 13:50

  85. Filippo, trovo che ti contraddici in diversi punti (ed è umano): bene, allora fai solo critica testuale e scrivi poesie, e non parlare sulla sociologia della letteratura. Vuoi aggiungere ancora qualcosa alle tue possibilità? Perché più aggiungiamo, più ci vuole etica ed epistemologia, non credi? Questa è la mia critica; ma la finisco qui, in definitiva il tuo è stato uno sfogo e mi hai preso in mezzo senza una reale conoscenza.

    Marco leggi otium et negotium (http://lellovoce.altervista.org/article.php3?id_article=36), penso la mia posizione su internet sia chiara.

    Gianfranco, perché avere paura della morte? Strafregatene alla grande. I nomi se vuoi falli, ma almeno così si fa critica senza mascheramenti.

    Beh, cosa rispondete da questa “cloca”?
    🙂

    Abbraccio, C

    anonimo

    21 dicembre 2005 at 22:00

  86. intendevo “cloaca”:-)

    christian

    anonimo

    21 dicembre 2005 at 22:01

  87. Christian, ho letto l’articolo che mi hai indicato.

    Concordo con te su alcuni punti, meno su altri.
    Internet non è diversa da un’edicola o da una libreria con infinite testate ed infiniti volumi, e non necessariamente genera consumismo di informazione e schizofrenie da naviganti.
    Se ci pensi bene, forse anche tu ti limiti ai soliti dieci, venti, trenta siti sugli infiniti possibili.
    Quali? Forse i migliori, forse quelli che ti interessanno veramente.
    Di certo offre, data l’economicità, maggiori possibilità a tutti di pubblicare i propri versi oppure di incontrare persone, e il successo di un sito credo sia proporzionale alla qualità del contenuto, nel senso della sostanza più che della forma.

    Internet poi è uno strumento multiforme: può essere la replica di un giornale, di una televisione, di una radio o tutto quanto insieme.

    Che poi il mezzo semplice fornisca l’occasione e generi una babele è inevitabile, ma come sono passati gli anni settanta e sono rimaste giusto dieci riviste di politica, tra poco rimarranno dieci siti di poesia…

    Marco.

    marcoram

    22 dicembre 2005 at 13:48

  88. cucchi rischia che un rapido ragionamento da “principi di logica matematica” crei danni: a) in internet tutto fa schifo b) ho una rubrica internet c)…
    e questo per ridere un poco, poi è vero che ci sono siti ottimi rovinati da imbecilli, cosa che qua non accade e a me pare sempre un miracolo.
    detto questo e tornando a parlare di raboniane generazioni l’articolo-intervista di cucchi è davvero davvero davvero interessante, anche sociologicamente.

    va altresì detto, è un’analisi che mi permetto, che la maggiore diffusione della poesia passa proprio dal passaparola di reading, festival e internet, che poi come sottolinea cucchi sia un micromondo a leggere le riviste, questo è vero ma nulla vieta di riprodurre come dice marco una ultra-funzione della rivista cartacea nello strumento internet, in questo certi siti lavorano (o lavorerebbero, salvo cretini, appunto) in maniera mirata.
    in tutto questo non deve però andarsi a perdere allargandosi la base la qualità del testo, tutti possono pubblicare sulla rete, ma non tutto quello che si pubblica concorrerà al nobel, esistono anche nella critica siti seri e altri terribili: il passaparola deve servire anche a consigliare buoni siti, buoni critici, buoni libri da leggere e pure da acquistare se si vuole. ma già leggere è buona cosa.

    ci sarebbero un mucchio di cose da dire, di spunti, ma sono ancora un poco in questo clima di riposo. segnalo solo l’ufficialità via vibrisse-davide bregola (lo sapevo già dalla fonte diretta, ma se lo dicevo mi friggeva… ricercare si trasferisce da reggio emilia non a macerata come sembrava inizialmente ma a san lazzaro di savena, alle porte di bologna, e cambia anche dicitura, ma quella mi pare non sia stata scritta e quindi lascio stare…)

    ed è in ristampa “diario del pane” di stefano massari come già avevo preannunciato. editore raffaelli. tutte le info su fuoricasa.

