UniversoPoesia

Da Matteo Fantuzzi quanto di buono offre la poesia italiana contemporanea. Forse.

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Il concetto di fast food nella poesia contemporanea

Ce lo si racconta ad ogni occasione della necessità di portare il grande pubblico, i grandi numeri, alla poesia italiana contemporanea, o quanto meno della necessità di togliere la patina di polvere elitaria che viene accomunata spesso a questa forma di scrittura e a chi in essa gravita (o millanta di gravitare). Ce lo si racconta ad ogni occasione: l’Italia popolo di santi, poeti e navigatori non ha un pubblico interessato alla poesia.

E sarà anche per questo motivo che ultimamente in Italia sono fiorite una serie di manifestazioni che si prefiggono di fare conoscere la poesia contemporanea anche a un pubblico di non addetti ai lavori con spesso risultati solo qualche anno fa difficili da immaginare (centinaia di persone), manifestazioni concentrate sostanzialmente in due tipologie: reading e slam.
Se i reading sono letture collettive dove gli autori possono confrontarsi col pubblico lo slam si caratterizza per una vera e propria architettura di esecuzione: una sfida con un maestro di cerimonia e una giuria presa a caso dal pubblico, un vincitore e dei vinti.
Già altrove non ho nascosto (né lo farò ora) le mie perplessità su questa forma di effettuazione poetica importata dagli Stati Uniti che riscuote un buon successo oggi in Italia grazie all’attività di promozione di varie realtà, associazioni e poeti come Lello Voce (che se ne può dire il “padre” o il “maestro dei maestri di cerimonia”).
Il dubbio, la mia perplessità cardine, è che in tutto questo non sia la poesia la reale protagonista, ma lo slam, l’effettuazione in buona sostanza: come si esegua il testo, l’impatto che esso può avere sui giudicanti, la ricerca di una appariscenza che si faccia notare piuttosto che l’accuratezza dei dettagli.
E sarà anche per questo (e per le proprie origini americane) che mi pare di potere accostare questo tipo di poesia al fast food, agli hamburger del McDonald’s che dopo 15 minuti da quando sono stati preparati debbono essere buttati via perché non sono più buoni, e che già prima non è che sapessero di molto, erano panini certo ma non di grande qualità, buoni per una mangiata veloce, qualcosa da mettere nello stomaco, che riempia, ma non nutra.
Credo invece in tal senso sarebbe meglio affidarci allo slow food, perché l’Italia della poesia ne ha la capacità, e ha la capacità al tempo stesso di promuovere anche quel tipo di poesia performativa che certo bene si inserisce anche in un contesto di slam poetry ma che va considerata in un piano a mio parere ben maggiore di complessità di stili, di linguaggi e di “lingue” (la poesia dialettale ad esempio che ci offre tante ottime prove) che ha bisogno più di un ascolto meditato che di voti, di giurie e quant’altro.
E quando sento dire che anche lo slam serve ad avvicinare la gente alla poesia, e che persone convenute agli slam vengono poi convinti dagli stessi a leggere Sereni piuttosto che Montale o Zanzotto mi viene in mente il McDonald’s di cui prima, come se ad un tratto sbucasse dalla parete del fast food una bacheca di formaggio di fossa e gli avventori appena gustato il formaggio del cheeseburger si ritrovassero invogliati ad acquistarne qualche etto. Difficile da praticare come ragionamento. E così per la poesia.
Non credo che sia l’abbassamento del “livello” la soluzione per allargare il mondo dei fruitori della poesia, piuttosto uscire con decisione pubblicamente, leggere, confrontarsi, interagire, non creare micro-circoli magari in lotta tra loro per predominare. Creare piuttosto una passione per la lettura della poesia, facendo conoscere appunto tante di quelle realtà che il nostro ‘900 offre e che nella varietà possono trovare il loro giusto pubblico, creare spazi concreti in mezzi di comunicazione come la radio (con radio3 caso a parte per il proprio impegno) e la televisione. E aprirsi ai festival, su tutto il territorio.
Solo così sarà possibile allargare la base senza perdere la propria “realtà” né farsi compromettere da curiose logiche di mercato. Faccio fatica a vedere il poeta come una rock-star, credo mi sarà sempre più facile pensarlo nel proprio lavoro quotidiano sul testo, a modellare ed a smussare il verso. E a viverlo quotidianamente.
Già in altri anni partendo dai medesimi presupposti ci sono state regalate poesie fatte con gli elaboratori ed altri simili “divertissement” e ne siamo usciti egregiamente, cerchiamo di preservare le peculiarità della poesia (ribadisco anche di quella performativa, come di qualsiasi altra) senza rinsaccarci in americanate di alcun tipo: solo in questo modo a mio parere si farà un buon servizio alla poesia, solo in questo modo come sta avvenendo si potrà evadere dal solito (triste) mondo degli addetti ai lavori.

Written by matteofantuzzi

13 giugno 2006 a 18:23

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62 Risposte

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  1. è forse ad oggi il post che mi piace di più su blog e lo scrissi quasi 1 anno e mezzo fa sul blog di atelier nel periodo in cui UP stette chiuso.

    lo ripubblico qui anche per ricordare sabato a borgomanero il decennale della rivista atelier (me presente) e che il giorno prima a bazzano nel bolognese verso modena c’è il festival di ansuini con “l’aperitivo poetico”, io avevo parlato di “occupazione”… ma tant’è.

    matteofantuzzi

    13 giugno 2006 at 18:27

  2. divenne aperitivo per la forma istituzionale matt. (anche se in alcuni manifesti è rimasta occupazione poetica) Se ricordi all’inizio doveva essere una cosa molto più aggressiva. Magari ne parleremo venerdì.

