Giampiero Neri in un’intervista a cura di Thomas Maria Croce sull’Ulisse n°4 afferma: "Il ruolo è implicito nell’attività artistica. Dal momento in cui uno pubblica un’opera, si fa leggere, ha un ruolo nel consorzio sociale. Noi leggiamo o guardiamo un’opera d’arte e riflettiamo sulle manifestazioni di ricerca espressiva: l’opera ci fa pensare, sollecita la parte più nobile dell’uomo. In questo è implicita la funzione sociale. Da qui a ritenere che ci possa essere una funzione sociale ufficiale ne passa. Sono contrario a qualsiasi forma di ufficialità, la quale toglierebbe la libertà, e potrebbe portare a un’arte di propaganda, come molto spesso è accaduto.
Mi vengono in mente quei contadini che falciano il grano col sorriso finto, allargato: questo tipo di arte è una beffa, una mistificazione.
Quei sorrisi sono inverosimili, sui volti dei contadini o degli operai in realtà si vedono i segni della stanchezza, della preoccupazione".
Nella prospettiva del poeta nato a Erba il ruolo esiste, è un dato di fatto, è una conseguenza del fare, ma attenzione a chi vuole sviluppare programmi ufficiali (e artificiali), non farebbe altro che snaturare la poesia. Con semplicità Giampiero Neri appoggia sul tavolo della poesia, e del nostro ammbiente letterario, un granello di epistemologia che, ricordato, potrebbe di certo insaporire il lavoro di molti redattori, critici e poeti.
Poichè distante appare questa semplicità dalle elucubrazioni degli addetti, sfiduciati mentre analizzano la società (troppo spesso discorsi incomprensibili alla massa, cioè noi, densi di note illeggibili) o noncuranti della realtà, privilegiando nessun ruolo con un giro di parole, in pratica disimpegnandosi.
E l’uomo, quello che fa, non è il poeta ? Ma come mai la comunicazione non arriva ? Come si può pensare che la poesia solleciti, faccia pensarem se il poeta non si misura con la realtà per restituirla all’uomo, come civiltà ? Non mi sembra che Yeats abbia avuto timore della corona inglese mentre scriveva "Pasqua 1916" in ricordo della corona irlandese.
Oggi pare invece non ci si ammazzi per le strade, non ci siano guerre, non ci siano cose da denunciare, aspetti della realtà tanto forti da colpirci ! Niente, neanche la morte, solo la disarmata lingua del nulla e la paura dei poeti di non essere riconosciuti, da cui poi derivano prese di posizione ridicole, come il meglio proporsi come amici a quelli delle grandi case editrici, offrirgli servigi, in modo tale da avere l’impressione di essere, un giorno, canonizzati, diventare come papi chiusi nei sepolcri della storia; o inventare mirabili apparati editoriali che assolvano i peccatori "poeti" in un circuito elitario, finzione dell’amore dei poeti per la comunicazione tra di loro, senza accenni all’efficacia referenziale o alla rilevanza sociale dei testi proposti -tanto, sono tutti bravi, chi più, chi meno. –
Che bravi questi poeti così maturi nel motivare le scelte nelle giurie attraverso conbine, nei premi letterari; quante discussioni, quante proposte quanto dibattito culturale ! Che scienza !
I segni che scrutiamo nel cielo rimandano ad altro, a qualche temporale in arrivo; e così anche le parole degli addetti ai lavori fanno emergere un quadro, la debolezza delle prospettive in cui la poesia naviga: i poeti svuotati del loro impegno (o a causa di un tempo ferragostano andato a male o del leviatano dell’industria culturale) ci sguazzano dentro.
Questa è la realtà: rimedi per i poeti ? Come selezionare, promuovere, comunicare, oggi, la poesia ?
Mi vengono in mente quei contadini che falciano il grano col sorriso finto, allargato: questo tipo di arte è una beffa, una mistificazione.
Quei sorrisi sono inverosimili, sui volti dei contadini o degli operai in realtà si vedono i segni della stanchezza, della preoccupazione".
Nella prospettiva del poeta nato a Erba il ruolo esiste, è un dato di fatto, è una conseguenza del fare, ma attenzione a chi vuole sviluppare programmi ufficiali (e artificiali), non farebbe altro che snaturare la poesia. Con semplicità Giampiero Neri appoggia sul tavolo della poesia, e del nostro ammbiente letterario, un granello di epistemologia che, ricordato, potrebbe di certo insaporire il lavoro di molti redattori, critici e poeti.
Poichè distante appare questa semplicità dalle elucubrazioni degli addetti, sfiduciati mentre analizzano la società (troppo spesso discorsi incomprensibili alla massa, cioè noi, densi di note illeggibili) o noncuranti della realtà, privilegiando nessun ruolo con un giro di parole, in pratica disimpegnandosi.
E l’uomo, quello che fa, non è il poeta ? Ma come mai la comunicazione non arriva ? Come si può pensare che la poesia solleciti, faccia pensarem se il poeta non si misura con la realtà per restituirla all’uomo, come civiltà ? Non mi sembra che Yeats abbia avuto timore della corona inglese mentre scriveva "Pasqua 1916" in ricordo della corona irlandese.
Oggi pare invece non ci si ammazzi per le strade, non ci siano guerre, non ci siano cose da denunciare, aspetti della realtà tanto forti da colpirci ! Niente, neanche la morte, solo la disarmata lingua del nulla e la paura dei poeti di non essere riconosciuti, da cui poi derivano prese di posizione ridicole, come il meglio proporsi come amici a quelli delle grandi case editrici, offrirgli servigi, in modo tale da avere l’impressione di essere, un giorno, canonizzati, diventare come papi chiusi nei sepolcri della storia; o inventare mirabili apparati editoriali che assolvano i peccatori "poeti" in un circuito elitario, finzione dell’amore dei poeti per la comunicazione tra di loro, senza accenni all’efficacia referenziale o alla rilevanza sociale dei testi proposti -tanto, sono tutti bravi, chi più, chi meno. –
Che bravi questi poeti così maturi nel motivare le scelte nelle giurie attraverso conbine, nei premi letterari; quante discussioni, quante proposte quanto dibattito culturale ! Che scienza !
I segni che scrutiamo nel cielo rimandano ad altro, a qualche temporale in arrivo; e così anche le parole degli addetti ai lavori fanno emergere un quadro, la debolezza delle prospettive in cui la poesia naviga: i poeti svuotati del loro impegno (o a causa di un tempo ferragostano andato a male o del leviatano dell’industria culturale) ci sguazzano dentro.
Questa è la realtà: rimedi per i poeti ? Come selezionare, promuovere, comunicare, oggi, la poesia ?
Christian Sinicco
et voilà , inedito. ringrazio l’autore che vado a raggiungere a riccione: ore 15 dibattito sui nuovi media e la poesia.
matteofantuzzi
3 settembre 2005 at 11:31
Interessante riflessione!
Un caro saluto
Liuk
anonimo
3 settembre 2005 at 12:24
Il dibattito alla fine non s’è fatto. Non so se è più interessante ascoltare poeti che leggono mediocremente o dibattere su un tema incandescente. Comunque su absolute trovate l’intervento che avrei fatto, “otium et negotium”. Gli unici che hanno letto in modo degno sono Rondoni, Nacci, Leardini, Braga, e ce n’era un’altri ancora credo (Franzin, e poi un altro ma non mi ricordo il nome ora). Diciamo che Galaverni in una intervista ha detto che questa generazione non ha voglia di dibattere, è che è un po’ preoccupante. Leardini ha sbagliato, è stata poco professionale, ed anch’io come Galeverni un po’ sono preoccupato.
csinicco
4 settembre 2005 at 09:51
“…della corona irlandese”, evidentementi quando ho spedito a Matteo non ho controllato, ma non capisco cosa voglia dire “corona” (e se l’ho scritto io) cmq molti sono insorti e sono morti, poi dopo quella insurrezione vi fu da parte dell’inghilterra un timida apertura sull’autonomia, e piano piano il processo portò all’attuale Irlanda repubblicana.
csinicco
4 settembre 2005 at 09:55
sono contenta di non essere venuta, a parco poesia. mi puzzava un bel po’ “l’evento” e non mi sono forzata.
detesto quando il programma non viene rispettato, e già il non aver fatto una scaletta temporale dei readings dei “giovani autori” e una sorta di calendario più dettagliato mi aveva innervosita…
sleepwalking
4 settembre 2005 at 10:16
dibattere, personalmente, mi piace.
e, sempre personalmente, non sopporto proprio la capacità che hanno certi poeti di autorovinare i loro scritti con pessime letture.
lo scritto è fondamentale, ma, quando si passa al leggere, si aggiunge anche la componente, altrettanto basilare (nel caso dei readings), della capacità espressiva vocale. Non sto parlando di teatralizzazione, bensì di effettiva riproposizione fonica del detto.
Ho notato che molti lasciano cadere in secondo piano la faccenda, durante le letture, ed a mio parere sbagliano.
anonimo
4 settembre 2005 at 12:34
Per il valore dell’incontro con delle persone che stimo, non getto via parco poesia. Ma Isabella dovrebbe innanzitutto spesare chi viene, quindi ridurre i giovani lettori, fare un lavoro di selezione (e di critica), quindi optare, tra le scelte, per quelli la cui esecuzione risponde ad un ipotetico ascolto. Poi i dibattiti, è un peccato che non ci siano stati, è una sconfitta.
csinicco
4 settembre 2005 at 12:55
A proposito di Zattoni, ho letto il libro: nemmeno troppo ferocemente: secondo me deve molto lavorare: la musicalità è ridotta all’osso, il ritmo non c’è, la rilevanza di ciò che scrive è bassa in quanto si ferma sul quotidiano, ma alle volte son cose sue. Come se io venissi a raccontarti che la mia passione è Britney Spears (se non permetti di conoscere il mondo di Britney, se non ricrei il mondo di queste new Marylin come un Pasolini, se non te ne frega di lei in assoluto, mi mandi a quel paese, o pensi che io sia scemo…) Insomma, anche stavolta, prima di far pubblicare questo ragazzo, forse sarebbe stato meglio farlo confrontare con altre scritture, e con altri che scrivono. Inoltre sarebbe meglio per lui passare alla prosa, anche perché se non c’è un minimo di suono anche nella prosasticità siamo alla frutta. Comunque è giovane, e se si confronta e inizia a lavorare da solo, e smette di regalare i libri a tutti solo perché hanno letto con lui, e invece di farsi conoscere, vuole conoscere, allora forse qualcosa di buono può accadere.
csinicco
4 settembre 2005 at 13:17
Ciao Christian,
dissento sul tuo punto di vista (riferito al libro di Zattoni). Trovo invece che il “sottotono” usato con intenzione nel libro sia proprio in linea con la corrente (se vogliamo chiamarla cosi) con quella linea poetica a cui si rifanno i poeti della tanto parlata/criticata “linea lombarda” (di cui Cucchi è uno dei portavoce maggiori).
Il libro ha coerenza anche se non ha una trama (intesa come accezione del termine) e si distende in più quadri a tratti acuti (vedi La Cavia) o più distesi e meditativi (Al tavolo di un pub, Visite). Particolarmente riusciti i testi della sezione “Una notte a Milano” ed il testo di chiusura della silloge (mi sfugge il titolo, mi spiace…). Non credo sia un poeta cosi “in formazione” come scrivi, trovo invece che abbia una definita cifra stilistica e la carenza (come mi pare tu abbia scritto) di confronto con altre cifre stilistiche, a me pare errata. Pare invece che sappia esattamente confrontarsi scegliendo un tono (come già presente nel libro d’esordio “Il Nemico” che già si poneva fermo nella lingua anche se giovanile nella scelta tematica). E non tutti i poeti si confrontano con temi “socialmente impegnati”. Non l’ha fatto Neri, non l’ha fatto Erba, la Cavalli, non l’hanno fatto una pletora di Poeti che semplicenebte hanno scelto il quotidiano come ponte per una riflessione lasciata poi al lettore.
Il regalare libri a destra e a manca poi… ma che osservazione hai fatto? Ma se siamo sempre qui a scrvere e a battere sul chiodo del far conoscere la poesia con lo scambio, la comunicazione !!!! Quale migliore occasione del farlo in sede “personale” durante il faccia a faccia di una manifestazione ! Poi magari il libro regalatomi potrà non piacere, ma almeno ho avuto modo di leggerne e di conoscere un autore!
Questo è il mio punto di vista e sono conscio che altri dissentiranno in toto. Ma siamo qui per uno scambio d’opinioni.