    (poi vengo citato via absolute poetry-page blanche per la prima volta su Nazione Indiana, ma appunto è una cosina)

    matteofantuzzi

    22 dicembre 2005 at 15:49

  89. Christian, adesso riposiamoci.
    Ti mando un abbraccio natalizio.
    Iniziamo a volerci bene, questo è meraviglioso.
    Io, a prescindere dalla mia impulsività, sono molto affettuoso e in questo momento vorrei tenervi tutti stretti al mio cuore. Sia intesa, questa mia affermazione, come non banale (a volte ho paura di esserlo, ma è meglio che me ne freghi delle paure).
    Gianfri

    nestore22

    22 dicembre 2005 at 17:49

  90. La poesia salva la vita?, parafrasando il titolo di un libro della Bisutti… direi assolutamente no… semmai la riduce a brandelli…
    Ciao Gianfranco, Ciao Matteo, Ciao Filippo, state bene… un abbraccio

    anonimo

    22 dicembre 2005 at 19:22

  91. Quello sopra ero io.
    Fabio Ciofi

    anonimo

    22 dicembre 2005 at 19:24

  92. A me piace pensare Marco che siti/blog aumenteranno esponenzialmente, e i portali capaci di essere produttivi in più sensi – come sito, come organizzazione di eventi, come discussione/dibattito culturale, come produzione di supporti multimediali o di altri supporti, video/registrazioni – avranno più successo.
    Come funziona l’integrazione dei mezzi? L’era delle riviste che fanno una cosa soltanto, e non si applicano anche su questi, altri, fronti, è finita: so quanto costa allocare gli spazi su web, quanto costano i prodotti multimediali, siano essi proprie e vere produzioni video, o semplici trasmissioni di interviste. fucine.com ad esempio con i suoi 2000 e più articoli è un colosso, e all’associazione costa abbastanza mantenerlo in vita, ma la solidità dell’operazione è tale che, volendo, possiamo ospitare pure le produzioni di altri – io posso proporre alla redazione collaborazioni sempre più strette con sperimentatori che fanno cose importanti come Massari, e tutta la redazione di secolozero/fuoricasa, ma pure ho la capacità organizzativa per passare a presentazioni live di questi prodotti (come associazione organizziamo catodica, il 10 gennaio a Trieste: è un festival di produzioni video sperimentali). Le cose però non si fanno dall’oggi al domani – sono 6 anni che esiste la rivista su cui scrivo, e l’associazione Fucine Mute proprietaria del sito esiste da appena tre anni, e ne ha viste di tutti i colori, e per sopravvivere i giornalisti contribuiscono e hanno accettato il minimo sindacale come “salario”. Ma vedi, questo festival è possibile perché le associazioni a Trieste si stanno mettendo in rete e già diverse collaborano, diminuendo i costi e alzando la qualità delle iniziative grazie le professionalità messe in comune. Questo necessariamente accadrà nei prossimi anni anche alla poesia sul territorio (e per questo ti dico che le tecnologie della trasparenza incidono sul quotidiano, ovvero è passata una modalità che permette di alzare il livello, abbattere i costi, purché ci sia rete:-) La rete non è chi fa da sé fa per tre: diventa moltiplicatore chi fa da sé per e con gli altri. E questo approccio genera pubblico immediato – tu pubblichi un blog, qualcuno passa di lì; se è interessante si ferma, se no prosegue.

    Da un po’ di tempo qui su univ.poesia, vedo discussioni datate. In generale l’ambiente oggi è susseguirsi di operazioni datate (e molti criticano ancora immersi in limiti, son lì a perdere tempo per pubblicare su una rivista, alle volte mi vien da pensare che la gente ha problemi). Questo è un ambiente oramai in macerazione che cerca di riciclarsi senza aver capito come fare: ad esempio, vedi la divisione tra riviste on-line e cartacee operata su Ulisse – anche se Broggi mi ha spiegato che tale divisione era necessaria per via della quantità di riviste, siti, blog, che trattano poesia – che per me è una divisione assurda, poiché la sfida è proprio l’integrazione dei mezzi che rilancia i risultati su piani diversi (e bisognerebbe dare spazio a queste realtà, che sono il nostro futuro). Ma perché tale divisione accade? Non sarebbe stata cosa migliore osservare i diversi comportamenti tra le riviste, e poterli confrontare subito, poter osservare l’elasticità e la rigidità di molte organizzazioni? Credo che c’è ancora molta paura, paura di perdere centralità da parte di molti che si sentono evidentemente “inadeguati” o “obsoleti” (che forse con un po’ di curiosità e slancio potrebbero anche fornire delle professionalità ad altri), paura di perdere le protezioni da qualche lobby in cui invitando quello o quell’altro ci si è riusciti ad inserire. Insomma, l’ambiente vive su mezzucci. Ma non è colpa di internet, è colpa di chi, puntando l’indice sui piccoli problemi (come Cucchi in quell’intervista) non riescono a fare un ragionamento sulle potenzialità – questo ragionamento non accade o perché non se ne ha la capacità, o nel migliore dei casi per salvaguardare il proprio giro: c’è chi ha già i propri canali per fare ciò che vuole; che senso avrebbe giustificare qualcosa che non riescono o non possono controllare, indirizzare.
    Ma queste potenzialità se sviluppate porteranno i siti, blog, channel di poesia, a comunicare in modo migliore per accontentare più fruitori, più consumatori, diversi, eterogenei e famelici, di poesia, di tante espressioni poetiche e non di una linea che si intende privilegiare – questo intendevo dire a Gabriel quando si parlava di esecuzione, o di canzone con Fantuzzi; lo spazio è più vasto di questo piccolo, e bisogna produrre navigazioni in più luoghi, non le solite vie, poichè quelle sono finite. Entro pochi anni, il tempo necessario per costruire una rete sul territorio, ovvero costruito un sistema, anzi probabilmente diversi sistemi, quelli che vorrebbero gestire dall’alto, grazie a qualche lobby, la poesia, sentiranno sotto i piedi un terreno via via sempre più asciutto.
    Ma già quel sistema annega nella sete e fame di un pubblico interessato che non hanno.