    A

    anonimo

    13 giugno 2006 at 18:40

  3. Caro Matteo, sono totalmente d’accordo con quanto dici nel post; l’analogia con il cibo mi pare molto pertinente e chissà se avevi in mente anche le suggestioni di quel geniaccio emiliano romagnolo di Piero Camporesi che insegnava al dams anni fa… Ho già detto in un post qui, del mio dispiacere per non esserci nel decennale di Atelier (cui ero stato anche invitato) anche se ,nella villa Marazza dove si tiene l’evento, c’è il mio libro timido tra gli altri di nomi più noti vincitori delle varie edizioni del premio… Così come mi dispiace non andare a Genova o da Ansuini, del quale sto aspettando un libro organico che raccolga tutta la sua produzione…Insomma, mi devo comprare una moto per scheggiare da una parte all’altra dell’Italia!…Settimana prox, parto per Ibiza con amici e amiche (lì)…Ovviamente, la poesia non c’entra…Almeno quella scritta…Un saluto e a presto…

    andrea margiotta

    anonimo

    13 giugno 2006 at 18:56

  4. andrea ma scherzi, scrivo da quando ho tredici anni, sei sicuro di voler ricevere tutta la mia produzione? 🙂
    In ogni caso ti faccio pervenire qualcosa mentre sei a ibiza, arriverà un mio incaricato di nome mauricio, trangender in fuseaux leopardati, che ti consegnerà dei libricini neri e un paio d’infradito. Dimmi solo in che discoteca sei.

    A

    anonimo

    13 giugno 2006 at 19:11

  5. la prossima volta saremo più aggressivi, sempre istituzionali però 😉

    magari andrea è a un convegno (oh, se sei a un convegno di poesia a ibiza io ci sono -chiaramente solo per motivi sociologici-)

    purtroppo di camporesi so troppo poco, ed è una delle tante lacune che ho. credo però di non avere detto nulla di nuovo in quell’analisi, ma certo qualcosa che sento molto “mio”.

    sabato sera ci dovrebbe essere anche una reunion di poeti emiliano romagnoli a forlì, poi 1 altra fila di cose. ‘nsomma tutto sabato. porca vacca. succede sempre così… (ci vuole il teletrasporto)

    matteofantuzzi

    13 giugno 2006 at 21:35

  6. Mi domando, Matteo, che senso abbia postare questo intervento, a distanza di un anno e passa, senza aggiungere alcun tipo di riflessione, magari alla luce di nuove esperienze fatte, se fatte (sei andato a sentire/vedere qualche altro slam?). Lo fai per provocazione? Davvero, non capisco.

    Luigi N.

    anonimo

    13 giugno 2006 at 22:03

  7. Non ho mai assistito a uno slam ma “chiari segni mi dicono” che sarebbe preferibile la slow poetry proposta metaforicamente da Matteo. Iniziamo con voci alte del novecento, proposte dentro una progetto (o almeno un’idea) di più ampio respiro di uno slam, poi si vedrà: forse quando avremo un pubblico più maturo e consapevole potremo permetterci giochi e minicompetizioni….
    Antonio Fiori

    anonimo

    14 giugno 2006 at 06:53

  8. Matteo, ho riletto il pezzo: era senza dubbio un approccio interessante. Ci sarò anche io, salvo imprevisti, sabato a Borgomanero (te credo, per una volta dietro casa !).

    Massimo73

    14 giugno 2006 at 09:36

  9. Ciao Matteo,
    ciao tutti,
    ho letto il pezzo piu e piu volte e in linea di massima mi trovo in accordo anche se è un discorso che terrei relegato all’esperienza italiana. Di ritorno da poco da Parigi dove la situazione poesia è abbastanza differente.
    Oltre ad avere spazi per la poesia persino nelle metropolitane (ce lo sogniamo in Italia) l’atteggiamento dell’oralità nella poesia e come questa viene posta all’ascolto è qualcosa che mi ha sorpreso: in unoa sorta di slam alla libreria Atelier (nulla a che vedere con Borgomanero….) per terra, seduti ad ascoltare ho trovato casalinghe, pensionati, giovani aspiranti, aspiranti divenuti affermati, insomma un’universo vario e non concepibile (quasi) in una qualunque lettura in Italia.
    La qualità dei testi sopratutto, a parte sporadici episodi di spettacolarizzazione, è stata alta, ma una cosa mi ha fatto riflettere sopra ogni altra: l’oralità della poesia – senza togliere significato o pregnanza – era riferita al linguaggio che la gente normalmente usa, cosa che ha fatto si che i testi venissero recepiti e apprezzati anche da “non adetti ai lavori”.
    Poi si, c’è stata quella sorta di carnevalata del punteggio, della valutazione per decretare il vincitore, ma questo era un ACCESSORIO alla manifestazione, non un qualcosa di portante. Sopra tutto rimaneva il testo che reggeva sia in forma scritta sia in recitato.
    Non ho trovato la tendenza preponderante a mistificare il testo per offrire qualcosa di televisivo o scoppiettante. L’oralità sosteneva il testo tanto qunto il testo sosteneva l’oralità. E’ una concezione totalemtne diversa di poesia. E mi ha fatto riflettere.

    fabiano

    anonimo

    14 giugno 2006 at 11:20

  10. scusatemi ma avete dei pregiudizi. sono andata ad uno slam, a siena. Li c’erano alcuni giovani poeti e poi ho sentito leggere altre poetesse come la ventroni o la lorusso. loro hanno letto, come ad un reading, mica hanno fatto le capriole. soltanto il pubblico era più coinvolto e l’mc oltre a parlare di poesia rendeva più digeribile il tutto, presentando e facendo qualche battuta (non sui concorrenti) non capisco dove sta il problema se si cerca di coinvolgere un po’ di più il pubblico (che infatti era più numeroso rispetto a quello di un semplice epiù noioso reading). Siete veramente strani, sembra che la poesia la vogliate tenere lontana dalla gente, e questo non è un bell’affare. Andate a vedervi un vero slam, vi accorgerete che nulla si toglie alla poesia. Ci vedo una certa faziosità nell’autore anche, poichè esso organizza e prende parte ad eventi pubblici, ma non a slam. insomma meno pregiudizi e più amore per la poesia ci vorrebbero, caro fantazzi