Fabiano
anonimo
4 settembre 2005 at 14:34
Fabiano, tu che sai molto bene cos’è la linea lombarda devi aver anche presente il bel libro curato da Giampiero Neri, Poeti d’inverno – adesso non mi ricordo l’editore – penso uscito nel 1988 o 1989. Quello che ti voglio dire, è che se è esistita una linea lombarda, ha avuto tantissime differenze dal punto di vista formativo, come testimonia anche il fare stesso di Neri dal punto di vista critico in quella selezione (consiglio di trovarlo, e leggere la prefazione). Nonché c’erano autori di una certa levatura, ancora vivi, taluni. La linea che sta proponendo Cucchi, attraverso le scelte su alcuni autori, non è la linea lombarda (se lo pensi o non hai letto, o appartieni ad una lobby, o sei cieco): è un ripiegamento sul prosastico che nulla ha a che fare con quella stagione, perché di stagione si parla. E secondo me è ridicolo parlare di linee, oggi, dopo le avanguardie e la fuoriuscita da esse. Sul libro di Zattoni, su quotidiano il problema è la narrazione (o il contesto dove il poeta fa accadere accade, nella scrittura, la poesia, c’è l’ha insegnato Montale), ovvero la finzione si carica di strumenti altri, o si fa una narrazione, che è sempre una forma del contestualizzare (ci sono giovani interessanti che fanno bene il prosasistico, e che utilizzano il quotidiano, come Fossati e Baldi, mentre Pellegatta lo elabora sensazionalmente).
Sul quotidiano non ho nulla da eccepire, non ho parlato di socialmente impegnato, ho detto semplicemente che se mi stai raccontando qualcosa allora in qualche modo la finzione che sviluppi mi deve interessare. Su Zattoni, che non conosco personalmente, m’ha fatto ridere una scena buffa di consegna di un libro ad un autore; ma non è niente di male, solo che non c’era alcun faccia a faccia (cosa che ho fatto anch’io, lo ammetto, in diverse occasioni, quindi mi faccio reo legislatore:-)
csinicco
4 settembre 2005 at 15:14
anch’io starei attento, come dice christian, a parlare di linee, scuole. questo discorso vale – forse – per i poeti della generazione precedente (sempre che abbia un senso, macrinianamente, rifarsi alla griglia generazionale, mah), quelli usciti o con un piede ancora dentro al calderone ideologico. ma oggi il discorso si sfalda come neve al sole (al sole tiepido di ottobre). proprio con galaverni si parlava ieri della debolezza dei poeti sul lato della consapevolezza teorica, della visione del mondo (prendendo spunto da una riflessione di cordelli il quale nella ristampa de “il pubblico delal poesia” parla di scomparsa del poeta-intellettuale). oggi al telefono con un amico, jacopo ricciardi, si è approfondita la questione: il poeta è sempre stato colto, e in alcuni casi erudito. ma oggi cosa significa essere colti nella società mediatica? c’è il tempo per coltivare il sapere? o il sapere non è più lo stesso? è dura rintracciare in giro, anche tra i più vecchi, la figura del poeta erudito. zanzotto probabilmente (tra i viventi). e qualche altro nome. non voglio dire che l’erudizione faccia la poesia. voglio dire che il poeta dovrebbe essere il più possibile conoscitore delle cose dell’uomo e del mondo, cercare di essere sempre migliore come uomo, come lettore, come viaggiatore. di pasolini ne nasce uno al secolo, certo (e di borges). ma la tensione verso quel tipo di poeta è la tensione che dovrebbe mostrare la via, a mio parere. il poeta, se è poeta, è colto: colto della parola, della lingua, della storia, della vita. per coltivare il campo, lo sa il contadino, ci vuole tanto tempo. per tornare al discorso iniziale: sereni era un poeta. lui era la linea lombarda. sereni non appiattiva la sua cifra stilistica su un solo orizzonte epistemologico e formale. il poeta vero trascende le linee. si trasforma. montale è l’esempio lampante. allora continuare a parlare di abbassamento linguistico e quotidiano come degli elementi fulcro della cosidetta linea lombrada significa banalizzare, fraintendere. parliamo invece di poeti che lavorano in maniera originale sulla lingua, che costruiscono un mondo, che vanno verso la conquista di uno stile proprio, non verso la mimesi (quando il poeta era colto, la mimesi la faceva prestissimo, da adolescente, ma poi andava per la sua strada, non stava sotto le ali del maestro, soprattutto perchè il maestro non gliel’avrebbe concesso). mi pare che molti giovani poeti abbiano paura di allontanarsi da quelle che sembrano essere le linee guida, forse per insicurezza, forse per timore di non trovare visibilità . così facendo, vanno verso l’inautenticità . il maestro non ha portaborse ma allievi che un giorno lo supereranno. il maestro lo sa eppure continua, condannandosi, in un certo senso. vedo invece molti amabili vecchi poeti contornarsi di giovincelli e fare le corti. e sia, che importa. a volte, ai festival, alle rassegne, nei salotti, ci dimentichiamo dei poeti che ci hanno illuminato. quelli che ci fecero balzare dalla sedia, ci fecero venire la pelle d’oca, quelli che ci hanno cambiato la vita. decidemmo in quel momento di scrivere. era un brivido che attraversava il cervello, la pancia, il pube. per me è stato così con pavese, e ancora lo è. oggi, quando ascolto e leggo un poeta, aspetto di essere colto da quel brivido. se non arriva – e non mi arriva leggendo cucchi, per esempio, bensì leggendo alcune poesie di giudici, tanto per stare in zona – allora per me quella non è poesia, è solo scrittura, magari levigata, bella, fine, ma manca quel quid che fa la differenza. per cercare il quid bisogna rifuggire le linee e le facili caselle, via dalle mode. e non portare le borse a nessuno. ma anche questa affermazione lascia il tempo che trova. il tempo è giustiziere. screma al di là di ogni più lungimirante previsione.
luigi nacci
anonimo
4 settembre 2005 at 16:07
…suppongo si tratti di cecità la mia (sono troppo zingaro/slegato per qualunque tipo di lobby e per leggere leggo – e il conto in banca ne soffre per gli acquisti continui – ). Suppongo allora che sia una questione di punti di vista il come/quando un testo, una silloge in questo caso, ci fa arrivare un “messaggio” o ci permette una entrata su quei secondi livelli/piani che il testo evoca dapprima, per svelarsi/svelarci successivamente. Il prosastico è sempre un arma a doppio taglio e se eccessivamente “dimesso” appare quasi malriuscito, abbozzato, non pregno/permeante, se elevato eccessivamente sfocia in quella scrittura alla Valentino Ronchi (che mi piace premetto, anche se con parecchi limiti) dove il far poesia è praticamente una prosa sempliecemente messa a capo a mezzo verso (con domanda finale del tipo “ma la poesia dov’era?”)
(e anche io – quando posso – tendo a “distribuire” i miei libri, indi siamo in due ad esser reo-legislatrore)
anonimo
4 settembre 2005 at 16:08
ops, il post sopra (12) era mio, scusate per la firma mancata.
fabiano
anonimo
4 settembre 2005 at 16:09
concordo con fabiano, zattoni ha assolutamente già raggiunto una propria precisa cifra stilistica, ed è quella di una quotidianità “bassa” in cui emergono cose RILEVANTI, eccome.
ora sul ritmo non so,che non sono una critica. Parlando di poesia letta “di pancia”, come la leggo io, come la legge un lettore non “poeta” forse, beh, lui c’è, in questa linea poetica “di poesia che tocca nervi scoperti”, forse ancora in modo discontinuo, ma c’è.
sleepwalking
4 settembre 2005 at 17:03
mah, non lo so Fabiano, forse non hai delle basi critiche: questo non toglie tu possa avere delle opinioni, e anche del piacere a leggere il labor di una persona, a cui va il rispetto e, per quanto mi riguarda, il mio rispetto è la mia sincerità . Però non mi addentrerei in facili categorizzazioni. Ognuno poi fa la sua strada, come dice Nacci. Però forse una critica fa meglio che un elogio, elegia alle volte. Krumm, ad esempio: io non lo stimavo per niente, però qualche volta ci scrivevamo – lui non sapeva motivare, disse pure in una intervista che il metodo del passaparola per la critica, era così bello – e tra le sciocchezze (perché la mia scrittura gli piaceva a tratti) con cui tentava di motivare le sue impressione, qualche volta l’azzeccava. Forse alle volte serve essere anche nemici, anche se io preferisco essere non compiacente, e non a caso.
csinicco
4 settembre 2005 at 17:09
da osservatrice esterna mi permetto di dire che, secondo me, essendo coinvolti in modo diretto e personale ne “l’affair poesia” a volte mi sembrate un tantinello invidiosi, e poco obiettivi in certi giudizi.
non credo che zattoni si senta un “arrivato” e non abbia la voglia di mettersi in discussione, credo proprio che ci siano davvero diversi tipi di poesia, che faticano ad incontrarsi..
La necessità di motivazione che auspica christian io, in quanto mera lettrice, non l’avverto. è certamente un’esigenza che nasce dalla volontà di confronto critico per “crescere”, dunque legata al vostro esserci dentro.
C’è differenza tra l’essere nemico,astioso, non compiacente, e “leccaculo”, e sono differenze non da poco.E direi che spesso si vedono tutte, queste modalità .
sleepwalking
4 settembre 2005 at 17:18
precisa cifra stilistica.quotidianità bassa.emergono cose. Specifica, se riesci ciò che vuoi dire con questi termini.
csinicco
4 settembre 2005 at 17:19
attenzione, io non offendo. Non ho dato del leccaculo a nessuno. Per quanto mi riguarda, visto che sono 4 anni che studio gli autori giovani, penso vi siano autori, con caratteristiche simili (e della stessa zona), migliori (e ciò non significa che i giovani siano all’altezza della grande letteratura italiana, per quanto ancora la riflessione sul Novecento sia confusa).
csinicco
4 settembre 2005 at 17:24
nel senso che la sua cifra stilistica è questa, la quotidianità fatta di cose se vuoi banali, di non ampio respiro etico. ma riesce a far vedere l’alto, dietro queste “buone cose di pessimo gusto” questi mondi piccoli, individuali, fatti di gestualità minime.
ora ho in mente in particolare un testo che è contenuto nell’antologia, ma essendo in un internet point nn riesco a recuperarlo. mi riservo di postarlo domani, ma magari se interviene zattoni stesso è meglio che qui si fanno i conti senza l’oste…Il senso di cifra stilistica è nella reiterazione di un modo PERSONALE, riconoscibile come suo, di scrivere.
Il senso di EMERGONO cose era proprio nel senso che le profondità del suo dire emergono in contrasto con il tono, il sottotono, cui tu alludevi.
ma giurin giuretto domani provvedo a mettere un calzante esempio.
sleepwalking
4 settembre 2005 at 17:25
off topic: sul nuovo best off di mozzi,invece?Pare intenda inserire discussioni letterarie,e indica anche universo poesia come referente, avete letto, che ne pensate?
sleepwalking
4 settembre 2005 at 17:27
concordo con il post 15 Christian: non sono un critico, non he ho la formazione. Sono solo un “lettore critico” – che è diverso -, non mi accontento, devo trovare autori che sappiano darmi qualcosa col testo (mas come tutti noi, del resto).