    Christian

    anonimo

    22 dicembre 2005 at 22:51

  93. Christian,
    molto interessante quello che dici, e mi ha fatto venire in mente qualche considerazione.
    Scusa ma parlo non conoscendo quasi nessuna delle riviste e dei siti a cui ti riferisci, quindi potrei dire cose scontate o ovvie, e, come sempre premetto, ciò che dico è tratto dalle mie esperienze.

    Il modo con cui qualsiasi attività umana può uscire dal suo circolo, sia esso letterario o di altra natura, è quello di condividerlo con il massimo numero di persone.
    Molte riviste, scientifiche, letterarie, storiche, o parlano a sè stesse e a pochi lettori in grado di apprezzarle completamente, oppure spesso per essere molto comunicative risultano superficiali.
    In oltre, in ogni ambito umano, si crea inevitabilmente una specializzazione molto settoriale che erge barricate verso gli altri mondi.
    Il senso di una rivista o portale on line potrebbe essere appunto questo, rendere fruibili al più ampio numero di persone esperienze, nozioni, idee, forme artistiche differenti, e allo stesso tempo di far comunicare e interagire tra loro pittura, poesia, narrativa, musica e via dicendo.
    Io sono fermamente convinto che l’interdisciplinarietà sia il modo migliore per creare nuove idee, per compiere importanti passi avanti in qualsiasi disciplina, e internet in un certo senso potrebbe essere il mezzo ideale, sia per la sua relativa economicità sia per i diversi media che un sito può contenere.

    Non tutte le sensazioni a mio parere possono essere trasmesse con un’unica modalità, o almeno esistono strumenti diversi alcuni più efficaci di altri.
    Ti faccio un esempio banale, sull’orrore della guerra. Esistono migliaia di libri, bellissime poesie che parlano di questo (Ungaretti, a volte Brecht per citare due esempi), miliardi di immagini e filmati.
    Eppure io sono riuscito ad immaginare veramente cosa possa essere la guerra, tramite una banale registrazione senza commento di un bombardamento in Irak, immagine fissa e sopratutto suono.

    Ecco, io credo che con internet si possano integrare le differenti forme artistiche per parlare al meglio di quei concetti che in fin dei conti sono comuni alle varie arti.

    Un saluto,
    Marco.

    marcoram

    23 dicembre 2005 at 11:09

  94. è interessante secondo me considerare l’espansione dei mezzi come mezzi a loro stanti che in rete stanno interagendo con le proprie differenze. tecnicamente anche questo blog parlando di determinate cose ma riferendosi a video, audio ecc. sulla poesia va (lo spero) in quella direzione, la speranza è quella.
    considero sensato chi considera il discorso simile a chi dice: “esistono le ultraspecialistiche riviste di sc. della nutrizione, ma non è indispensabile che tutti le leggano per sapere che il tal ormone serve nella tale sintesi utile per interagire con la tal altra vitamina favorendo l’estinzione del radicale dannoso ecc… , è importante che la gente si nutra bene. poi se qualcuno vuole farlo in maniera consapevole si compri la rivista”
    ma tecnicamente non mi dispiace la divisione di mezzi per portare avanti la medesima sostanza, diversificare i mezzi credo sia un ottimo modo di diffondere la poesia, poi si può discutere sulla qualità dei mezzi e sulla ciccia in essi. non so se sono discorsi vecchi, sicuramente già fatti e su cui spesso si finisce, considera che qui si stava parlando del delitto che sarebbe saltare una generazione poetica ma alla fine si è arrivati comunque qui…
    comunque il mezzo è importante, ma come tutti i mezzi veloci va controllato, se no si rischia l’effetto “bomba atomica” con danni poeticamente parlando (la vita reale è un’altra cosa) drammatici.