    Anna Maria

    anonimo

    14 giugno 2006 at 11:21

  11. …scusate gli errori di battitura…
    fabiano

    anonimo

    14 giugno 2006 at 11:22

  12. Fabiano anche tu mi sembri portatrti appresso un pregiudizio grosso come una casa quando dici che in francia uno slam ha un senso diverso che in Itaia. Se tu te ne rendessi conto sarebbe meglio, dato che il tuo discorso sull’ACCCESSORIO mi pare piuttosto azzeccato. Ma perchè in francia si e in italia no? lo trovo singolare questo ragionamento

    anonimo

    14 giugno 2006 at 11:25

  13. ero sempre io, anna maria, scusate anche i miei errori

    anonimo

    14 giugno 2006 at 11:27

  14. Caro Matteo, ho letto con attenzione le tue osservazioni critiche intorno alla slam poetry e mi trovo in profondo disaccordo con te. Lasciami spiegare il perche’. Tu sostieni che questo tipo di performance basata piu’ sul carisma del poeta che sulla sostanza della parola scritta sia deleteria per la poesia. Io vivo in Gran Bretagna da 10 anni e partecipo puntualmente a quelli che qui si chiamano poetry readings ma che non sono diversi in sostanza dalla slam poetry. Alcuni sono esperienze notevoli, altri veramente mediocri. Certe volte il poeta sussurra i suoi versi, altre grida, ma il pubblico non si lascia facilmente abbindolare dalla pura performance. Un’altra osservazione. La poesia non ha nessuna funzione didattica. A te puo’ piacere Zanzotto e a me Frank O’ Hara – due poeti diversissimi per poetica, tematiche,ecc. Anna Maria dice bene: la diffidenza riguardo a nuove forme di presentazione di poesia spesso porta a pregiudizi. Comunque ti invito a leggere e commentare il pezzo che ho scritto su Erodiade, che per certi versi si ricollega a questo di battito: Il poetico nelle sue svariate forme – colata a caldo-
    http://erodiade.splinder.com
    Grazie mille per lo spazio concessomi. A presto Luca

    lucapaci

    14 giugno 2006 at 12:32

  15. Non credo che slam e readings siano tanto diversi nella loro impostazione. Entrmabi giocano su una logica tecnica che fa dell'”esecuzione” il proprio specifico, entrambi prevedono una lettura da parte di un poeta di fronte al pubblico. Che poi in una di esse ci sia una gara, è un dato che non stravolge l’esecuzione.
    E’ poesia recitata e in quanto tale segue un suo percorso.
    Si è letto molto in questi giorni, sul blog di Massimo Orgiazzi, di autori che impostavano la pagina a mo’ di partitura per la recitazione (lello voce lo fa da anni). E’ proprio a livello semiotico che si crea un circolo diverso. Non si tratta più di poesia fatta per una lettura interiorizzata, ma quasi di una nuova forma di “epica”, di oralità che torna all’origine.
    C’è poi buona e cattiva poesia sia tra chi punta tutto sulla pagina sia tra chi punta sull’esecuzione.

    vocativo

    14 giugno 2006 at 15:45

  16. il fatto è proprio che secondo me lo slam poetry di oggi in italia non ha nulla a che vedere con la tradizione orale nè popolare esteuropea nè artistico teatrale come tanti esperimenti riusciti qualche decennio fa’ e nemmeno di performance anglosassone.
    mi pare più che altro una banalizzazione di queste che va anche bene per raccogliere un po’ di studenti universitari (noi qui abbiamo più volte unito letture di poesie a concerti anche di punk hardcore al puro fine di raccogliere pubblico, quindi nessuno scandalo moralistico) ma appunto non si venga a dare validità artistica a un espediente commerciale, tutto qui.
    poi quando qualcuno vorrà davvero riprendere in mano il discorso dell’oralità e del corpo mi toglierò il cappello, ma per ora in italia mi sembrano più interessanti a livello sperimentale alcune prove di videopoesia che non questi slam.
    davide nota

    anonimo

    14 giugno 2006 at 17:56

  17. o anche la poesia mixata con la techno in alcuni infernali antri discotecari la trovo più interessante sia come esperienza che come esperimento. forse è la necessità anche sbagliata di mettere in atto, che non trovo in queste collaudate esperienze seriali.
    davide

    anonimo

    14 giugno 2006 at 18:35

  18. il motivo per riproporlo è stato proprio che a mio parere è ancora tutto fermo a 18 mesi fa. l’analisi non è andata avanti, quello che è uscito (al di là di quello che è uscito a mia firma sull’annuario di manacorda) non mi ha convinto nel senso che la parte di poesia performativa secondo me rimane (ventroni, fusco, giovenale ecc.) qualcosa da preservare e portare avanti con molta gioia per i risultati raggiunti: l’mc e il resto… accessorio. non voglio arrivare a quanto dice fabiano, ma accessorio assolutamente. e qui sinceramente parto coi distinguo, un conto luca è la poesia performativa, un conto è trovare anche ed eventualmente nuove forme di comunicazione, un conto è prendere un calderone e fare entrare di tutto esulando dalla poesia. e poi non fatemi i berlusconi che ragionate coi numeri “degustare locale”, ha fatto nei suoi 3 anni di vita quasi 250 spettatori di media per anno (e considerate che l’ultimo anno c’è stata pioggia). credo che ci si possa permettere di fare poesia tout court, che sia performativa, ermetica, dialettale, ecc. ecc. ma senza minchiate (e per minchiata intendo anche la cattiva poesia spacciata per geniale trovata). poi io per primo credo che già il mezzo che stiamo usando (blog) sia qualcosa di certo non classico, ma oggi quasi obsoleto, che servano continuamente nuovi formi e nuovi modi, preservando il testo.
    il testo inglese è preservato, noi siamo in grado di preservare nei reading e negli slam il nostro testo ? o è il testo (e non l’mc) ad essere divenuto accessorio ? perchè il problema è sempre quello se è l’mc ad essere accessorio allora ci può stare, lunga vita allo slam, ma se l’mc diventa necessario perchè il testo è accessorio, allora mi permetto di dissentire. col placet dei gentili anonimi

    matteofantuzzi

    14 giugno 2006 at 22:16

  19. errata corrige: “nuove forme”

    matteofantuzzi

    14 giugno 2006 at 22:18

  20. non credo che troverete una linea comune. però fa parte dell’esser contemporanei, no?