Per cifra stilistica intendo la sua Voce calligrafica, quel segno che mi permette di poterlo riconoscere tra altri testi. Se leggo un testo di Neri, so esattamente che è di Neri anche se non firmato. Lo stesso dicasi per un Raboni o tra noi giovani, un Fantuzzi, un Ronchi, una Cera Rosco, un Dome Bulfaro… hanno una scrittura che è praticamente una firma, per stile, costruzione del verso, uso della sintassi…intendo questo per cifra stlistica. Per quotidianità bassa, ecco, quesdto è più sottile, quasi impaklpabile e mi viene difficile renderlo in toto senza farne un intervento pallosissimo. Zattoni (mi rifaccio a lui essendo la molla scatenante del dibattito) prende in esame situazioni minime, quotidianamente quasi irrilevanti (agli occhi di un possibile lettore intendo). Guarda Il pezzo che tratta dell’ascesa sulla Tour Eiffel (mi sfugge il titlo, non ho il libro con me, ora). Un pezzo che narra di che? della paura di salire sul monumento? Quotidianità bassissima, oltre che personalissima. Un evento che non esiste. Eppure ne ne trae una comunizione d’evento che ad iperbole va verso tutt’altro. Suppongo di NON essermi spiegato…e in questo mi faccio simile a Krumm. Capacità di capire ma non di spiegarsi…Che dannazione.
fabiano
anonimo
4 settembre 2005 at 17:38
p.s. SCUSATE GLI ERRORI DI BATTITURA ma la tastiera è alle cozze…
fabiano
anonimo
4 settembre 2005 at 18:09
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anonimo
4 settembre 2005 at 21:42
post 22: errori di battitura assolti – io faccio anche di peggio ultimamente
🙂
sul post 19: se interviene Zattoni nel dibattito sull’impegno, va bene, anche perché indirettamente ne stiamo parlando tramite lui (poi ritorno sopra questo aspetto); ma non è una questione di fare i conti senza l’oste, i miei rilievi rimangono anche perché il minimalismo (ciò che tu identifichi come quotidiano basso, penso) rispetto la nostra grande letteratura, non è mai stato questo grande esempio. E’ questo che intendo dire. Tra le scelte di Cucchi ad esempio ci sono interessanti poeti, ma che fanno la loro linea, e che non sono in linee… Ricciardi, Caratti, Pellegatta, Del Sarto. Ma stiamo attenti, tranne Ricciardi che ha pubblicato già 3 libri credo, e che si sta confermando grazie alla sua originalità (penso alla questione dell’informale, e della prospettiva teoretica che poi nasce da Eco con la questione dell’opera aperta – anni 60, per riferimenti se avete voglia di cercare), le altre persone, nonostante le conosca e le abbia anche invitate a Trieste nel 2002, si devono confermare. Cioè non si può dire che è bella qualche poesia lì e lì e che si sente qualcosa; si sente continuamente qualcosa, poi però bisogna chiarirsi le idee sulla letteratura del proprio paese, se no ritorniamo alle grotte e seguiamo gli sciamani che ci dicono questa è la verità , unica, eterna.
Quali sono stati i vostri grandi esempi letterari? Partiamo da quelli innanzitutto. Quali stranieri, anche?
Sull’impegno (e quindi anche sul fatto che il poeta non può fissarsi in linee, se è poeta, poichè capace di evolvere, stravolgere, le funzioni che la propria poesia svolge all’interno della finzione che chiamiamo scrittura) ritengo che i “giovani” debbano essere in grado di misurarsi in un dibattito, con strumenti critici. Ma questo significa che per un po’ di anni bisogna forse stare in silenzio, osservare anche la sociologia del sistema, capire il bene e il male di questo, cercare non quello che è in una linea, ma le cose che individuano un poeta, che fanno la sua scrittura originale. Se no non ci evolviamo nemmeno noi, rimaniamo attaccati ai concetti che crediamo di possedere.
csinicco
4 settembre 2005 at 21:49
Altra cosa: dimenticate la voce, voi date la voce, è una vostra ricreazione. E’ un dettaglio importantissimo. Quindi dite, eseguendo la poesia di…, ho sentito in questo punto, capito che…
La critica è sempre soggettiva,
e quello che resiste alla sua ferocia?
quello che è rimasto,
quello che resiste,
là sotto, tu lo vedi,
airone, sotto le montagne di macerie,
dentro i crateri delle bombe,
sotto le colline d’immondizia,
lì dove resiste, continua,
rinasce la semplice vita,
ultima, dimenticata, dileggiata,
rimossa, ridotta a poltiglia
nella mente degli uomini,
la semplice vita,
il nascere e morire,
rinascere e volare via,
aprirsi, amare,
quello che è vivo, amore,
sotto la semina dell’odio
Questa poesia, è di un lombardo, abbastanza conosciuto, uno tra i poeti che stanno diventando sempre più importanti. Ha sempre modificato la propria scrittura; è Antonio Porta, ma come lui altri: Doplicher, Rosselli, Pagliarani. Nemmeno ciò che qui si afferma sia “cifra stilistica” può essere,oggi, un modo per capire se una cosa/finzione/opera è valida o meno. Ce l’ha insegnato parte dell’Ottocento e del Novecento. Il mondo che l’artista crea è più vasto dello stile, e l’airone può alzarsi in volo proprio grazie a questo.
Buonanotte
csinicco
4 settembre 2005 at 22:13
A prop., Porta è nato a Vicenza, ma è vissuto a Milano.
csinicco
4 settembre 2005 at 22:17
ecco, io e fabiano forse ci siamo capiti, almeno per quanto riguarda la presunta cifra stilistica di zattoni.
questa la poesia che avevo in mente
SI ENTRA CON PRUDENZA IN CASA D’ALTRI
Si entra con prudenza in casa d’altri
come nelle grotte su in montagna
o nelle tane.
S’annusa dapprima l’odore
che impregna l’aria, poi l’aspro
taglio della luce,
per ultimo il dolce che avvolge
le cose antiche e le rinnova.
Ti guardi intorno, tu, a bocca aperta
– il mobile alto, il mio armadio a muro,
quel tavolo di legno scuro in fondo
e la credenza -.
Come s’addensa in popco spazio
il territorio dell’uomo.
sleepwalking
5 settembre 2005 at 07:43
e la serragnoli mi pare un’altra voce di rilievo.
sleepwalking
5 settembre 2005 at 07:44
Della Serragnoli ho letto le prime cose. Intimiste, ma traspare un’immaginazione incisiva. I rilievi partono almeno da una quota significativa che, come detto prima, ha bisogno di più conferme, e chi ci cammina, non può perdere un passo, perchè rischierebbe di cadere.
Sui giovani, consiglio cose molto diverse (è un estratto da un mio articolo, che devo ancora completare per novembre, quando uscirà su http://www.fucine.com uno speciale sulla poesia), anche perché oggi è importante rifornire di differenze anche le selezioni:
Tiziano Fratus ha pubblicato la raccolta Il molosso (Editoria & Spettacolo, 2005 – http://www.editoriaespettacolo.it; alcuni testi sono pubblicati su Manifatturae – http://www.manifatturae.it): si tratta di un lavoro in tre sezioni (la raccolta lumina e il poema lâinquisizione, precedentemente pubblicati sempre per Editoria & Spettacolo, più il poema il pianto) che attraversa modalità dallâinformale allâoralità ; emoziona un realismo travolto dalla possibilità di riscattare, invocando ed evocando in catarsi di immagini, lâumano.
Florinda Fusco, in Linee (Editrice Zona, 2001 – http://www.editricezona.it/poesia.htm), performa versi che, sovrapponendosi e frammentando il testo, sperimentano evocazione, significati di una poesia senza lacci, ma da afferrare come âpassi dei passi con le mandorle sulle ditaâ; su Re-vista (www.re-vista.org) alcuni brani del poemaThérèse (HC2378B) evocano narratività .
Luigi Nacci ha pubblicato su antologie (Di sale, sole e di altre parole – La nuova generazione di poesia in Trieste, ZTT EST, 2004) testi da Alla Discarica del Signor Postmoderno, raccolta abitata dal realismo magico, e da Versid’amoreinquinatod’amare, operazione innamorata del suono e ironicamente inquinata da questo, dalla quale è stata realizzata la plaquette Poema marino di Eszter (Battello Stampatore, 2005); lâultimo suo lavoro ultrasonoro, Poema dis-umano, è una sperimentazione nella guerra dei suoni tra parole che mimetizzano ciò che accade alla civiltà .
Oliver Scharpf, che già nel 1997 a vent’anni si aggiudicava il Premio Montale per gli inediti, è passato dal rimbaudiano Nostro Signore degli spaghetti alla gricia a Uppercuts (Mobydick, 2004 – http://www.mobydickeditore.it), componimenti brevi che, come pugni al mento, intendono sbattere âal tappeto. Senza fiato. Nella zona biancaâ con ironia, sarcasmo, colpi di scena.
Francesca Spessot ha pubblicato su antologia (Gli Ammutinati – l’antologia poetica, Edizioni Italo Svevo, 2000; indicazioni su http://www.ammutinati.com) poesie dalla raccolta Le porte, rielaborazione simbolica di favole ambientate nella mente; in Splatter, suoi testi inediti mimetizzano invece le situazioni di cui si nutre l’emarginazione.
Italo Testa, che nel 2002 si aggiudicava il Premio Montale per gli inediti con la raccolta Biometrie (riordinata, riassemblata, e uscita con Manni – http://www.mannieditori.it questâanno), ha pubblicato il poema Gli aspri inganni (Lietocolle, 2004 – http://www.lietocolle.com), passaggio dall’ignoranza del nascere, e dal suo bianco âmuto aderire all’indifferenza delle coseâ, alla finzione della conoscenza attraverso un corpo che nuota e che si comprende per la presenza dell’altro; l’e-book sarajevo tapes (Edizioni d’if – http://www.edizionidif.it) è un diario in versi da ascoltare, riascoltare, in memoria di una Sarajevo macchiata di sangue.
Lorenzo Carlucci ha pubblicato su antologia (If music be the food of Love, play on, Libri Scheiwiller / Playon, 2003 – http://www.librischeiwiller.it e http://www.playon.adr.it) testi tratti dalla raccolta Newark Concrete: dialoghi, soliloqui, âil senso del nostro tempoâ da affrontare teatralmente.
Tiziana Cera Rosco ha pubblicato Il sangue trattenere (Edizioni Atelier, 2003 – http://www.atelierpoesia.it), in cui la ritualità della parola aderisce, più che a una botanica del linguaggio, al ventre di un corpo âbotanicoâ dove sono le immagini a svilupparsi; recentemente è uscita la plaquette Lluvia (Lietocolle, 2004).
Azzurra D’Agostino, che ha pubblicato D’in nci’ un là (I Quaderni del Battello Ebbro, 2003) e alcuni testi su rivista (Daemon – http://www.daemonmagazine.it), afferma che le sue âcreature di cartaâ saranno âsbriciolate con gesto teatraleâ; è uscita recentemente la plaquette Con ordine (Lietocolle, 2005).
Gianmaria Giannetti ha pubblicato escatologia (di una piuma) (Edizioni Il Filo, 2003; indicazioni su http://www.gianmariagiannetti.com), il cui significato ultimo risiede nell’ondeggiare/cadere della poesia mentre la banalità del quotidiano irrompe; su antologia (La coda della galassia, FaraEditore, 2005) La storia di Vera Blu (primi appunti) , sonoro metacontesto sul tentativo di una narrazione, di un luogo e di un logos legati ad un ânon ioâ o un io possibile.
Massimo Palme ha pubblicato su antologie (Gli Ammutinati – l’antologia poetica); inedita la raccolta Doni e devastazioni, interessante per i repentini passaggi all’informale grazie a dispositivi teoretici.
Davide Brullo, dopo aver sperimentato e tradotto i testi sacri in Scanni (Raffaelli Editore, 2003 – http://www.raffaellieditore.com/), ha pubblicato la raccolta Annali (Edizioni Atelier, 2004), flusso che avanza incalzando poiché âoggi qui è tutto un movimento di formeâ, poiché âè nella lotta costante di formeâ che il fare si genera.
Laura Pugno ha raccolto le sue poesie in Tennis (Nuova Magenta Editrice, 2001; indicazioni su http://www.laurapugno.it), sebbene sui testi si possano trovare anche su antologia (L’opera comune, Edizioni Atelier, 1999); dissemina la parola e la sua scrittura al fine di di-svelare, afferma che âtutto questo sarà , dappertutto, a macchie di soleâ.
Jacopo Ricciardi ha pubblicato le raccolte Intermezzo IV (Campanotto, 1998 – http://www.campanottoeditore.it), Ataraxia (Manni, 2000), Poesie della non morte (Libri Scheiwiller – Playon, 2003); il suo modo di procedere in poesia è âvasto quanto un luogo poiché lì è qui ma quando/ ci si avvicina al luogo qui e lì già accade tra la/ parola e l’universo che si toccanoâ.
Pietro Berra ha pubblicato Un giorno come l’ultimo (Dialogo, 1997), Poesie di lago e di mare (Lietocolle, 2003); nellâinedito Guerra e Pace dissemina acquerelli di storie, narrattività rielaborata su frammenti di fatti realmente accaduti, ma anche su eventi del quotidiano minuziosamente, ed emotivamente, redatti.
Roberta Bertozzi ha pubblicato Il rituale della neve (Raffaelli Editore, 2003) e la plaquette levatrice (Raffaelli Editore, 2004); nella raccolta Orfeo, tutta la calce (La coda della galassia, FaraEditore, 2005) lâautrice sperimenta il ritmo attraverso una teoresi del fare poesia, e una epistemologia a partire da questo, poiché âcontro ogni rassicurazione circa la totale leggibilità e comunicabilità del mondo il poeta lavora per il recupero del perduto facendo incessantemente perditaâ; poesia che calcifica a partire dallâinstabilità su cui, per un attimo, si è poggiata.