    (quindi la tesi di marco è sostanzialmente la mia, tutto il panegirico qui sopra me lo potevo evitare)

    matteofantuzzi

    23 dicembre 2005 at 15:21

  95. alla fine sono in pochi a saper scrivere, giovani o vecchi fa poca differenza, la mediocrità è galattica, per fortuna solo il tempo stabilirà i winner , se ci saranno, i Cucchi e & devono tirare a campà…, laciamoli fare i maestrini sfigati.

    anonimo

    27 dicembre 2005 at 10:54

  96. Scusate ho dimenticato di firmare la piccolissima considerazione.

    Marco Saya

    sayam

    27 dicembre 2005 at 12:36

  97. Il futuro della poesia secondo Gianni D’Elia

    “Secondo me è necessaria una svolta nella poesia, dalla poesia dello scrivere, dal muto del linguaggio, bisogna passare alla poesia del dire, del parlare, e soprattutto della realtà, che è meno pericolosa del mito del linguaggio.
    Perché il mito del linguaggio ha fatto dei grandi danni ed ha prodotto in Occidente una specie di idolatria, che vede il linguaggio al posto di Dio, allora tanto vale lasciare Dio.
    Credo che il fulcro della poesia del futuro sia una lotta ideologica per tornare ad incontrare l’uditorio, scavalcando i critici di mestiere che non vogliono questa ipotesi, cercando direttamente i propri lettori, come diceva Caproni, che sosteneva che “ci vogliono anni perché un poeta si costruisca il suo pubblico, ma quando lo trova i suoi lettori non lo abbandonano più”.

    Interessante, non trovate?

    Saya

    anonimo

    27 dicembre 2005 at 14:21

  98. Oppure potremmo dire:

    Quando ascoltiamo un bel brano musicale e dopo due note ne riconosciamo l’autore…questo significa che, oggi, il poeta che riconosciamo dopo due versi, è forse, al di là di ogni considerazione, nella strada giusta…

    S.

    anonimo

    27 dicembre 2005 at 14:36

  99. su Cucchi: io dico sempre che al di là di tutte le considerazioni è uno dei pochi che espone le proprie idee, poi si potrà dire tutto e il contrario di tutto, si potranno avere altre idee (ma non parlo solo di lui, altri sono bollati come professorini ecc.) ma l’Italia ha sempre il brutto vizio della caccia alle streghe, crederei utile per tutti tornare alle teorie e alle idee, e non renderle autoreferenziali ma di tutti, in modo che ognuno decida secondo propria coscienza cosa reputi per lui “meglio”.

    e questo significa anche che se proprio devo dare delle colpe penso a bompiani, che 10 anni fa ha segato la sua collana di poesia… penso a feltrinelli che ha un parco autori di 1 persona sola… penso alla grande editoria che avrebbe tutte le spalle del mondo per fare emergere linee che tutti sappiamo esistere ma che ingiustamente sono nella nicchia o penombra mentre altre sono trattate con la giusta analisi. allora di chi sono le colpe, di chi fa la propria (e personale, e opinabile) analisi ? o di chi non la fa e dice che l’uva è acerba ?

    matteofantuzzi

    27 dicembre 2005 at 14:59

  100. attenzione anche (sebbene siano condivisibili le parole di D’Elia, che infatti secondo me dice altro rispetto alle tue conclusioni) a non passare alla considerazione del salto della critica, il ruolo della critica è (dico sempre) fondamentale:
    per l’autore, che con l’occhio critico può migliorare il proprio testo
    per l’analisi della poesia in sè e nel momento in cui viene effettuata:
    il pubblico crocifisse il Cristo, il pubblico premia i plastici di Porta a Porta… sono sempre un poco attento sia sulla questione ideologica (cioè che le “lotte” abbiano necessità ideologica, e non sostanziale) che su quella del pubblico.
    lo scrittore scriva, il pittore dipinga, l’artista artisti… questo è il dono di realtà che viene “premiato”, il patto di non scendere a compromessi per vendere, ma mandare avanti il lavoro quotidiano per raggiungere quel “di più” che ogni giorno si cerca di realizzare.
    diversi autori sono crepati nel totale anonimato lasciando però magnifiche creature.
    ma nel tempo cosa dura, il pubblico o il creato ? la forma o la sostanza ?