    gugl

    anonimo

    15 giugno 2006 at 13:30

  21. Martedì entra nella biblioteca dove “lavoro” una signora romena molto bella, con la figlia di 10 anni; la signora mi dice che vorrebbe una selezione di poesie italiane da far leggere alla bimba. Le propongo una raccolta di filastrocche -penso che dopotutto io a dieci anni leggevo al massimo Rodari- ma rifiuta seccata. Dice che nelle sezioni per ragazzi di librerie e biblioteche trova solo composizioni brevi e poco dense. In romania invece ai bimbi fanno leggere e imparare a memoria testi di 100-150 versi; che è un modo per portare avanti l’oralità che ha origini ancestrali nei canti vecchi e nelle colinde, testi ritmati e ripetitivi che hanno vissuto per secoli solo nella dimensione orale.
    Penso alla situazione in Italia, penso alla completa perdità della fiaba, alla superficialità degli insegnanti che si rifiutano ormai di chiedere ai ragazzi di mandare qualche verso a memoria. Penso ai miei coetanei e ai milioni di discorsi senza coda, dove al discorso si sostituisce una trafila di motti e linguaggio in codice.
    Saluti.
    Simone

    poetO

    15 giugno 2006 at 14:16

  22. “Oltre ad avere spazi per la poesia persino nelle metropolitane (ce lo sogniamo in Italia)” dice Fabiano…
    Ricordo però l’iniziativa – in Italia – che pare abbia avuto molto successo, di Franzini di Subway…
    http://www.metroroma.it/MetroRoma/HTML/IT/Community/Club+MetRo/

    andrea margiotta

    anonimo

    15 giugno 2006 at 15:15

  23. lasciamo perdere l’est europa che c’è solo da piangere.
    conosco una famiglia moldava, tutti emigrati da qualche anno in italia (madre, padre e figlio operai, figlia barista), in un viaggio in pullman di una giornata hanno portato dietro solo libri di poesia moldava.
    è commovente l’importanza che danno alla lettura poetica (e non sono colti).
    la figlia di 16 anni mi dice: i miei coetanei italiani sono stupidi, come fanno a non leggere dante loro che ne hanno la possibilità?
    un altro mondo. qui bisogna rendere la poesia allegra, come il vecchio in traghetto ne la morte a venezia.
    forse il problema non è come andare verso un pubblico di imbecilli italiani mediante mc o degustazioni (forma di ruffianeria dal mio punto di vista abbastanza umiliante) ma come riuscire ad insultarlo nella maniera più efficace e cattiva possibile.
    d

    anonimo

    15 giugno 2006 at 15:39

  24. @ andrea margiotta.
    Verissimo, anche in Italia abbiamo un concorso che stampa poi 3 milioni di librettini tra cui 1 di poesia. E chi si accattiva il libretto nel breve tempo dell’esposizione ne gode. Gli altri semplicemente ignorano.

    Il medesimo concorso a Parigi, fa si che nessun libretto venga stampato, però le poesia vengano affisse in bellissimi pannelli in OGNI carrozza e che vi rimangano x l’interno anno….a ricordare che la poesia è una seconda dimensione, che la poesia non è estranea alla vita, che la poesia non è un evento sporadico e sopratutto la poesia non è un elemento per pochi eletti ma un elemento naturtale in cui tutti posso abitare. E infatto sono poesia che tutti leggono e alcuni ne prendono persino nota, anche a distanza di mesi dalla fine del “concorso”, perchè la poesia è CON l’uomo, attenzione o meno che vi si voglia dedicare.
    Tra parentesi, lo spazio che la MM parigina dedica alla poesia affissa potrebbe fruttare fior di quattrini, visto che SOTTRAE uno spazio che potrebbe essere dedicato alla pubblicità a pagamento…
    In italia invece ne hanno fatto un fenomeno estemporaneo in cui chi effettivamente ne gode sono quei pochi che si accaparrano il libretto nonchè i curatori dell’evento.
    Non è diffusione della poesia questa. E’ ANCHE diffusione ma solo dopo un opera commerciale.

    fabiano

    anonimo

    15 giugno 2006 at 19:48

  25. E c’è una sostanziale differenza proprio nella concezione del progetto.

    fabiano

    anonimo

    15 giugno 2006 at 19:50

  26. @ Anna MARIA DEL 12
    (mi scuso del ritardo nel rispondere)

    Non è propriamente un pregiudizio, solo il riscontro di una differenza sostanziale. Negli slam in Italia sembra quasi che la poesia sia mutata per divenire uno slam, per essere piu accattivante, scenografica, teatrale.

    In Francia (per quanto ho visto e per quanto mi rapporta mia sorella che poeta in francia è) quell’oralità è naturale, non forzata. Cosi come si scrive, si recita e si parla, si espone e si vive. Ci sono è vero casi da “scenetta” ma relegati. Non imperanti.

    fabiano

    anonimo

    15 giugno 2006 at 19:54

  27. Sembra ci voglia un vuoto (dal chiasso, dalla reclame, dalle garanzie) per riuscire ad apprezzare i poeti. Ed arricchirsene, suppongo. Ma i lettori dei lettori del lettori dei lettori (etc.) di Dante benemerito, cos’hanno da portare adesso? Bello conservare la meraviglia, ma ora, cosa scrivere?

    molesini

    16 giugno 2006 at 02:17

  28. Caro Fabiano, ti ho risposto nel mio blog…
    ciao

    andrea margiotta

    (quasi ibizenco…)

    anonimo

    16 giugno 2006 at 02:27

  29. ma dai ti hanno chiesto delle poesie e tu hai proposto delle filastrocche, è come chiedere a un salumiere prosciutto e ritrovarsi coi ciccioli… a bologna gli autobus locali per iniziativa del centro di poesia contemporanea dell’univ. di bologna hanno avuto al loro interno delle poesie, e così erano state messe alle fermate, però è già qualche anno mi pare che non si fa più

    matteofantuzzi

    16 giugno 2006 at 06:20

  30. e quale sarebbe la differenza tra Poesia e filastrocca caro poeta? La tua metafora suina tradisce il tuo pregiudizio. Faresti meglio a mettere un porcello invece di un agnello come foto per il tuo profilo. Il brutto e’ che e’ la gente come te che scoraggia la gente a leggere e pubblicare. Mbake Gadji, poeta e scrittore africano. Chiedi a lui com’e’ la poesia in Italia. Scendi dall’albero fronzuto e prosaicizzati un po’ agnello.