Elisa Biagini ha pubblicato Questi nodi (Gazebo, 1993 – http://www.emt.it/gazebo/gv04ebia.rtf), Uova (Editrice Zona, 1999) e Lâospite (Einaudi, 2004 – http://www.einaudi.it/), progetti su un vissuto che incorpora poesia, sia che la si voglia fingere nel quotidiano che nello straordinario.
Dome Bulfaro ha pubblicato Ossa. 16 reperti (Settimo Quaderno di Poesia Contemporanea, Marcos y Marcos, 2001 – http://www.marcosymarcos.com/) prima parte di un suo ambizioso progetto; nellâinedito Carne. 32 contatti continua a raccontare come le ossa ritrovate precedentemente, attraverso crampi e contratture, si assemblino in corpi, splendore, emozioni; ma non è finita qui, si può ipotizzare.
Luciano Dobrilovic è stato pubblicato su riviste (La Battana, periodico culturale degli italiani a Fiume – http://www.edit.hr; Fucine Mute Webmagazine – http://www.fucine.com) e su antologie (Gli Ammutinati, l’antologia poetica); è un poeta esistenziale con ascendente per una metafisica inscritta alla psicologia dellâuomo; inediti i I sentieri della terra, viaggio in cinque sezioni (Anomiche e poesie del limbo, Il baratro, Distanze e miraggi, I sentieri della terra, Resurrezione) per un groviglio di più di centoquaranta testi.
Sara Ventroni ha pubblicato il poemetto Clarissa e altre poesie (Nuovi Materiali, 1998), Acquatica (Il Ponte Vecchio, 1999 – http://www.ilpontevecchio.com/) e su antologie (Ma il cielo è sempre più blu, album della nuova poesia italiana, http://www.lellovoce.it/IMG/pdf/TESTO_DEFINITIVO_ANTOLOGIA_POESIA.pdf); ma è Nel Gasometro, inedito, che le ânecessità â imposte dal metacontesto inducono âuna strutturaâ e, sebbene il âGasometroâ non abbia âsensoâ, non abbia âversoâ, non sia âspazioâ, non tenga la âmateriaâ poiché âla espelle verso lâaltoâ, questa costruzione sospende il fare dellâuomo, la sua produttività , la sua tecnica utilizzata per la morte, e ne astrae, estrae, lâanima rarefatta attraverso il fare degli oggetti e di personaggi impiegati al mantenimento di questo stato delle cose.
Martino Baldi ha pubblicato Trentadue lattine (Ass Cult Press, 2002 – http://www.asscultpress.too.it), raccolta che oltre ad invocare il âDio dell’orzo, del luppolo/ e del malto tostatoâ si chiede se vi sia qualcosa âoltre la birraâ e la nostra quotidianità ; il suo nuovo libro, Capitoli della commedia, è in uscita, mentre alcuni sui testi sono stati recentemente pubblicati nellâantologia Conatus (Bamako Edizioni, 2005 – http://www.bamakoedizioni.it/).
Matteo Fantuzzi ha pubblicato principalmente su riviste (Yale Italian Poetry – http://www.yale.edu/yaleitalianpoetry/, Atelier, Tratti – http://www.mobydickeditore.it/rivista.html): i suoi testi mascherano la voglia di narrare, quella che muove sul dialogismo e su una sperimentazione estremamente testata.
Valentino Fossati ha pubblicato su antologie (I cercatori d’oro, La Nuova Agape, 2000; I poeti di vent’anni, Stampa, 2000; Lavori in corso. Antologia di poeti nati negli Anni Settanta – http://www.railibro.rai.it); ancora inedita la raccolta Allarme delle stelle, un allarme da aspettare come un âvento di gioiaâ, la cui narrazione già agita âcome il passaggio di un trenoâ.
Gabriel Del Sarto in I viali (Edizioni Atelier, 2002) esplode dolcemente la realtà , la frammenta grazie al vissuto, astrae sopra queste ârovineâ.
Massimo Gezzi con Il mare a destra (Edizioni Atelier, 2004) opera lo spostamento dalla mimesi o orienta la composizione dal suo inverso grazie a concetti che riemergono ânella menteâ e che repentinamente insinuano la loro fenomenologia.
Alberto Pellegatta in Mattinata larga (Lietocolle, 2002) elabora sensazionalmente il quotidiano, punta ad evocare costruendo parallelamente ai versi un clima minimalista o astratto.
Gherardo Bortolotti interessa con la raccoltaTracce pubblicata in parte su rivista (Poesia da fare, n°3, http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/rivista/pf003.pdf) e per la sua prospettiva teoretica: âordini interrotti, porzioni di strutture che ingombrano le regioni della mia percezioneâ il cui obiettivo risiede nellâintegrazione della vita in quanto si fanno strumenti âdi misura, per calcolare le aree di sensi (di realtà ) possibili, di possibili intenzioni sul reale, di stili e modi d’impiego. Assumendo questo punto, però, non ci sarebbe più bisogno di una petizione di realtà , non ci sarebbero più debiti da pagare alla mimesi, ed anche la narrazione di un fatto sarebbe la sua tramutazione in un modello di significato.1â
Silvia Caratti ha pubblicato La trama dei metalli (Lietocolle, 2002), in cui i suoi vissuti personali vengono rielaborati durante la scrittura alla scoperta di nuovi rapporti di analogia con la realtà .
Massimo Sannelli, le cui astrazioni si adagiano sull’informale, ha pubblicato O (Cantarena, 2001), Due sequenze (Editrice Zona, 2002), Antivedere (Cantarena, 2003), La realtà e la luce. Omaggio a Simone Weil (I libri del quartino, 2003), La giustizia. Due poemetti (Edizioni d’if, 2004), La posizione eretta (L’impronta Editrice, 2004), Saggio familiare (Edizioni d’if, 2004), Le cose che non sono (Biagio Cepollaro Edizioni, 2004 – http://www.cepollaro.it).
Gabriella Stanchina con Il libro della scala a spirale (Edizioni Polistampa, 2002 – http://www.polistampa.com) lavora le astrazioni su contesti artificiali, solo in parte visionari, poiché allo stesso tempo indaga le nuove relazioni – e condizioni – per mezzo delle quali il testo si tiene, letteralmente, in piedi su una scala rovesciata e che continuamente viene rovesciata.
Giovanni Tuzet ha pubblicato due raccolte sperimentali, 365 primo e 365 secondo (Casa Editrice Liberty house, 1999 e 2000 – http://www.liberty-house.it); suoi testi più dalla raccolta Logiche e mancine sono apparsi su antologia (Nodo Sottile 4, Crocetti Editore, 2004 – http://www.crocettieditore.com; La coda della galassia, FaraEditore, 2005).
Poi scaricatevi anche i testi di Tommaso Lisa e Alessandro Raveggi da Re-vista.
csinicco
5 settembre 2005 at 08:41
farollo. ma uff…mi sembra di dover preparare un corso monografico sui giovani poeti… hai tralasciato due tra i miei preferiti Lombardo e Lorefice…
grazie precississimo e puntuale. 🙂
sleepwalking
5 settembre 2005 at 08:47
ops scappata una sssss…
sleepwalking
5 settembre 2005 at 08:51
Ne ho tralasciati circa una quarantina (e i dialettali che non ho osservato), poeti che hanno risultati alterni, soprattutto quelli lasciati tra le antologie visionate, molti dei quali hanno testi interessanti, ma hanno risultati alterni. Questi li segnalo perché c’hanno quella puntina che si inserisce su una piattaforma, che parte da rilievi sociologici/estetici/critici.
Un corso monografico? Aspettiamo 4-6 anni, anche perché così saranno la metà .
csinicco
5 settembre 2005 at 09:20
fatta eccezione per qualche inserimento di persone che hanno lavorato e lavorano nell’ombra e tirano fuori qualcosa di corpulento
csinicco
5 settembre 2005 at 09:29
Caro Christian, devo dire che la tua “lista” è di sicuro interesse, contando che ho letto/visto alcuni lavori del solo 50% degli autori citati. Lettura interessante,
M.
Massimo73
5 settembre 2005 at 10:30
ma anche questa…da Il nemico
Il copione non prevede rapidi cambi
di scena, incontri a mezzanotte, baci
sotto la luna piena, è una particina
che chiunque potrebbe fare
anche senza essere attore
ma bisogna farla bene, col cuore.
sleepwalking
5 settembre 2005 at 11:27
Padre mio, dicevi che i neonati
piangono per vizio, e così
mi picchiavi. Un pellegrino sordo
e cieco vedendoti non mancò
di dirti indemoniato, passando avanti poi
a cercare il suo dio; e i dotti
troverebbero preziose parole
a nominare quanto costa sapere.
Né io mancai dâinsultarti: poiché è
facile sputare sulla bava dei vermi
per noi che naso fine abbiamo, e tanto
si parla di stragi, finché il fronte è lontano.
Luciano Dobrilovic che è un po’ sereniano:-)
(http://www.fucine.com/network/fucinemute/core/index.php?url=redir.php?articleid=1054 ; http://www.fucine.com/archivio/fm63/dobrilovic.htm)
csinicco
5 settembre 2005 at 11:39
ok tu torni a presentare l’impegno in questo senso…
etica del vivere.
altro esempio
Just words. Lorefice Budapest Swing Lovers
è tempo di tornare
due o tre passi agile
c’è una sottile differenza tra te e le altre/
so che andremo a letto
e da qualche parte ci siamo già stati
mi domandi spesso cosa vedo
una semplice idea?
una strana piccola idea
scrivo di sera
di solito osservo le parole
e sto seduto
poco altro
non ho valide alternative
sleepwalking
5 settembre 2005 at 11:48
L’impegno è nel leggere no?
csinicco
5 settembre 2005 at 11:50
scusa, saltato un pezzo del post
dicevo la tua concezione di “impegno” è volta più al senso di impegno politico, o civile o come vogliamo definirlo..o almeno, questo mi pare, dalla conclusione della poesia che hai postato, il porre come contigui i territori dell’esperienza personale e quelli dell’universale.
il senso che attribuisco io all’impegno in poesia, e più profondo o forse più egocentrico, più volto all’individuo, al senso etico del vivere
che ovvio dall’individuo si sposta poi al sociale..ma qua mi sa che mi incasino a postare sti interventi di soppiatto dal lavoro ;-P
salto connessioni logiche e il discorso mi sa che risulta traballante, spero tu riuscirai a saltapicchiare e capire quello che intendo, oltre le parole
sleepwalking
5 settembre 2005 at 11:54
Sarà come vedere lo
spazio scavato dalla pioggia
trasformare l’orizzonte in una furiosa
rivolta degli occhi. Come scendere il dolore
controvento. Hai un fiore da
mostrarmi. Ed una mano di terra e torba, che
nascondi nelle tasche. Dicendo che è per l’avvenire.
Fabrizio Lombardo
sleepwalking
5 settembre 2005 at 11:56
circoscrivi lâaccampamento dellâuniverso circoscrivi
lo stazionamento in ogni geometria dove non câè
altezza e ritorno la voce è calda come quella di
qualsiasi sole figura intrappolata nel nero e
rimossa nel nero i soli ruotano ma non è più
importante importante è che il tutto ruoti in sincronia
con il nostro corpo navigabile con cuore e testa girati
circoscrivi il cibo come un pane di pietra che non mangi
più così abbiamo banchettato alle frontiere del
nostro orgoglio vedendoci oltre scambiandoci il cibo bianco
della parola e parlando con essa in un sole lunare
realistico
Jacopo Ricciardi (da “Vita del sole”, inedito, Jacopo Ricciardi; http://www.fucine.com/archivio/fm66/ricciardi.htm : qua dentro trovate l’intervista a Ricciardi, e testi anche di Scharpf e Carlucci).
L’impegno è nel valutare tra le differenze, la società è differenze.
csinicco
5 settembre 2005 at 12:01
Orientarsi tra queste, tra le differenze, creare grazie a queste. Come ognuno, se ci pensi, anche se non pare.
csinicco
5 settembre 2005 at 12:09
clock for lovers – Lorefice – Budapest Swing Lovers
3:74 del mattino
assurdo
credo d’aver scomposto al massimo
le possibilità di queste ultime ore
le soluzioni sono tutte lì
una migrazione d’eccessi
tu ascoltami
ho da dirti che mi sei mancata
si sta soli
quando si scrive davvero
sleepwalking
5 settembre 2005 at 12:09
l’ultima frase in particolare
sleepwalking
5 settembre 2005 at 12:10
ehm, vedi dovevo dire “verso”, ma per me è un sentirla la voce, nella poesia quindi non sono versi, non mi interessa il ritmo. è l’emozione che cerco.