    (appunto, come dice D’Elia)

    matteofantuzzi

    27 dicembre 2005 at 15:10

  101. Caro Matteo, sono sostanzialmente d’accordo con quello che hai scritto. La tua è una visione ampia…ma pensando per l’appunto in un’ottica di strategia futura non hai la percezione che la poesia “qualcuno” la sta facendo morire…? E non mi riferisco solo alle grosse case editrici! Conosco personalmente Elisabetta Sgarbi, la direttrice della Bompiani e conosco tutta la storia…ma è anche un personaggio che si muove per la cultura tra centomila difficoltà (basti pensare alla organizzazione della Milanesiana…e alle innumerevoli difficoltà a trovare gli Sponsor).

    Un saluto
    Marco Saya

    anonimo

    28 dicembre 2005 at 11:18

  102. Quando passo in una qualsivoglia libreria della Feltrinelli, tanto per citare un esempio, vedo sempre, nello scaffale di poesia, gli endecasillabi della Valduga sempre più impolverati e invenduti…Non pensi che la poesia debba appartenere (essere letta), tanto per semplificare, a tutti e con tutti intendo la casalinga, il pasticcere, il tranviere,etc, etc, un po’ come sosteneva il grande “Hank”? Cucchi , a mio modesto avviso, dirige il mercato delle “povere vacche” per la Mondatori e così come lui si muovono tante piccole case editrici senza scrupoli! La poesia deve tornare sulle “barricate”, una volta si diceva “gli intellettuali organici” e non , come oggi, capaci solo di firmare petizioni a perdere. Capisci cosa voglio dire?

    Marco Saya

    anonimo

    28 dicembre 2005 at 11:19

  103. chiunque si muove nella cultura ha 1000 difficoltà. la bompiani poi non è solo la sgarbi, ogni casa editrice non è certo comandata da un uomo solo…
    rimane il fatto che se non si investe non si guadagna (anche poeticamente parlando, è una regola basilare dell’economia) e ribadisco che bompiani e feltrinelli sono oggi (e mi dispero nel dirlo) grandi e colpevoli peccatrici.

    Mondadori: quest’anno sono usciti capolavori dell’ordine di De Angelis, Krumm e Bacchini. Avercene ogni anno di ‘ste povere vacche Marco, permettimi… poi capsisco bene cosa vuoi dire e sono il primo sostenitore della differenza fondamentale tra poeta e poesia, dico sempre. Solo il passo indietro che mi auspicavo su La Gru potrà aiutare in maniera “organica” la poesia.

    e anche il grosso tarlo delle case editrici “furbette”: bisogna pubblicare meno (come opera) e con più cura, un libro non è cosa da poco. piuttosto interagire maggiormente tra poeti, tra linee, con le riviste, con la critica, creare il dialogo. questo soprattutto. il libro alla fin fine è un traguardo, ma della maratona, non dei 100 metri.

    matteofantuzzi

    28 dicembre 2005 at 14:31

  104. una sola precisazione. Non intendevo certo un De Angelis tra le “povere vacche”. Mi riferivo più in generale a un sistema di potere dell’editoria, anche quella blasonata, premiante appunto i minus! Sempre con la Mondadori certi noti scrittori hanno portato avanti le loro amanti “fragili” da un punto di vista “scrittorico”. Ti stupiresti se una Mondadori pubblicasse le liriche della Lecciso? Io no. Ciao Marco

    anonimo

    28 dicembre 2005 at 14:58

  105. però ognuno di noi può tranquillamente decidere se l’amante di x, y, z sia bravissimo/a o pessimo/a e questo vale di più di qualsiasi eventuale giochino.

    per amore di cronaca la valduga non era (ovviamente, ma magari qua qualcuno non lo sa) la compagna di cucchi, e tra parentesi se anche fosse stata ma chissenefrega, non la possiamo giudicare solo come qualsiasi altro per quello che scrive ? già così ci vuole dell’enorme pietas.

    per seconda parentesi io non ho nemmeno sinceramente notizia di qualcuno spinto in tal senso da cucchi. e considerando che il paese è piccolo e la gente mormora…

    ma se uno non è capace, non è capace… non ti curar, ma guarda e passa. evitiamo il gossip, evitiamo di banalizzare caro marco…

    matteofantuzzi

    28 dicembre 2005 at 15:20

  106. io non banalizzo mai, sono gli altri che hanno reso la poesia un’isola di presunti famosi…, un ambiente che conosco molto bene a Milano essendo stato anche nel consiglio direttivo di alcune associazioni poetiche, una in particolare la vedo tra i link…

    anonimo

    28 dicembre 2005 at 15:49

  107. senza far nomi 😉

    matteofantuzzi

    28 dicembre 2005 at 15:54


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