    lucapaci

    16 giugno 2006 at 09:08

  31. Eddài Matteo, aveva dieci anni e una non perfetta padronanza della lingua. Che le davo? Giudici? Che poi legge “tanto giovane e tanto puttana” e pensa che siamo davvero pieni di pregiudizi? Che poi, se prendi i canti vecchi e le colinde romene, sono strutturate a mo’ di filastrocca, con rime semplici e frequenti, versi parisillabi, frequenti ripetizioni etc in funzione appunto di una fruizione orale. Comunque, al di là di polemiche, mi interessava sottolineare, come ha fatto il signore del post #23, il peso che la poesia ha nella formazione culturale -anche nei medio-colti- delle persone dell’est europeo. Un fenomeno, a quanto credo e vedo, legato alla conservazione di una forte tradizione orale.
    Ciao

    poetO

    16 giugno 2006 at 12:01

  32. uffi: che pregiudizio sui pregiudiziosi. corrego: chiedono “tavolo” e dai “sedia”. così è meno equivoca ? poi forse non lo sai luca ma a me i ciccioli mi gustano 1 sacco. pure più del prosciutto 😉
    la prima che mi è venuta in mente è la lamarque, se volevi cercare una sorta di “equilibrio”, ma magari potevi proprio dare giudici… a volte anche i ragazzi si innamorano di testi che secondo i nostri preconcetti sono quanto di più lontano si possa loro proporre.
    la poesia è letteratura con le regole della poesia, la filastrocca letteratura con le regole della filastrocca. nobili entrambe, se fatte bene.
    la pecorella suinizzata torna domenica.

    matteofantuzzi

    16 giugno 2006 at 15:51

  33. azz… “a me mi”, questo è parecchio prosastico.

    matteofantuzzi

    16 giugno 2006 at 15:52

  34. caspiterina a volte le coincidenze, una volta ho conosciunto una ragazza rumena, voleva leggere poesie italiane, io le ho detto vivian lamarque.

    anonimo

    16 giugno 2006 at 19:00

  35. Sottofirmo il tuo scritto, Matteo, per quel che può valere un mio avvallo.

    GianRuggeroManzoni

    17 giugno 2006 at 00:27

  36. a èarma per il festival della poesia…pubblicizzato a tappeto anche sui quotidiani…sabato 24 giugno ci sarà uno “poetry slam”
    mc. proprio lello voce…con la presenza di diversi autori cui non riporto il nome
    sarei curioso di sapere che piega prenderà… all’interno di una manifestazione… ( diciamo )… così importante, come il festival di parma sembra voglia porsi …almeno nell’intento dei promotori…
    tonino

    vaan60

    17 giugno 2006 at 19:20

  37. errata corrige
    a parma…

    carino poi quel “uno poetry slam”

    🙂

    vaan60

    17 giugno 2006 at 23:58

  38. qualcuno mi ha tirato qualche accidente che è andato a bersaglio perchè da venerdì sera ho 39 e mezzo. ora sono sotto antibiotici e ho mancato (sob) il decennale di atelier, nonché sono dovuto scappare da bazzano perchè non mi reggevo in piedi, mi scuso anche lì. ci vediamo nei prossimi giorni quando sarò più lucido…

    matteofantuzzi

    18 giugno 2006 at 17:51

  39. è l’eta matteo, piu invecchi piu diventi molle. 😉
    fabiano

    anonimo

    18 giugno 2006 at 18:22

  40. Riporto la mia esperienza. La prima volta che ho letto in pubblico è stato proprio a una slam poetry, avevo 3 minuti esatti e non potevo sgarrare ed ovviamente ero tesissimo ma poi l’ho vissuta bene, non è stato particolarmente traumatizzante, Prima di quella volta ne avevo vista un’altra a Senigallia dove le regole erano molto più morbide e il tempo a disposizione dei poeti era di più, quella volta lì vedendola da spettatore mi è piaciuta parecchio. Poi ho iniziato a fare letture e chiaramente la cosa era molto più rilassante e anche gratificante per il fatto che non eri al giudizio di una giuria ma il discorso che volevo fare è che secondo me sono due realtà che possono benissimo convivere nel mondo della poesia, l’una non preclude l’altra cambia più che altro la fruizione della poesia ( o detto in maniera più “brutta” dell’oggetto poesia) ma penso che le slam abbiano nel proprio essere gioco semi-serio la loro componente di originalità, poi ho saputo (come è stato sottolineato anche da altri che hanno commentato questo post) alle slam partecipano anche e hanno partecipato poeti secondo me molto validi come Sara Ventroni tanto per citarne una e se non sbaglio sia stata la prima vincitrice italiana dello slam, ma potrei sbagliarmi. Insomma il succo del disocrso è che a me personalmente vanno bene sia le letture che le slam e non che credo che le slam poetry siano una cosa di serie rispetto alle letture ufficiali.
    Sono comunque incuriosito anche dalle letture accompagnate da musica industrila o techno o trance all’entrata delle discoteche, i puristi forse potranno rabbrividire ma mi sembra una cosa positiva.

    Ricordo una cosa simile fatta dalla Santacroce che leggeva alcuni canti di Leopardi accompagnata da una base di gruppi industrial. Ne lessi un articolo su un quotidiano qualche anno fa.

    Emiliano

    anonimo

    20 giugno 2006 at 15:34

  41. Volevo dire che le slam non sono un prodotto di serie B rispetto alle letture prima. MI ero dimenticato di scrivere “B”

    anonimo

    20 giugno 2006 at 15:36

  42. se le migliaia di phenomenal performer e autoritary observer che intasano indefessi palcoscenici premiuzzi sitarelli e blogghetti, si cimentassero finalmente a leggiucchiare in silenzio per qualche anno diversi ottimi libri di vera poesia, senza preoccuparsi di far spuntare l’affamato musetto di qua o di la a far sentire la propria pennina o la propria saccentina vocina o la raffiinatella plaquettina forse i problemi della poesia italiana (che non si vende, che non se la fuma nessuno, che non piace a nessuno etc,,,) finirebbero. E’ incredibile la poesia: l’unica arte che ha un pubblico enorme che non legge e non compra un fico secco. mah

    Massimo

    anonimo

    20 giugno 2006 at 17:15

  43. Amiche e amici, come ho già scritto in altri blog, non ho mai fatto cose simili perché le reputo di cattivo gusto, ma in questo caso la segnalazione necessita: nel mio blog ho editato 6 poesie di Massimo Sannelli a mio avviso stupende. Scusa Matteo per l’intrusione. Un abbraccio a tutti.