COLD ROOM MEMORY
due stanze
un corridoio senza entrate
respiro e capovolgo le domande
accetto il confine
il limite d’appartenere al silenzio
(ancora lorefice)
sleepwalking
5 settembre 2005 at 12:12
Se chiami più forte reclami
il corpo ritorna con forza
si stacca, mi scioglie la scorza
in bocca c’è il miele
rimà ni.
A.Porta
La distanza amorosa (10)
sleepwalking
5 settembre 2005 at 12:15
da “Doni e devastazioni” di Massimo Palme
DONO ALLA STRADA
S. Sebastián, Navidad 2002
Questo è lâinizio
e questa è la fine
nelle infinite rinascenze
di tigri padri frati
questo è il singolo
e questo è il doppio
nel velarsi delle ritmiche armonie
di universi cuori serpenti
questa è lâelementare salita
e la lugubre discesa
lo sbalzo il sogno lâaria
questo è il completo stanco
destino nelle autostrade
di affollate ripartenze
DONO AL TEMPO
Passata la frontiera
esaurita la forma
sentendo battere il vecchio
quasi a voler scacciare il nuovo
così
svanito pensando
pesando
soppesando e socchiudendo
i pochi ricordi
stretti
tra le cosce di unâalba
fredda
DONO DEL DONO
a Xenia
Che tu sia una poesia
che tu mi sia vicina come ogni poesia
dentro tutte
non in ciò che è tuo e mio
nelle discese più tristi
nelle risalite più tarde
nella devastazione dellâamore
che tu sia il tutto per tutto
che sia il confine ciò che lo vive
che lo abita
che lo anima
abitandolo
che tu non abbisogni di una scrittura
che ogni riga come ogni disegno
ogni lacrima lucente
che tutto il sangue trasparente che si riversa al cielo
sia tutto tu
sia lâabbraccio stretto la pacca
il bacio
il dio
che sia poesia di ospitalità infinita
di brocche di coccodrilli di letti per terra
di sangue sulle coperte
che sia tu a donare me al frammentato altare della vita
la passione del troppo
che emerga dal semplice
no non occorre che ti scriva poesie
la misera testimonianza che porto
ha senso solo nella creazione
nel prima
stupidi studi mi hanno abbagliato
tra i prescelti câè solo dannazione
qui serve amore e amore che è
lâangusto tra due corpi
il respiro bambino
le dita buffe intrecciate
le macchie solari che riconosco e tesoro
il blu del sentito
il rosso di scarpe nuove
per camminare di più
più presto verso la meta in cui tutto
annichilisce
DEVASTAZIONE CONSAPEVOLE DEL SUPER IO NELLA VIOLENTA VITA QUOTIDIANA
Essere un cazzo
essere lì nei tuoi sogni
schiavo di una donna in carriera
tanto manager quanto delicata
succhiatrice di uccelli
essere un uomo
lâuomo
essere il duro il bello
il figo il mantenuto
essere unâidea
giovane
artistica
stupenda
essere ridotto al nulla
essere la sconfitta
assieme al domino
soddisfatto
eppure indifferente
veloce alquanto
alquanto
breve
csinicco
5 settembre 2005 at 13:21
Testi degli altri poeti si possono trovare in rete. Come scritto. peccato che non sono state conservate le spaziature (che diventano pause), sia nella poesia di Ricciardi che di Palme (pazienza).
Quello che mi colpisce degli autori proposti, è la capacità attraverso la scrittura di tessere una trama, un mondo, in una raccolta. Per questo credo che il minimalismo da solo non possa bastare (ci vuole un’elaborazione ulteriore); una carrellata di testi, in genere legati al presente di un autore, non è la sufficienza, serve un tipo di riflessione più vasta, estetica, critica, sociologica. Di questo bisognerebbe tener conto, e rifornirsi di riflessioni e strumenti. Indipendentemente dalla bellezza o meno degli autori (come ho detto, vedremo chi si confermerà , e a me molti non convincono, ma è il meglio che ho scovato), bisogna privilegiare chi utilizza più strumenti, non esclusivamente linguistici, ma anche teoretici.
Alcuni lo fanno sforzandosi di comunicare, superando un certo sperimentalismo ed una certa semiotica, andando sul messaggio, non perché si debba comunicare un messaggio, ma nella leggibilità che diffonde informazione, che vibra, che sottende lacci.
csinicco
5 settembre 2005 at 13:41
azz
anonimo
5 settembre 2005 at 14:56
La tua lista e’ interessante Sinicco, ma ci sono buchi imperdonabili!! Ne mancano tantissimi, alcuni proprio dei migliori…
Massimo Veltri
anonimo
5 settembre 2005 at 16:05
Tipo?
csinicco
5 settembre 2005 at 16:18
Essendo che già tra questi sfronderei, e lascerei solo chi ha convinto, che ha raccolte pronte, anche se fa fatica a pubblicare, beh, se qualcuno l’ho tralasciato, mi fa oltremodo piacere saperlo.
csinicco
5 settembre 2005 at 16:25
parliamo proprio linguaggi diverti, christian.
“bisogna privilegiare chi utilizza più strumenti, non esclusivamente linguistici, ma anche teoretici.”
non mi serve un poeta laureato.
non mi serve che mi si indichi un percorso un categorizzazione un’appartenenza
mi serve VIBRARE, davanti alle parole.
partiamo da necessità diverse, da punti di vista diversi, il confronto serve ma ognuno continui poi a cercare le cose che ama, io cieca, forse agli accademismi, alle formalizzazioni, alle scuole..una bacchetta da rabdomante che mi basta. seguendo il percepire.
sleepwalking
5 settembre 2005 at 16:30
04 settembre
e poi, magari parlarne più diffusamente?
ce lo chiarisci, il senso di sta cosa?
-Sguazzano, e si compiaciono?
Una nota sull’impegno sul blog di Matteo Fantuzzi, Universo Poesia.
E ANCORA, su best off di Mozzi che mi dite????
http://www.vibrissebollettino.net/archives/2005/08/best_off_il_meg_1.html#more
sleepwalking
5 settembre 2005 at 16:33
Prima ancora di uscire, e venire a te
nella mia voce che dalla tua attratta
corre, taglia il tempo e lascia indietro
un corpo morto, e ne rinasce un altro
per quando rientreremo ebbri in due –
prima ancora di questo, eccomi a un tavolo
posato sul nulla, come nullo è l’universo
in questo istante detto…
Ti parlo già con la mia pelle accanto
o forse è l’anima appesa a un chiodo,
trafitta dall’amore eterno
Monica Pavani, ed mObydick
sleepwalking
5 settembre 2005 at 16:38
Non posso essere felice di vedere l’ignoranza, ovvero la mancanza di una minima voglia di conoscere, di un dibattito. Quindi Sguazzano, e si compiaciono. Ma non è riferito a chi è qui, e riferito ad una generazione che ancora si sottovaluta, che si vende, mentre c’è chi la utilizza ai suoi fini, apparati editoriali/chi ha inventato la “generazione” facendola partire dagli anni 70, una massa di persone che si credono poeti ma che non hanno il coraggio di vivere la propria esperienza applicandosi senza la paura di essere riconosciuti.
E allora diamo spazio alle danze di tutti, belle e brutte che siano l’importante è che tutti siano felici della loro immensa bravura!
Per quanto riguarda l’emozione sono d’accordo con te, ma emozione e strumenti, che significa labor. Non solo una cosa, perché se no qualsiasi discorso critico cade, e torniamo sempre alle caverne.
csinicco
5 settembre 2005 at 17:12
Massari per esempio, per fare il nome più forte che ho in mente adesso, non può mancare nella tua lista e secondo me nelle riflessioni di chiunque voglia occuparsi di poesia contemporanea e contaminazioni, anche se io mi fermerei per lui già solo alla sua poesia.. che fa impressione.
Mi viene in mente anche Marco Giovenale, per alcuni suoi lavori tra poesia e immagine.. mettiamoci a cercarli, che dici?
Massimo Veltri
(maxvel69@yahoo.it)
anonimo
5 settembre 2005 at 18:02
Hai ragione, perdonami ma è del 69:-) Il diaro del pane è bellissimo. Il tutto è su un articolo sulla generazione dei nati a partire dagli anni 70. Il lavoro di Stefano è meraviglioso.
Ma dal punto di vista dell’approccio lui è dentro, e visto che lo trovo giusto, lo citerò assieme ad altri nati un po’ prima, che si inseriscono a pieno titolo nel discorso.
csinicco
5 settembre 2005 at 18:06
Giovenale l’ho lasciato fuori, è vero, ma perché non mi è chiaro cosa voglia fare con la sua sperimentazione, e questo secondo me è un limite (mio, o forse suo). Ho messo dentro tuzet, ad esempio, perché c’è un lavoro sulla comunicatività dei testi in logiche e mancine. Se no l’avrei lasciato nel magma sperimentale. A parte la stima, dunque, per Marco, preferisco tenerlo fuori, e attendere. Non c’è fretta.
csinicco
5 settembre 2005 at 18:19
Devo dire che sono ammirato dal lavoro di Christian (e dalla pazienza) teso a “svelare” /mostrare – finalmente e con completezza – quella che è la generazione dei poeti dell’oggi, delle voci che sono – a modo loro – già formate e individuabili per carattere e meta. Suppongo – e vista l’enormità della ricerca – che sia stata una impresa più che un lavoro, specie considerata la frammentazione totale che il panorama poetico vive e in alcuni casi anche a causa della incomunicabilità tra aree (dovuta alle più disparate ragioni). Spero di poterne leggere quando il lavoro Christian lo considererà concluso (anche se concluso credo non lo sarà mai, vista la crescita dei singoli autori, l’emergere di nuovi ancora non conosciuti territorialmente, etc..)
Sarà motivo di confronto/scoperta per molti potersi avvicinare a voci che, proprio per separazione geografica non erano state prese in considerazione o ancor peggio, di cui se ne ignorava persino l’esistenza. Guardo me – ad esempio – che nel panorama dell’adesso, dei poeti che stanno forgiando la scena poetica/politica (usando quest’ultimo termine ironicamente) conosce poco ma, grazie a estenuanti ricerche in rete, frequentazione blog, manifestazioni, festival e quant’altro a poco a pocio unisce i tasselli. E’ un lavoro improbo.
Non che si debba far ricorso parassitariamente al lavoro di Terzi (Christian in questo caso) come mezzo di trasporto conoscitivo. Ognuno dovrebbe essere leva di se stesso per confrontarsi e scoprire. Ma quell’aiuto, quell’ancora lanciata a mare e che tiene ferma la nave contro le maree, ecco, è un punto fermo e d’accesso che non si aveva – prima – . Per il fatto che quel punto d’accesso è stato creato (e che evolverà ), suppongo si debba ringraziare.
(indi, Christian: grazie)
fabiano
anonimo
5 settembre 2005 at 20:07
hai ragione fabiano quando dici che ognuno dovrebbe farsi carico di aprire gli occhi e scoprire, andare a scovare i nuovi autori. purtroppo succede poco, attualmente: molti poeti giovani sono poco curiosi, si lasciano abbindolare dalle riviste che vanno più di moda (tipo atelier) o agli editori più in voga (tipo lietocolle), e credono che gli autori di quei giri siano i più bravi in circolazione.. invece il poeta dovrebbe fregarsene delle convenzioni e delle cricche e non accontentarsi. e non bastano i blog per dire di conoscere i nomi migliori. bisogna viaggiare, andare nelle periferie d’italia, dove non ci sono i poteri forti. milano e roma (e bologna, da quando c’è il giro di rondoni) non sono la cartina di tornasole. ci sono altre città o zone: trieste, genova, le marche, napoli, il salento, e poi le isole: troppo lontane le isole, troppa fatica andare fino a là ? possibile che non ci siano poeti interessanti in quelle zone? e allora signori, diamoci da fare tutti, via i paraocchi, e se qualcuno prova a impegnarsi davvero (tipo sinicco) non distruggiamo, ma si provi a fare altrettanto. non servono antologie, serve conoscere, studiare, serietà ! responsabilità …
luigi
anonimo
5 settembre 2005 at 21:16
Caro Luigi,
concordo appieno anche se una lancia per il “giro di moda” va comunque spezzata. Da sempre ( ed il passato insegna, già da Nuovi Argomenti del tempo che fu o Prato Pagano o che rivista si voglia citare), l’essere riconosciuto o edito da una rivista in vista (scusa il gioco) fa piacere. A questo punto però va fatta una serie sottolineatura su quanto teorizzavano Hegel o Locke sul concetto di autostima che per l’uomo (tutto o quasi) va di pari passi con il “riconoscimento” (verbale, materiale, morale). Sintetizzando, se sono riconosciuto conto, altrimenti sono invisibile.
In più di una occasione ho assistito a traslazione del labor poetico da una ricerca personale ad un accoppiamento/spegnimento in favore di una emulazione che garantisse il far parte di una cerchia. Questo è snaturante in primis e de-facto annulla ogni serietà poetica concepibile.
Sono daccordo sul tendere ad un pubblico sempre più alto (con le debite cautele, ovviamente) ma – rifacendomi a quanto tu dici – sono per il non accontentarsi e per lo scambio sopratutto con le realtà ingiustamente ignorate dai centri di “governo” poetico. La vera cartina tornasole sarà allora la capacità di interagire e scambiare, senza paraocchi, ognuno traino e leva di ognuno. E il lavoro disinteressato di Christian , mosso a monitorare le realtà poetiche in essere, è uno dei passi. I prossimi toccano a tutti noi col lavoro di scambio appunto e comunicazione, o diverbio e discussione quando aiuta ma non con la chiusura nella “cerchia” , nel circoletto, nella scuola, etcc…
Il passaparola è uno strumento valido tanto quanto altri metodi/modelli più canonici (stampati e non). E perdio, usiamola questa voglia di farci conoscere, ma usiamola onestamente, anche se criticati: se un mio libro non piace, esigo sapere dove ho cannato. Altrimenti decade il principio primo dello scambio e tutto il resto…be, il resto allora è aria fritta.
fabiano
anonimo
5 settembre 2005 at 21:51
Quella lì su è una griglia provvisoria. Mancano note dal punto di vista teorico sulle topologie, e altri contributi pratici come esempi, testi di grandi autori per far capire cosa intendo quando parlo di caratteristiche come informale, metamorfismo, mimesi, spostamento e inversione della mimesi, prosasticità , intimismo, e non mi ricordo più.
Secondo me il problema è quello di confrontarsi, spedirsi i testi, valutare; in un sistema dove i testi circolano innanzitutto si crea discussione, quindi si cresce, si può crescere. Un po’ tutti, chi più, chi meno. Certo, si creano anche gerarchie, ma hanno delle basi. Perché oggi ho fornito una mia prospettiva, domani lo stesso farà un altro, e così ci si leggerà , forse si capiranno delle cose, gli autori matureranno, alcuni “esclusi”, come non di rado accade, saranno meglio dei presenti, stalin risorgerà , ci sarà una nuova religione:-)
csinicco
5 settembre 2005 at 22:30
chapeu!
fabiano
anonimo
5 settembre 2005 at 23:09
bella l’ultima piega del dibattito. ah ecco perchè avevi escluso Lombardo, è vecchio! 🙂
avevo in mente di postare un interessante recensione della nuovissima antologia, lunga un bel po’ e con interessanti spunti critici, di G. Tramutoli, apparsa su Fernandel.
Tram la pensa un po’ come me, quindi sarebbe un post “finalizzato”.
Dato che è molto lungo chiederei il permesso al povero matteo che secondo me è lì allibito, visto che non interviene, dalla piega presa dal SUO blog.
NOn volendo essere invasiva aspetto permesso scritto! (e il tempo per copiare il tutto…)
sleepwalking
6 settembre 2005 at 08:02
Matteo non può rispondere perché non collegato. Domani dovrebbe riprendere. Me ne ha parlato a Riccione. Sono curioso di questa recensione. postala. anche se è lunga credo che questo dibattito serva, no?
anonimo
6 settembre 2005 at 08:14
… e perché non accennare a francesca genti? al di là delle vendite e della copertina fosforescente con i canditi? è uan delle pochie voci realmente pop (nel sen so di popular) che ci sono in giro qui da noi.
roberto
anonimo
6 settembre 2005 at 10:52
sì, giovane ed innegabilmente ha una propria cifra stilistica ben nitida
ma è un pop troppo pop per i miei gusti…
alcune cose sono piacevoli.
l’impegno lì lo si intravede in filigrana, e secondo me è un impegno “femminista”
mi sbaglio?
sleepwalking
6 settembre 2005 at 11:02
Postate se riuscite anche link!
http://www.matteobb.com/tina/issue010fgen01.html
http://www.zoooom.it/rubriche/giornalino.php?id=177&tipo=POESIA
Francesca Genti
ai lettori la sentenza
csinicco
6 settembre 2005 at 11:10
BISCOTTO SECCO A FORMA DI ANIMALE
fatto con uova di coltivazione
fatto con tuorli senza sapore
con latte a lunga conservazione.
in stampini a forma di leone
di gatto lince zebra e cane
di orso panda mucca alligatore.
muto
senza sangue né colore
movimento
o cognizione del dolore.
senza zucchero
cambiamenti di umore
senza midollo
marrone.
(ma mi piace
la tua confezione
lâidea
che non sarai mai macellato
inzupparti
e potere pensare
che non soffri
nellâessere mangiato
DA QUESTA CASA TE NE DEVI ANDARE
hai fatto un disastro
non puoi più restare.
hai fatto cadere la torta in cucina
e dialoghi troppo con le piastrelle
non devi cibarti di unghie
tu devi mangiare più vitamina.
sei brutta, lo sai?
e hai fatto una cosa schifosa:
sporcato il vestito
sporcate le gambe
reciso il gambo a una rosa.
vattene allora.
e porta con te le tue cose:
un pezzo di specchio
un pezzo di torta
un pezzo di spina
e un pezzo di corpo
di quandâeri bambina.
*
OGNI BAMBINA
desidera avere:
A.
uno zaino
che contenga la sua vita:
con pasticche
vitamine
integratori
accessori
per far fronte
alla fatica.
B.
della plastica
per impacchettare:
le sue mani
il cervello
il suo cuore
precauzioni
per cercare di evitare
una morte violenta
per amore.
(una mucca
inutilmente pazza
macellata
a tradimento
in pieno sole).
*
AGOSTO VENALE
tanti cani abbandonati
tanti sassi sui parabrezza
dentro le strade piene di sole.
(e levigate di tristezza).
*
LâABITO DA SPOSA
è color uva
pesante
di feltro
autunnale.
è a forma di fragola
e dentro la chiesa
più che le nozze
sembra carnevale.
il sangue
dentro il corpo
è color vino
e scorre a fiumi
nel bicchiere
del cuore.
certe volte
il bicchiere si rompe.
(e dentro la carne
nel profondo delle vene
le schegge di vetro
conficcano strette
insieme al terrore
le gocce indelebili
del succo dellâamore).
(tratte da: Il vero amore non ha lenocciole, Meridianozero, 2004)
).
sleepwalking
6 settembre 2005 at 11:17
è LEZIOSA, a volte
mi rifaccio così:
PAIN EYES FEELING
– Lorefice
(mi sa) da:
Prossima fermata Nostalgiaplatz-CLinamen ed.
dovrei fare resistenza passiva al dolore/
potrebbe non accorgersi
tra le pieghe degli occhi/ frugare di meno
sleepwalking
6 settembre 2005 at 11:23
o.t best off di mozzi
http://www.fernandel.it/forum/viewtopic.php?t=259
sleepwalking
6 settembre 2005 at 11:27
Sapete dove penso ci sia una poesia più forte, dove vedo, oltre che utilizzare bene la punteggiatura (in mancanza di una motivazione ideologica che si sente e che fa capire che il suo non utilizzo ha una ragione) anche i tempi dei verbi, le figure retoriche, le assonanze, le consonanze, conoscenza del ritmo. da alcuni di questi utilizzzi forse potremmo costruire già una prima “cifra stilistica”, anche perché se è cifra, in qualche maniera la si deve misurare.
csinicco
6 settembre 2005 at 11:53
🙂
ma non ti stanca questa continua ricerca di MOTIVAZIONE?
sleepwalking
6 settembre 2005 at 12:02
LIBRI DA EVITARE
di Giancarlo Tramutoli
AA.VV. Nuovissima poesia italiana.
Piccola Biblioteca Oscar Mondatori
184 pagine, 8.40 euro.
Concetto italiano della poesia: qualcosa di opprimente e da riverire. Ezra Pound.
Lâennesima riconferma di quanto sia mortale la poesia italiana ufficiale.
Dâaltra parte tra i curatori oltre a Maurizio
Cucchi (che se pur grigio e noioso è comunque
Un poeta leggibile), câè quellâAntonio Riccardi (fino a ieri responsabile dellâopaca collana
mondadoriana dello Specchio, autore del recente Gli Impianti del dovere e della guerra â titolo
giustamente minaccioso), che scrive poesie che sarebbero utilissime alla Digos per torturare i peggiori mafiosi e costringerli a pentirsi.
Colpisce lâetà , giovane e giovanissima di questi poeti in rapporto alla loro direi precoce pesantezza,
la funerea astrazione, la totale mancanza di ironia, tutte caratteristiche molto apprezzate da chi ha della
poesia unâidea punitiva. Se il vostro bambino non mangia, fa i capricci, non ubbidisce, minacciatelo con questi versi.Vedrete che dopo pochi trattamenti imparerà a comportarsi bene.
Per capire quanto sia vecchissima questa giovane poesia italiana basta citare un testo, intitolato (non ci crederete ma è davvero così), La farfalla di Amos Mattio (classe 1974).
Vola a dispetto del vento, / fugace ricordo, a scampare / la vita e lâeterno. Si perde / nellâantro del
cielo e carezza / lâaltezza del gorgo, leggera / in braccio alla sorteâ¦e continua (purtroppo) con questo lessico ottocentesco e catacombale, e questa è la chiusa: ⦠tra i fiori / sfioriti dal tempo che sanno / di antico e si ascoltano muti. Appunto.
Non so se mi sono spiegato. Ma dico io? A parte che peggio della farfalla in poesia câè solo il gabbiamo, ma se proprio dobbiamo scomodare le farfalle lâunica che adoro è quella della famosa Pansé (dei grandi Pisano-Cioffi) cantata da Nino Taranto che fa così: Tu sei come un frafalla, che svolacchia intorno a me..e dico:fra-fa-lla.Questa sì che è poesia sublime.
Invece sentite questa di Mario Desiati (1977), titolo: Lâulivo.
Sono un grosso ulivo / con braccia nodose / il tronco trivio / anelo il glicine profumato / le rose e la fresia azzurra /â¦
Questi ancora anelano. Manco il buon Carducci anelava. Ma dove hanno vissuto questi seriosissimi giovani? In quale polverosa biblioteca hanno rosicchiato pergamene? Mai un poâ di sana televisione, un bel film di Totò, qualche classico del fumettoâ¦? Niente. Che triste esistenza.
Questa chiusa invece è di Andrea Ponso (1975) â e non di Vincenzo Monti (1754) come invece parrebbe:
â¦a parlare sbiadisce lâestrema parolaâ¦â¦./ dimmelo tu, a sostanza futura cosâè, questa rosa / che volaâ¦/
Ma te lo dico io cosâè questa rosa. Eâ facile. Eâ una rosa che odora di rosa ma che rosa non è! Ma come, non tâè venuto in mente? Come mai non câhai pensato, Ponso?
Invece questâorrore di Francesca Moccia (1971), a testimonianza del filone astratto simbolico e super-palloso, è come una cucchiaiata di ghiaia in bocca. Stride. Diciamo. E fa male.
Ci elude il bello distrutto dalla storia. / Lâuomo sensi strutture, passi svelti. / La sua mente così sola, lâeffetto che rovina è / ancora qui. / Tremò, capì sorpreso dallâinvisibile era un povero / suono morto. / Passò nellâombra fu spogliato riscritto in oro / il suo destino. / Altro vide e amò.
Questo testo potrebbe declamarlo Raul Cremona a Zelig, quando fa il poeta enfatico e fa scompisciare il pubblico.
Ma siccome anche alla perfidia câè un limite, devo ammettere che una poesia buona lâho trovata. Una poesia originale, credibile, e scritta con uno stile fresco (non dico brillante o attraversato da qualche lampo di autoironia. Questo sarebbe pericoloso. Una poesia così potresti addirittura venderla. Il lettore potrebbe divertirsi o sorridere, se pure amaramente. E almeno non maledire chi lâha scrittaâ¦) Questa poesia davvero buona è di Flavio Santi (1973):
Poi tanto la vita succede / come alla tele, si fulmina un led / e sei costretto a buttarla, /magari tenere la gabbia di legno / per metterci dentro farmaci o liquori. / Ma questa domenica è così dolce / i colombacci sul tetto dâardesia / le foglie pendono a una minaccia dâaria, / possiamo lasciar perdere, tirare fino a sera, / andare a letto più tardi.