    GianRuggeroManzoni

    20 giugno 2006 at 17:25

  44. io gestisco con altri soci un music club …dove abbiamo proposto poesie…ma è veramente difficile intaccare il pubblico con qualcosa che duri più di un quarto d’ora…sia reading …che slam…
    io ritengo assai efficace il mettere le poesie sui muri…come diceva qualcun’altro più avanti…( mi scuso ma non ricordo chi fosse ) a mò di murales o manifesto 10×4
    …penso sia molto efficace
    per un pubblico come quello italiano…la poesia in forma di goccia … improvvisa…che non te l’aspetti proprio e te la ritrovi lì…di forte impatto.
    personalmente ho sperimentato anche …lo stampare poesie sulle magliette…molto…molto efficace
    una volta stampai un testo di raboni
    e tutti ne furono altamente colpiti…
    la poesia messa lì… come un magnifico albero ad affrescare le menti…a far riflettere le menti.
    .non credo che reading e slam sortiscano lo stesso effetto.
    ma è logico che in tal senso dovrebbero impegnarsi le associazioni …le amministrazioni comunali…e perchè no anche il ministero della pubblica istruzione.
    affinchè la poesia esca da canoni triti e ritriti
    tonino

    vaan60

    20 giugno 2006 at 19:58

  45. Ciao mi chiamo Maria e sono una studentessa del professor Bertoni. Complimenti per il blog. Sai presto uscirà un libro di poesie di mio cugino che purtroppo ci ha lasciati circa un annetto fa. Se vuoi ti posso far leggere qualche suo componimento. La mia mail è grecom.82@libero.it Se vuoi dai anche un ‘ occhiata al sito della Lontra. E’ una piccola casa editrice di Busalla (Ge), l’ editore è un mio caro amico che ci aiuterà a far nascere Porfiria, l’ opera di mio cugino. Il link è http://www.lalontra.it Grazie per la tua attenzione Maria

    anonimo

    21 giugno 2006 at 11:58

  46. io ho assistito e partecipato a uno slam poetry e non è stata un’asperienza divertente, anche perchè credo che tenda l’ascoltatore a mettersi su un piano ricettivo di gioco più che di serio interesse “letterario”. Insomma non ti prendono sul serio, con questa storia della sfida, con la giuria popolare e i cartelloni mostrati col voto (lasciatemelo dire che ricordano più Miss maglietta bagnata che un reading). Non voglio fare il pedante però non sopporto tutte queste tecniche tese a spostare la poesia su un piano o ludico o d’intrattenimento o di serata di varietà, quasi delegittimandola a livello culturale.
    E poi ragazzi tutti sti nomi, Slam Poetry, Slam Master etc etc..ma se, contaminazioni a parte con la cultura jazz e rap, queste “sfide” di poeti appartengono alla nostra tradizione italian (già Dante!)!
    matteo..ti consiglio un po’ di exotan..per guarire in fretta 🙂
    salute a tutti
    salvatore

    anonimo

    21 giugno 2006 at 16:44

  47. anch’io errata corrige: spinga e non tenda
    salvatore

    anonimo

    21 giugno 2006 at 16:45

  48. maria, mandami 1 mail all’indirizzo che c’è in alto a sinistra.

    è vero: la poesia su muro piace, incuriosisce (su muro… su parete…) e non mi togliete da un fatto: ancora una volta è una forma di lettura, e pure privata, un momento di solitudine tra il fruitore e l’opera. per quanto sia performativo e valido anche a livello performativo alla fine nella poesia emerge quella necessità del testo. forse è vero tonino anche a me pare che vedere le poesie sia ancora più che sentirle, forse bisognerebbe alle letture dare “il carnet” come si fa con le opere liriche. l’importante e che non sia “l’una voce” ma “le tante” a cantare, e cantare differenti per ottenere il coro.

    niente lexotan, è un ansiolitico, in questo momento vado ad azitromicina, perchè non posso usare i più comuni antibiotici beta lattamici: penicilline e cefalosporine. comunque al di là della solita sintassi scriteriata sto meglio. la febbre è passata.

    matteofantuzzi

    21 giugno 2006 at 20:36

  49. anonimo

    22 giugno 2006 at 08:04

  50. A proposito di slam – ieri ho perso l’ennesimo, ma mi son divertito un sacco, e ha vinto Matteo Danieli a Trieste, che è davvero bravo (e per nulla illetterato, anzi). Io credo che l’articolo in questione è una presa di posizione fondata su una premessa sbagliata ovvero il conoscere il “pubblico” di poesia. Tu dici che non c’è, a me pare invece che, se fatte bene le cose, come ogni manifestazione che si rispetti, il pubblico venga. Forse invece di impigliarti in queste noiose dissertazioni su slam sì slam no, sarebbe meglio comprendere a raggio quali siano le possibilità delle poesia. Banalmente, Christian

    anonimo

    22 giugno 2006 at 17:22

  51. sarei curioso di leggere il testo vincitore…
    parlo sinceramente e senza presunzione…
    io sono uno sempre pronto a ricredersi …eventualmente se…

    vaan60

    23 giugno 2006 at 00:34

  52. il pubblico non è da me considerato in termini di cifre, christian, lo sai che le cifre le lascio volentieri a berlusconi. se andiamo “dietro al pubblico” probabilmente un medio “dirigente televisivo” (categorizzo) non vorrebbe nè slam nè reading ma una scosciata gara di rutti. ma se ci fosse un gioco al massacro in tal senso non sarebbe logico seguirlo.

    matteofantuzzi

    23 giugno 2006 at 07:15

  53. Matteo, se sei d’accordo, potrebbe essere interessante postare le 3 poesie di Matteo Danieli che hanno vinto lo slam di Trieste l’altro ieri. In questo modo si eviterebbe di discutere di aria.. fritta, e si andrebbe alla.. ciccia. Poi giudicate voi se hanno vinto delle poesie degne solo del Maurizio Costanzo Show oppure no.

    Davvero, credo, come ho già scritto, che Matteo (Fantuzzi) sbagli a perseguire questa posizione, senza modificarla di un passo a distanza di tempo. Io non ho nessun interesse a difendere lo slam piuttosto che la lettura a voce bassa o le poesie sui muri, etc. – tutto può esistere, a diversi livelli, ogni piano con la sua dignità. Mi pare però di scorgere, dietro certe prese di posizione, una sorta di paura. O mettiamola così: una forma di conservatorismo. Quasi che lo slam fosse la patria dei senza dio, degli illetterati, gli ignoranti, i poeti della domenica, i non antologizzabili… io ho partecipato a diversi slam, credo di essere sempre arrivato in finale e se avete voglia vi potrei postare le poesie con cui ho partecipato. Poi starà a voi dire se sono o no un poeta della domenica. Certo, ad uno slam si può trovare di tutto. E può essere estratta a sorte una giuria che ama i testi patetici e pieni di anime e cuori e amore in tutte le salse. Oppure giurie a cui piace la teatralità sfacciata o invece giurie a cui piace il tono dimesso, minimal. È assolutamente casuale, per cui: democratico. Sarà compito mio far capire a questo o a quel giurato che la mia poesia è migliore di quella patetica o di una barzelletta in pseudo-versi. I 5 giurati rappresentano uno spaccato della società: in ogni caso se sono lì, per ascoltare uno slam, in qualche maniera, anche esigua, sono interessati alla poesia. E se premiano una poesia semplice, oppure sentimentale (cosa che comunque non accade mai, mi pare) anche noi, noi poeti, dovremo interrogarci sul perchè di questo gusto, se non sia anche un po’ colpa nostra, se questa distanza non vada colmata prima di tutto da noi. Ma questo è il mio solito discorso.

    Se Matteo è d’accordo, si potrebbero leggere qui le poesie che hanno vinto e poi… dite voi se sono buone solo per “Novella 2000”.

    Luigi Nacci

    anonimo

    23 giugno 2006 at 10:17

  54. Questo è un testo di Danieli, l’unico che ho sottomano – son Christian a prop. Altre cose si trovano su absolutepoetry.org, nella categoria poesia. L’email di Danieli è vaninaattimo@hotmail.com
    Sue interviste a Cucchi, Padron, e altri autori, si possono trovare su http://www.fucine.com o semplicemente cerca attraverso google

    genetica della stanza

    le grandi tendenze che hanno fatto la stanza
    questo maciullante rumore di corto circuito
    questo affresco lavorato con pazienza nelle settimane del tempo
    la casa dal buio mi si aperse così:
    salutai l’operaio, mi guardai in tondo spaesato
    appoggiai i miei pregiudizi
    in questo non immediato domani
    e criticai:

    criticai tutto quello che non era stato fatto a dovere
    criticai l’opera per il suo essere tale
    per il suo non essere ancora
    criticai l’opera e la noncuranza degli odori
    criticai l’opera e la bruttezza dell’opera
    criticai l’intenzionale bruttezza degli stucchi
    l’arrogante apertura delle prese di corrente
    l’imperfezione, la manchevole perfezione dell’ordine
    l’irritante disobbedienza da un modello
    criticai l’opera
    criticai l’opera il progetto ch’era di fronte ai miei occhi
    criticai l’opera per il suo essere tale
    per il suo non essere ancora
    e i terremoti devastarono le fondamenta delle mie negligenze
    i nervi e la fede andarono in pezzi
    portano acqua gli oceani legni,
    le ferraglie, gli scafi delle navi e il fracasso
    delle navi in preda ai morsi delle onde
    le colonne di schizzi
    le ali nere della morte
    le nubi che vorticano ululando
    gli eserciti che marciano sbattendo sulle coste
    le onde che ghignano sulle pareti crollando
    i gabbiani che impazziscono col sangue negli occhi
    urla di vedove
    e criticai:

    i terremoti lo sciame portano
    l’odore del cadavere
    la carcassa del cane
    sulla darsena assediata dal tempo
    con calma mangiamo il cadavere.

    L’operaio mi chiese d’accendere.

    anonimo

    23 giugno 2006 at 11:57

  55. La tua risposta Matteo, è assolutamente sciocca. Lo dico come se, per primo, vorresti controllare tu il pubblico della poesia, evitando di parlare di una cosa importante, quale il ruolo del poeta. Attraverso la poesia, io, ho costruito delle manifestazioni importanti, ed avere una media di cinquecento persone per quindici giorni di manifestazione, non credo sia sottovalutabile. I mezzi di diffusione erano pochi, 100 locandine e, per fortuna, 3000 flyers. Questo nel 2002 “Pianeta Poesia” a Trieste – dove, sono felice di dirlo, non c’erano reading, ma spettacoli, cineforum, dibattiti, performance, ovvero tutte cose dove il labor è valutabile, e non le letturine con cui i poeti si sciacquano la bocca. Ma la cosa divertente è che basta fare le cose in piazza, e la gente si ferma, ascolta. Ciò a cui tu non credi, è che l’ascolto appartenga a tutti, e questo tutti non sono stupidi.
    Per questo l’articolo qui sopra è mediocre, come la tua visione della diffusione della poesia.
    Christian

    anonimo

    23 giugno 2006 at 12:10

  56. Ieri sera sono stato al “Poetry International Festival” di Rotterdam (www.poetry.nl ). Il programma prevedeva un ricordo di Josif Brodskij a dieci anni della sua morte. Alcuni poeti suoi amici, tra cui la russa Jelena Schwartz, il lituano Tomas Venclova e Seamus Heaney, hanno letto una poesia in onore di Brodskij. L’amico e traduttore olandese di Brodskij, Kees Verheul, ha letto in russo l’ultima, bellissima poesia scritta da Josif, “Agosto”, e ne ha proposto una breve e acuta interpretazione. Nessun aneddoto personale, nessun facile sentimentalismo, semplicemente poesia. E della più alta. Ma non era di questo che volevo parlarvi.
    Dopo l’omaggio a Brodskij si è svolta la finale del “Poetry World Slampionship”. Sul palco c’erano un DJ che armeggiava con i suoi dischi di vinile e due giovani che si sono presentati come poeti e poetry performers (se volete avere informazioni su di loro: http://www.woorddansers.nl). Il bum bum da discoteca copriva un po’ la voce per cui non ho capito tutto, comunque abbastanza per sentire che usavano costantemente il pronome oggetto al posto del pronome soggetto della terza persona plurale. La grande sala dello Schouwburg, uno dei teatri di Rotterdam, era piena. Età media del pubblico 25 anni. Prezzo d’ingresso: 9,50 euro. La giuria era composta dal poeta Simon Vinkenoog, dal vincitore dello scorso anno Kat François, da un altro poeta di cui mi è sfuggito il nome e da due spettatori. I concorrenti, tutti giovanissimi, erano i vincitori dei poetry slam nazionali dei rispettivi paesi di origine. Ho visto la performance della concorrente danese, Anita Egelund (c’erano sottotitoli in inglese, naturalmente), del tedesco Volker Strübing e dell’olandese Sander Koolwijk (che scrive però in inglese). Gli altri concorrenti venivano dalla Francia, dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra e dal Belgio. Nessun italiano quest’anno (in passato è venuta Sara Ventroni). Dopo il terzo concorrente non ho resistito e me ne sono andato. La qualità dei testi mi è sembrata bassa (anche se i sottotitoli scorrevano troppo veloci per permettere una lettura attenta). Semplicemente, dal mio punto di vista, non erano poesie. Erano testi recitati più o meno male. Ho trovato il tutto piuttosto cialtronesco.
    Se i partecipanti al Poetry Slam avessero visto i due filmati in cui Brodskij recita i suoi versi e che erano stati proiettati un’ora prima nella stessa sala, credo non avrebbero mai più osato salire sul palco.
    Spero che gli slam italiani siano meglio.
    Pierluigi Lanfranchi