Sembra proprio scritta da un giovane contemporaneo. Come quei ragazzacci di Catullo (84 a.C.), Orazio (65 a.C.)., Marziale (40 d.C.).
sleepwalking
6 settembre 2005 at 12:03
purtroppo non so usare i font diversi, per postare commenti..sorry, è decisamente poco leggibile
comunque apparso su :
fernandel 2/2005
aprile/giugno 2005
sleepwalking
6 settembre 2005 at 12:04
sul post 74: no, bisogna essere inflessibili:-)
csinicco
6 settembre 2005 at 12:23
sul post 75: molti autori che non ha citato si salvano, fatta eccezione di Biagini (che può piacere o meno) e di Ricciardi (anch’esso criticabile), gli altri si devono confermare. Vedremo dove li porterà la ricerca. Il problema di questo libro è un altro, ovvero la povertà critica con cui i due curatori si sono lanciati nel mercato, tant’è che hanno preso le poesie di Del Sarto, quelle del precedente libro Poeti di vent’anni di Santagostini, e le hanno pubblicate, senza accorgersi che nel suo libro Del Sarto le aveva migliorate, in alcuni casi molto visibilmente. E’ un’operazione commerciale, che ha comunque lanciato autori come Alberto Pellegatta (si è visto da Cetonaverde poesia con Alberto che è andato anche a finire in tv), molto vicino a Maurizio Cucchi che, giustamente, difende i poeti del suo territorio di provenienza.
csinicco
6 settembre 2005 at 12:39
Dico giustamente perché è utile occuparsi dei poeti sul territorio.
csinicco
6 settembre 2005 at 12:44
al post 67: la Genti si non è male, ma a leggere tutto il libro, appare ripetitiva e s’appanna. Ho apprezzato molto i testi in generale, trovandola molto pop appunto ma domando e mi domando cosa ne sarà della successiva prova!!! Una copia della prima o una virata verso dove. Che lavoro esiste allora sul linguaggio et annessi (concordo allora in parte col post. 73)
al post. 75: non mi pronuncio. Conosco personalmente alcuni degli autori che trovo siano su una strada ben definita. Non so se sono nella Curia di Cucchi/Riccardi per caso, appartenenza lobbystica o altro. Trovo alcune scelte opinabili ma su altre concordo…Constato amichevolmente scontrandomici contro!
fabiano
anonimo
6 settembre 2005 at 12:47
salve a tutti e scusate la latitanza, che si protrarrà per tutto il mese (quindi nel caso di commenti beceri abbiate pazienza qualche giorno prima che vengano tolti)
ma qui di commenti beceri non ce ne sono, anzi tutt’altro, non posso che essere felice delle discussioni, accese ma sempre piene di rispetto, segno che sopra a tutto sta la Poesia, e l’amore che tutti noi per essa proviamo.
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 13:05
tra le varie cose da dire:
christian ha fatto un lavorone, chapeau (e spero aiuti i curiosi a leggere un poco di testi di diversi giovini)
di parco poesia ne parliamo tra qualche tempo, quando ospiterò un pezzo scritto da luigi nacci
dei poeti in generale: solo due considerazioni, gli attuali 40-50 enni alla nostra età stavano zitti e ascoltavano i nostri padri, e se qualcuno provava ad aprire bocca prendeva pedate (ed è accaduto anche al giovin pasolini, per dire…) ora la mia unica preoccupazione (nel ribadire anche però ad esempio tutta la mia stima per il lavoro di zattoni o le titubanze su francesca genti -che i numeri li avrebbe, ma va per un terreno minato-) è che ad un certo punto si avveri il terribile panorama che sembrava emergere al convegno sulle giovini antologie di poesia la scorsa primavera a bologna: 30enni ormai più che maturi che stancamente ripetono i propri percorsi con poesie fotocopia.
ecco al di là di tutto quello che sta sopra, della giustissima mappatura, di una critica che dovrebbe essere molto velata, perchè a 30 anni si è ancora poppanti e non sono 2 poesie venute bene a farti grande, tutti siamo in grado nel corso della nostra “carriera” di beccarci un paio di volte: ecco più di tutto ho paura di QUESTO.
e se i poeti nel limbo s’incazzano perchè queste generazioni anagrafiche sono esaltate in maniera ipertrofica hanno solo ragione.
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 13:13
giulio mozzi è stato gentile (e inaspettato) ma faceva un esempio, certo non piglierà per forza da qui per quel libro. anzi, ho proprio i miei dubbi.
comunque significa che innanzitutto voi siete persone solo da ringraziare perchè ribadisco sopra ogni altra cosa fate emergere l’amore per la Poesia. e questo solo mi interessa.
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 13:15
Allora scusami Sinicco, non avevo capito che il vincolo fosse quello di essere nati a partire dal 1970.. Permettimi però di pensare che il criterio è oramai abusato e francamente molto limitante. Mi dispiace perché hai grinta e sicura lucidità e anche coraggio.. Forse non sarebbe meglio smetterla con queste ‘marginalizzazioni’ … a volte è proprio questione di mesi. Forse anche solo di giorni.. pensa io sono nato nel dicembre del 1969… Ma non rientro per caratteristiche oramai scrivo solo prosa, la peosia non mi riesce da tanti bruttissimi anni.
Massimo Veltri
anonimo
6 settembre 2005 at 13:40
intendo dire che mi pare stancante, e fine a sé stessa la persistente lettura critica che fai delle poesie, una vera e propria deformazione professionale.
lasciati ascoltare, stacca il cervello e non ricercare sempre il supporto della “conoscenza”
ci ho messo un po’ a capirlo, io, che si impara anche dal mero sentire…
sleepwalking
6 settembre 2005 at 13:47
Al post 75: Monica e Christian (tiro in ballo anche te). Ho letto con attenzione il pezzo di Tramutoli e credo di concordare al 100% su quanto dice a proposito dei pezzi citati (e qui mi cade la mascella quando leggo sugli oscar siffatti pezzi). Sono però uno sprovveduto a livello critico e mi affido un po’ all’orecchio (oltre che all’esperienza di Tramutoli, che mi viene passata dal pezzo stesso). Ora mi faccio una domanda: ma questa antologia quante poesie per autore riportava ? Non penso molte, ma se più di una, tutte le poesie saranno state di quel tenore ? No, perchè mi chiedo sempre se le stroncature (che so, come quella di Merlin sul suo famoso archivio dismesso) prendano in considerazione tutto il contenuto. Non per difendere la Mondadori, dalla quale sono lontano anni luce, o qualche autore della lista (non ho conoscenze personali tra loro nè posso dire di essere rimasto appassionato da loro lavori), ma solo per farmi un’idea dell’ampiezza della valutazione. Di sicuro, azzardo però, il tenore sarà stato quello…
Massimo73
6 settembre 2005 at 14:16
io pure sono solo lettrice, e in quella antologia ho trovato alcune cose buone ovvero la biagini, la serragnoli, zattoni, tanto per fare qualche nome. il senso dello scritto di tramutoli sta tutto nel dire “svecchiamo la poesia” e dunque non sono certe “pose” che possono aiutare in questa operazione.
come non mi stanco di ripetere io non mi interesso di critica letteraria ma di emozioni, e per una antologia di giovani autori tutta questa aria fresca lì non si respira, è fuor di dubbio.
cucchi e l’attenzione per il suo vivaio…beh…
sleepwalking
6 settembre 2005 at 14:21
Concordo sulla mancanza di aria fresca e sulla “posa”, termine quanto mai adatto 🙂 Però pure da un punto di vista critico, laddove di critica ne leggo, questo tipo di selezione non giova, come posso agevolmente immaginare e quindi, sì, la valutazione di Tramutoli è largamente condivisibile.
Massimo73
6 settembre 2005 at 14:34
ma smettiamola di parlare di cucchi & com.! cos’è, vi piace tanto la val padana..? 🙂
luigi
anonimo
6 settembre 2005 at 14:35
Sì, Massimo hai ragione, il termine generazione è abusato, ma nel numero di Fucine che andrà online verso novembre-dicembre, questo dato emergerà . Io sono molto combattuto, cioè sparo una lista, ma che si rifà ad una discussione più generale, e critica (no, non stacco il cervello; lo uso, qui; se mi si conosce, dal vivo, allora sì vedresti un essere in preda alle sensazioni, ma non qui) e dentro di me sarei ancora più feroce, ma siccome credo non ci sia il tempo e gli uomini capaci di avere una riflessione sulla letteratura, provata, e non propagandata, allora faccio, più o meno, il bravo cattivo corragioso buono ironico etc… L’antologia in questione ne riportava poche di poesie, quindi selezionate, quindi se hai letto i libri è meglio. Attenzione, dove ci sono i libri, perché all’epoca, ora non ricordo, molti di questi non avevano pubblicato.
Comunque nessuno, e dico nessuno, che abbia fatto un’antologia ad oggi, ha fornito una quadratura critica al discorso, è solamente -e questo mettiamocelo in testa- un veicolo promozionale, ma non è un veicolo “criticabile” ovvero come afferma Monica io ti dico che ce ne sono altri. Questo fino a che questi autori non li inserisci in una prospettiva.
Ritorno alla prospettiva, Nacci curerà un’idagine sull’immaginario di molti autori giovani, me ne ha accennato, quindi spero bene. Questo è un altro tipo di approccio, più antropologico, che sociologico, come può essere il mio. Poi i diversi approcci, integrandosi, più i numerosi, spero, contributi, di altri autori, faranno il numero di una rivista.
Prospettive, questo manca – i nomi sono i fatti di uno studio.
csinicco
6 settembre 2005 at 14:39
“non ci sia il tempo” me scappato un non che non c’è.
ovvero credo che ci siano uomini e il tempo farà il suoc corso
csinicco
6 settembre 2005 at 14:42
Ci siamo sovrapposti Massimo Veltri e Massimo io. Ma va bene lo stesso, grazie per la risposta più che esaustiva, che mi conferma che questa cosa delle antologie che crescono come funghi è scoperta dal punto di vista critico, il che conferma a sua volta che la critica non pesa sulla poesia come dovrebbe anche sul lato antologico, cosa che se fosse, darebbe una miglior chance di diffusione e una miglior affidabilità in senso stretto, di lettura di orientamento, ecc. Lo dico da lettore inesperto, ecc.
Massimo73
6 settembre 2005 at 15:00
E’ anche normale se pensi, il tutto è iniziato nel 1999, ma forse ancora prima con i quaderni di Marcos y marcos. Oggi, dopo un po’ d’anni, si può tracciare un profilo che io stesso definirei parziale (perché è evidente che c’è sempre qualche mancata conoscenza, mica sei la cia:-) ma almeno sia il risultato di un approccio. La verità è che si è voluta inventare la generazione perché così molti addetti potessero lavorare (alcuni farsi gli affari suoi) ripartendo da zero, azzerando una scena che non riuscivano a cogliere dal punto di vista territoriale. Purtroppo (per loro) è accaduto quello che in un articolo di due anni fa fortunatamente abbozzavo, ovvero l’esplosione della poesia in rete, oltre le riviste, dunque la frammentazione, dunque un caos ancora più grande, ma almeno misurabile, ovvero cercando cercando trovi, mentre prima cercavi e non trovavi, era veramente un passaparola. Solo che ti devi metter lì, seguire, stare attento; quando esce una cosa la osservi, poi aspetti che ne esca un’altra, e così via.
I tempi sono maturi? Qualcosa è visibile.
csinicco
6 settembre 2005 at 15:15
Sì, giusto, un modo per ripartire da zero, con tutte le decapitazioni che sono venute di conseguenza. Età anagrafica al posto di configurazione territoriale, anche se Luigi al post 61 sosteneva la necessità di scovare autori in loco, pure se credo che ormai l’esplosione della poesia in rete tracci la differenza, specie come dici tu in termini di reperibilità , laddove chi in loco ci sta (come me), nel senso di loco di frontiera, le cose che cerca ha voglia a trovarle senza farsi i chilometri opportuni. Io credo che i tempi siano maturi, se non altro per i profili che si stanno tracciando, pure se continuo a percepire una sorta di malattia in questi profili, che riguarda la reciproca opposizione di uno con l’altro, la rissa e il gusto di tracciarsi il proprio territorio (magari duramente conquistato, per carità , a prezzo di fatiche). Non vado in là a dire (come alcuni) che ci vorrebbe il protocollo di interfacciamento per chi si occupa di critica e di poesia, ma penso che un minimo di interscambio su assunti comuni non potrà che favorire il lavoro di crescita necessario per una diffusione della poesia più responsabile. Magari dico delle fregnacce, eh… Però…
Massimo73
6 settembre 2005 at 15:30
…se fosse possibile invocare i (personaggi) morti, chiamerei Zeno dal finale del romanzo: boom! E dopo la bomba, chi rimane rimane, gli altri in pasto ai vermi. Un mio collega magiaro dice che i poeti non son buoni nemmeno per il concime e se lo dice lui io gli credo. Perchè hanno carne debole e quando si disfa, la carne debole ammala la terra. Oppure organizzare un enorme Parco Poesia e invitare tuttti, proprio tutti, giovani, vecchi poeti, tromboni, guru dell’endecasillabo, cucchiani, riccardiani, rondoniani, piersantiani, sichiani, buffoniani, atelieriani, insomma: chiamare tutti gli -ani possibili e poi aspettare l’arrivo di Katrina2. Se mai un poeta resisterà ai venti da 300 km/h, beh quel poeta meriterà di essere canonizzato, in caso contrario.. in pasto ai pesci!
Così è scritto.
Lajos Undor
anonimo
6 settembre 2005 at 15:31
🙂
sleepwalking
6 settembre 2005 at 15:35
poveri pesci, lajos (e anche qui gli IP aiutano a conoscere gli pseudonimi, eh eh eh), perchè obbligarli a cotal boccone velenoso ? la terra s’apra e faccia cadere i suddetti nel vuoto cosmico e non se ne parli più (anche perchè i poeti di trieste partono col vantaggio, allenandosi con la bora): non scherziamo su Katrina che ha fatto un sacco di morti, e non facciamolo su nessun altra catastrofe che ogni anno ammazza centinaia di migliaia di persone in terre che magari manco si sanno indicare sulle carte geografiche.
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 15:39
e poi l’antologia “per categoria” implica l’affacciarsi nell’editoria di titoli come : “poeti bergamaschi con gi occhi storti”, oppure “poeti zoppi del salento”, oppure “poetesse casalinghe di voghera” ecc. ecc. ecc. evitiamo di raggruppare per categoria, anagrafe ecc., magari la territorialità può avere un minimo di senso perchè ognuno di noi conosce in maniera quotidiana il proprio microcosmo e forse lo può presentare agli altri, certo senza la velleità di dire “il mio microcosmo è migliore del tuo”
un saluto caro a massimo veltri e alla sua lucida analisi.
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 15:43
… beh l’ipotesi-apocalisse non è male perché c’è anche da dire che a stare lì col microscopio uno li salverebbe più o meno tutti i bravi e giovini poeti, ma basta allontanarsi un po’ per vedere che è davvero poco quel che rimane. e se non rimane una ragione c’è.
roberto
anonimo
6 settembre 2005 at 15:44
kraus che era uno scrittore con gli zebedei diceva che chi non scherza sulla morte e sull’orrore è un potenziale assassino 🙂 undor (il politicamente corretto quello sì che è quotidi-ano basso)
anonimo
6 settembre 2005 at 15:47
kraus quindi mi conosceva (…eh eh eh…)
anonimo (solo per gli altri, perchè io ribadisco grazie a splinder so l’IP) undor, non cadiamo nella trappola dell’anonimato: finchè qua tutti si firmano con nome e cognome questo posto potrà anche avere una sua forma corretta, se no che dialogo è, se uno dei tanti commensali (per giunta abitudinari) si cela dietro a un muro ?
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 15:52
matteo:
io non parlavo di fare antologie regionali (sebbene possano essere utili – ci sono regioni, sopr. al Sud, da cui non giungono molte news), bensì di spostare l’attenzione dai centri di potere alle periferie. Insomma: straniamento. Se la Mondadori non fosse stata a Milano, ma a Genova, come sarebebro andate le cose? La storia non si fa con i “se” ma nemmeno con i padrini e le genuflessioni. Per cui, dico solo di farsi meno imbambolare dai vari padroncini e signorotti che vanno per la maggiore a Milano Roma e Bologna, e guardare cosa c’è dove non ci sono i fari puntati. La psicologia, l’antropologia e chi più ne ha più ne metta, ci insegnano che l’ambiente modifica e determina l’individuo. Indi, vivere o girare attorno a un certo posto modifica anche la scrittura. Dico: vediamo se la poesia delle periferie è diversa. Io dico di sì: il mio saggio dimostrerà proprio questo, nel numero di novembre-dicembre. Che le estremità hanno altri parametri. D’altronde l’ho già visto: avendo fatto la tesi sulla poesia triestina del secondo Novecento, e comparandola con quella italiana e straniera coeva, ho visto come molte differenze ci siano state e ci siano, soprattutto nei temi, nell’immaginario.
Luigi
anonimo
6 settembre 2005 at 15:55
caro fante uzzi
non so a cosa tu ti riferisca. undor lajos è undor lajos. non che abbia bisogno di presentarmi. i fatti parlano per me. le cose. la fama. ti basterebbe una ricerca in internet. chi si cela è perduto. undor non si cela, caso mai celia.
ah!
anonimo
6 settembre 2005 at 16:00
eh anche aurelia simonini, e il suo compare non si celano, si celiano.
matteo guarda, i tuoi ultimi post ti han fatto guadagnare mille punti nella mia opinione di te (per quel che te ne cale..)
se iniziamo a parlare di territori e di determinismi geografici siam finiti
no no no…
vi abbandono
sleepwalking
6 settembre 2005 at 16:04
bene luigi ! così si fa. pensa che bologna non ha da decenni una casa editrice “potente” sebbene in molti abbiano provato a crearla, ma è poi un male ?
ci sarebbero mondadori o einaudi senza editori coraggiosi in provincia di udine (campanotto) o lecce (manni e besa) che fanno il “lavoro grosso” ? chissà …
aspetto di leggere il lavoro di fucine.
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 16:05
Sauro Barbaseveri nasce a Gorizia il 24 Aprile 1971. Dopo il Liceo
> Scientifico ondivaga tra gli studi di chimica supramolecolare e il
> richiamo della teologia e della letteratura. Scrive un lunghissimo
> romanzo in tre volumi , “La sciamatura del pesco”, ambientato sul
> ciglio di un’autostrada, e poi perso nell’incendio della casa paterna
> nel 1993. Nel 1998 ,per una fortuita coincidenza, conosce la poetessa
> Aurelia Simonini, che lo invita a pubblicare i suoi lavori poetici e
> che lo porta a concludere la sua formazione teologica. Nel 2000
> partecipa senza successo all’ International Obfuscated C Contest. Oggi
> Sauro Barbaseveri è felicemente sposato con Deianira e ha due figli ,
> Milazzo e Silvana. Lavora nel campo dell’analisi supramolecolare.
BIOGRAFIA
Aurelia Simonini è nata a Saccolongo (PD) il 6 marzo 1972; dopo il diploma scientifico intraprende il corso di laurea in architettura, ma abbandona gli studi nel 1994. Vive attualmente a Ortonovo (SP) in compagnia dei suoi due cani e lavora come restauratrice di mobili.
Amante della poesia fin da ragazzina, adora Pessoa, Prevert, Pasternak, Plath ed in genere tutti gli autori che cominciano con “P”. La sua poesia è influenzata principalmente dalla campagna urbanizzata in cui vive, con i suoi contrasti, ipocrisie e paradossi. Non mancano sottotesti erotici e, talvolta, addirittura religiosi.
Predilige un metro molto irregolare (ma mai del tutto âliberoâ) che focalizzi l’attenzione del lettore sui contrasti fonetici e quindi sul senso più profondo della parola, che, isolata ed “offesa”, si schiude nei suoi molteplici significati e ne scopre di inediti.
Solo poche volte Aurelia ha partecipato a concorsi poetici, e non rincorre l’idea della “pubblicazione a tutti i costi”, sebbene ami che altre persone leggano le sue opere e per questo ne spedisce periodicamente alle riviste locali.
(La copertina della raccolta “Dieci volte” è stata eseguita dall’autrice con MS Paint; rappresenta uno dei suoi cani.)
sleepwalking
6 settembre 2005 at 16:12
a proposito di poeti da lasciar marcire (sn finti, eh…)
sleepwalking
6 settembre 2005 at 16:14
appunto lajos
http://64.233.183.104/search?q=cache:J59ZIam55PUJ:www.rivistaorizzonti.net/gu
erra/18.htm+%22lajos+undor&hl=it
la questione geografica era un “massimo, massimo” e non con volontà antologica, che sarebbe da suicidio ribadisco, ma solo di conoscenza del territorio. non conosco tutti i poeti di trieste, per fortuna che ci pensano sinicco, nacci & co.
come non tutti voi forse conoscete più maurizio brusa (negli anni ’70 molto in auge) e di cui presto risentirete parlare.
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 16:14
no parlo solo di trieste, parlo delle decine di “trieste” che ci sono in giro! (con una differenza: nel ‘900 nessuna città è stata letteraria più di trieste, e non lo dico io ma la critica) chi sa dirmi ad esempio qualcosa di palermo? di reggio calabria? di pescara, o l’aquila? di potenza? cagliari? ma possibile che lì non si scrivano più poesie???
luigi
anonimo
6 settembre 2005 at 16:14
oddio, almeno al 50 per cento, lo sono…questo per farci capire che l’autoironia è sempre un’ottima cosa.
sleepwalking
6 settembre 2005 at 16:15
su brusa: non lo conosco. così come tu non conosci doplicher, poeta molto in auge negli anni ’70 e ’80. oppure non conosci paolo universo. oppure non sai che danilo dolci (candidato al nobel per la pace) era triestino. chi parla mai di danilo dolci poeta? eppure ha fatto delle cose forti, fuori da ogni schema, odi civili, umanissime…
L.
anonimo
6 settembre 2005 at 16:18
allora, scusate ma ho ripostato l’indirizzo internet (che va unito, ma graficamente splinder dava problemi)
ergo il commento 107 di monicuzza direi si riferisce a maurizio brusa (…linguaccia… dissento), monicuzza, quando il tuo vero nome ?
chi meglio di un triestino per raccontarci trieste luigi ? e per le altre città , speriamo qualcuno ci dia una mano…
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 16:18
doplicher e dolci sì, non conosco paolo universo ! (e se vuoi, come degli altri ne puoi parlare)
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 16:22
cosa sai di doplciher e dolci, o cosa hai letto?
L.
anonimo
6 settembre 2005 at 16:28
… e aggiungerei anche anna lamberti bocconi alla lista dei degni di attenzione…
roberto
anonimo
6 settembre 2005 at 17:51
di doplicher ne parla luigi bonaffini a proposito della poesia della vs. regione nei suoi lavori e ho letto alcune sue cose in lingua.
danilo dolci (mi pare) è anche in diverse antologie del ‘900, e ho letto un suo libro per einaudi degli anni ’60, ora proprio il titolo mi sfugge.
e ribatto con la bolognese (ma origini proprio di castel san pietro terme) marisa zoni.
matteofantuzzi
6 settembre 2005 at 19:30
La territorialità , intesa dal punto dello studio, è positiva; non è questione di feudalesimo, piuttosto di mappare affinché dei FATTI non vadano dimenticati, ovvero come la mancanza di Doplicher nelle maggiori antologie, fatto imbarazzante, ma non essendo più in vita è più facile escluderlo e aggiungere qualche amichetto!
csinicco
7 settembre 2005 at 14:22
ergo il commento 107 di monicuzza direi si riferisce a maurizio brusa (…linguaccia… dissento), monicuzza, quando il tuo vero nome ?
assolutamente no, i poeti finti erano i due soggetti di cui ho postato la pseudo biografia, intendevo dire che è facile abbindolare, e farsi abbindolare in questo mondo di poeti, dove scarseggia l’autoironia.
basta un traduttore virtuale e si creano ste finte poesie (o vogliamo parlare di cut up etc, insomma, era una beffa che ha riscosso un certo successo, soprattutto riguardo alla simonini. resti circoscritto il discorso, ma serva di lezione)
Monica
sleepwalking
7 settembre 2005 at 16:15
Ho il sospetto che il discorso si sia esaurito, voglio ricordare a tutti coloro che frequentano universo poesia (e ringraziare Matteo dello spazio) che entro novembre io e Nacci lavoreremo al numero speciale sulla poesia per Fucine Mute. Invito quindi a spedire saggi, contributi teorici, critici, recensioni, meglio sul contemporaneo o sul rapporto tra contemporaneo e secondo novecento. Chi inoltre è interessato a spedire anche testi lo faccia pure, non saranno pubblicati ma serviranno a noi affinché possiamo rimanere, diciamo, informati; di seguito le e-mail: sinicco@ammutinati.com e notturnartisti@yahoo.com (Luigi Nacci).
csinicco
7 settembre 2005 at 16:38
volevo segnalarvi anche l’interessante approccio di Scarpa, alla questione della critica letteraria, contenuta nel suo Cos’è questo fracasso?einaudi stile libero, pp.14/20 ( già la scelta del titolo mi pare interessante..)
sleepwalking
8 settembre 2005 at 16:00