    anonimo

    23 giugno 2006 at 14:12

  57. io adoro il senso della storia: i 5 rappresentanti dello spaccato della società credo sia qualcosa di meraviglioso luigi… tornando a quello che proponete: il testo di danieli per me è deboluccio. si guarda addosso, ha un io talmente forte che finisce per essere debole. per “catechizzare”.
    detto questo dite quello che vi pare: che sono un nostalgico, che ho paura anche della mia ombra se vi consola… mi pare come sempre che non si voglia affrontare il problema della poesia performativa, delle sue “perle”, e che si butti tutto in un grande calderone. dove ahimé perle e “meno perle” si mischiano facendo venire fuori un sugo meno sugoso di quello che potrebbe.
    quale ruolo al poeta ? nessuno. stare in casa sua a scrivere. a me l’unico poeta che viene in mente è quello che ha fatto il grande fratello. come sempre credo sia molto più utile parlare di poesia…
    sulla piazza mi trovi concorde. insisto: la poesia da sola “basta”, ferma la gente per strada, toglie il sonno, salva. i poeti si sciacquano la bocca se non hanno nulla da dire.
    pensieri mediocri ? può darsi… questi posso dare. saluti a pierluigi, in fondo bastava il vecchio ungaretti col suo vocione. o sissa, o massari, o tanta poesia nuova che ribadisco vale, e vale molto, nuda. semplicemente “nuda”.

    matteofantuzzi

    23 giugno 2006 at 17:41

  58. Invece no Matteo, la poesia da sola non basta, le cose in piazza era tutte di livello. Selezionate. Il lavoro si vede, sia slam o sia qualsiasi altra cosa. L’esecuzione è altra cosa rispetto la creazione, e come tale deve essere giudicata, in modo tale che, appunto, non sia un calderone. Per quanto riguarda Danieli, perché non gli scrivi, ti fai mandare una decina di testi, invece di giudicare anche tu come una giuria da slam dopo un brano appena postato.

    Il testo qua sopra, il tuo, te lo torno a dire, è ridicolo. Fa dello slam un problema, ma se sei così preoccupato dello slam, della morte sei cacato sotto? Il problema è che l’esecuzione non viene trattata in quanto tale, con la diatriba di quelli che la rifiutano, e di quelli che rifiutano di capire che lo slam nasce per diffondere in modo easy la poesia, non per fare il concetto supremo dell’attività di tutto l’ambiente.
    Tu parli di poesia performativa – io non la conosco, per fortuna; non esiste la poesia performativa. Conosco i testi, la loro scrittura (che non è detto sia su carta) e la loro esecuzione. Tu parli di una cosa, la poesia, senza alcuna epistemologia, senza alcun riferimento teorico, come se le tipologie di eventi possano essere solo reading e slam – è un discorso ridicolo, e ha ragione Nacci a dire che dopo un anno, potevi aver un discorso migliore da fare sull’esecuzione.

    Matteo, svegliati, compra qualche libro, e schiarisciti le idee sul novecento e su tutte le possibilità di esecuzione, di eventi, di situazioni che puoi creare attorno, attraverso, la poesia.
    Buone vacanze,
    Christian

    anonimo

    23 giugno 2006 at 18:46

  59. caro matteo (fantuzzi),
    se l’io di matteo (danieli) è forte, allora l’io di danieli dovrebbe essere debole. dovrebbe essere derridiano? dovrebbe essere un io che si de-struttura fino a essere aria? ancora con la storia dell’io? è questo il punto fondamentale? il “disperso” ha trent’anni, è acqua passata e passata sotto ai ponti – a parte l’IO, qui la questione è un’altra.
    mi spiace tu non voglia dialogare.
    buone vacanze a tutti,
    luigi

    anonimo

    24 giugno 2006 at 00:27

  60. vi pare di fare dialogo in questa situazione (mah)? è stata postata la poesia, ho detto quello che pensavo della poesia. non ho parlato della produzione di danieli in toto, o no ? la poesia da sola basta, affermare il contrario a me continua a sembrare quantomeno curioso. se non sai cosa sia la poesia performativa, perdona, ma qualcosina devi leggere tu. io mi sento con la coscienza tranquilla. non ho “paura” di niente, faccio considerazioni. se quelle considerazioni non ti piacciono… sinceramente… se luigi fa un buon lavoro come quello sulla poesia triestina dico “ha fatto un buon lavoro”, se c’è qualcosa che non mi piace dico “non mi piace”, argomento in un caso e nell’altro. se qualcuno è di parere contrario ben venga: fino a prova contraria siamo in democrazia, dovremmo essere in democrazia, mi sforzo di pensare che si sia ancora in democrazia e le idee possano essere espresse. o c’è un regime e m’è sfuggito qualcosa ? (o qualche generale vuole instituire un regime e continua a sfuggirmi qualcosa ?)

    matteofantuzzi

    24 giugno 2006 at 09:57

  61. Bah, Matteo, hai un modo di discutere che mi lascia davvero perplesso. Cosa c’entra quest’ultima cazzata sul regime. ragiona un po’ di più, su! democrazia, generali, ma che cazzo di argomenti sono, qui stiamo parlando di poesia.

    Adriano

    anonimo

    24 giugno 2006 at 11:49

  62. bene, parliamo di poesia: c’è un bell’articolo di paci su absolute riguardante pagliarani e sempre su absolute un bell’articolo di lello voce su fortini uscito per quodlibet (e colpevolmente non per garzanti). poi c’è l’articolo che sopra riporto io, poi da fabrizio centofanti un bel post di gabriel del sarto.

    matteofantuzzi

    24 giugno 2006 at 17:52


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